lunedì 4 giugno 2018

La Truffa dei Logan – Steven Soderbergh

uno di quei film che danno soddisfazione, una famiglia sfigata, i Logan, si inventano una rapina per sopravvivere meglio, ai danni di parassiti imbroglioni.
tutto fila come un treno in orario, poi succedono cose strane, come quando un tennista sta vincendo due set a zero, nel terzo domina 5 a 1, e si ritira, senza cause evidenti, sembra una follia.
e la bravissima e testarda detective indaga e indaga.
grandi attori, diretti benissimo, una storia che ti tiene attaccato alla poltrona tutto il tempo, senza tempi morti.
Steven Soderbergh sa come si fa il cinema.
buona visione - Ismaele





La truffa dei Logan è un'apologia dell'alterità e della sovversione sparata contro i prepotenti attraverso i tubi pneumatici. La riuscita del film nasce dalla dialettica tra la ripugnanza per un Paese votato all'eccesso e l'affezione per la (sua) gente, compresa quella che abita nel Sud rurale, bastione di tutti i conservatorismi. In faccia a una realtà che è impossibile ignorare e di cui l'elezione di Trump è il fatto più evidente, Soderbergh sceglie un cinema di denuncia (la disintegrazione del movimento sindacale, la deindustrializzazione, il fallimento del sistema sanitario) e insieme di diplomazia, che non riposa più sul riconoscimento di una frattura irreparabile tra le diverse Americhe e frequenta i fossati che le dividono. A immagine dei suoi personaggi, Steven Soderbergh è pieno di risorse.

Concepito e magistralmente confezionato, all’interno di ambito di piena indipendenza produttiva, quale primo ambizioso prodotto della neonata Trans-Radial Pictures – e sostenuto dalla Free Association di Channing Tatum, oltre che dalla distribuzione di Amazon Studios – La Truffa dei Logan narra della rocambolesca e azzardata rapina organizzata dagli sfortunati fratelli Jimmy (Channing Tatum, ex promessa del football, zoppo a una gamba) e Clyde (Adam Driver, barista e veterano di guerra con un braccio solo) Logan, i quali decidono di compiere il memorabile colpo durante la gara automobilistica Coca-Cola 600 in programma nel weekend del Memorial Day alla Charlotte Motor Speedway.
Tuttavia, per riuscire nel loro piano, i due improvvisati delinquenti saranno costretti a organizzare l’evasione carceraria dell’eccentrico esperto di esplosivi Joe Bang (un allucinato Daniel Craig con tanto di pettinatura ossigenata), il tutto senza avere la minima idea riguardo all’esito dello scalcinato progetto. Ciò che rende estremamente godibile e strutturalmente solida un’operazione pericolosamente destabilizzante come quella de La Truffa dei Logan risiede principalmente nel gustoso atteggiamento autocitazionistico con il quale Soderbergh prende saldamente in mano il timone del comando, dipingendo un colorato e irriverente gruppuscolo di freaks profondamente provinciali – e molto vicini al laido immaginario di John Waters – che si delineano quale versione demenziale e improvvisata degli stilosi membri della banda degli Ocean’s – peraltro scherzosamente evocati in forma diretta nel corso della pellicola – il tutto all’interno di un universo grottesco e surreale radicato in profondità nel ventre molle di un’America rurale, cafona e profondamente Trump-repubblicana.
Ricorrendo al consueto eclettismo formale, condito da azzardate inquadrature grandangolari, una fotografia policroma ultrasatura e un montaggio ipercinetico che si sposa brillantemente con l’eterogenea e schizofrenica colonna sonora, Soderbergh mette in scena un racconto tematicamente bislacco ma drammaturgicamente solidissimo nella sua semplicità di sviluppo, partendo dal modello classico del robbery-movie più serioso – inaugurato con Rififi – e giungendo a una versione 2.0 de I soliti ignoti, nella quale la componente comedy riesce a tratti addirittura a tocca le vette del nonsense dadaista. Senza ambire alle ripide vette del capolavoro, La Truffa dei Logan segna l’onesto e gradito ritorno in forma smagliante di un cineasta capace come pochi di cavalcare il paludoso terreno dei generi con tutta la competenza e la spensieratezza di un vero maestro, senza tuttavia mai perdere quel gusto maramaldo e ribaldo che ne ha segnato positivamente la carriera sin dalle  folgoranti origini.

La vita di tutti i giorni della famiglia Logan, marchiata da maledizione o fortuna a seconda di ciò che la gente della contea racconta di volta in volta (il titolo originale è, per l’appunto, Logan Lucky), è immersa nelle alture montagnose del West Virginia. Uno stato che assume i contorni di personaggio aggiuntivo, con un’anima forte e radicata nella terra e nella gente, un respiro profondo e una mitologia ad hoc. Così vicino alla East Coast eppure così legata a lavoro, famiglia e tradizione. Un legame sottolineato anche dall’eccezionale lavoro degli attori protagonisti sugli accenti regionali e dalla colonna sonora che riprende il rock del sud strutturandolo in sonorità ruvide e genuine.
La Truffa dei Logan riprende alcune dinamiche della serie di pellicole che vedeva protagonisti Danny Ocean e i suoi colleghi ladri professionisti, ma ne ribalta le basi. I malviventi della banda dei Logan e dei Bang non possiedono denaro da investire né tecnologie di ultima generazione da sfruttare, e devono arrabattarsi con l’ingegno piuttosto che con l’inganno, con una buona dose di fortuna piuttosto che con una pianificazione certosina, con esplosivi fatti con ammoniaca e orsetti gommosi piuttosto che nitroglicerina e plastico.
Costellato da riferimenti pop e autocitazioni, comunque declinate lontano dall’intento autocelebrativo, La Truffa dei Logan è divertimento colto e di ottimo livello, che fa della produzione indipendente la propria forza e dimostra ispirazione registica e profonda alchimia tra i membri del cast. Un ritorno coi fiocchi.

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