sabato 25 febbraio 2017

Moonlight - Barry Jenkins

Chiron è un ragazzino timido e fifone e il branco non gli dà tregua.
Juan (uno straordinario Mahershala Ali, candidato all'Oscar) lo trova e lo protegge, lo tratta come il figlio che non ha avuto e come il bambino che avrebbe potuto essere.
Chiron non lo dimenticherà mai, e diventerà come lui, e non dimenticherà Kevin, l'amico di quando era bambino, e quindi per sempre, e si ricorda della madre, pessima madre, Chiron non dimentica.
Moonlight non è film di sesso, è solo su quella forma d'amore che riesce ad essere l'amicizia, e su come un bambino diventa uomo, in un ambiente difficile.
un gran bel film - Ismaele 








Buffo che Moonlight venga presentato come la storia di un afroamericano gay cresciuto nei sobborghi di Miami, perché se c'è una cosa che il regista Barry Jenkins evita accuratamente è proprio la categorizzazione. Il protagonista Chiron fin da bambino si fa delle domande riguardo al suo orientamento sessuale, domandandosi perché i suoi amici lo chiamino "frocio", ma il suo amico e padre acquisito Juan lo tranquillizza: non devi darti una risposta adesso, lo capirai quando sarà il momento. Un insegnamento che Chiron interiorizza e si porta appresso fin nell'età adulta.
Ma anche Chiron, come tutti, ha un disperato bisogno di appartenenza, ed è qui che entra in gioco la sua identità "black", dato incontrovertibile, immutabile e, a differenza dell'orientamento sessuale, impossibile da occultare. Si trasforma così nel prototipo del suo persecutore: un thug dal fisico immenso, dentatura d'oro posticcia e mascolinità granitica, fiero della sua auto sportiva nella quale rimbombano i bassi micidiali della musica rap. Soltanto chi lo ha conosciuto nell'età in cui era più fragile può rendersi conto dell'assurdità di quel travestimento, e metterlo di fronte al fatto che, nonostante i denti d'oro e quell'aria da re della malavita, in fondo è rimasto quello di un tempo…

 gli obiettivi di Jenkins avrebbero avuto più forza se il suo film fosse alleggerito dall’ingenua attenzione all’elemento poetico, al simbolo manifesto, al quadro statico di rarefatta bellezza. La saturazione cromatica, la colonna sonora ridondante (anche se l’attimo con la voce di Caetano Veloso è di una forza disarmante) e l’onirismo ricercato sono elementi che tirano in ballo la lezione di Schnabel, (Prima che sia notte, per troppe ragioni, è un riferimento cinematografico fin troppo evidente) figura che, in diversi punti, arriva a essere anche ingombrante. Nonostante ciò, il tentativo di Jenkins ha dalla sua il coraggio di non frenarsi, lasciando, alla fine, totalmente libera la forza emotiva di un piccolo, semplice, racconto sentimentale.

La parte finale della riconciliazione con sé stessi e con il mondo attraverso il primo amore – ma sarà stato amore? – sfuma il poetico in una scrittura orchestrata – ricattatoria – ad arte di retorica per farne parlare bene a tutti i costi. Un film straordinario quando si serve dell’ordinarietà per far leggere tra le righe l’universalità dei temi. Arrogante quando vuole essere straordinario a tutti i costi.

 Emotionally and thematically, Moonlight addresses universal subjects: bullying, coming to grips with one’s sexual identity, and navigating the treacherous waters of adolescence to emerge into adulthood. The specifics of Chiron’s environment and culture may be foreign but Jenkins identifies touchstones that are common across races, genders, and socio-economic strata. The use of three episodes develops Chiron in ways that a more traditional screenplay might not be able to do. If the story’s trajectory seems familiar, that’s because Moonlight is grounded in real, common occurrences. Its power comes not through surprising and unexpected narrative developments but as a result of our identification with the characters. That’s a rare and welcome thing for a movie to achieve.

…Dove però Moonlight frana senza possibilità di appello è nel terzo capitolo, che ci mostra l’inopinata metamorfosi di Chiron da esile bambino e ragazzino introverso, almeno sino ad una sacrosanta reazione in ambito scolastico, in palestrato spacciatore adulto che ritrova il primo amore omosex della propria adolescenza. Sorvolando sulla superficialità da soap opera con cui viene trattata la delicata tematica in un microcosmo da strada dove mai lo status di omosessuale può e potrà essere accettato, resta la spiacevole sensazione di un’opera capace solamente di piangersi addosso a proposito dei cosiddetti percorsi di vita “obbligati”, invece che fornire agli spettatori un solare esempio di resistenza umana alla sofferenza della discriminazione.

 Lo primero que me atrajo de la obra de Barry Jenkins fue su sutileza a la hora de tratar sus temas. No estamos ante una obra reivindicativa al uso, no pretende serlo en absoluto. En comparación con los demás nominados a los Oscars como Figuras ocultas, la temática afroamericana de la que aparentemente hace gala (al menos por el boca a boca) queda relegada a mero contexto. Moonlight es la historia de Sharonne, la cual nos es contada desde su infancia hasta su madurez. La película abandera sus temas sociales sin pretensión alguna; realmente, no se llegan a percibir como tales, sino que simplemente enmarcan los límites de la obra. En cierto sentido, va más allá de cualquier película del estilo, pues no proclama cual pancarta por los derechos de los afroamericanos, sino que universaliza de tal manera su historia que poner a un hombre blanco o uno de color no afectaría en absoluto a la historia, de ahí su magia. No obvia en absoluto la precaria situación de los ghettos norteamericanos y el peligro de las drogas, pero no busca clamar al cielo por una mayor justicia, sino que refleja la situación y enmarca sus acciones en ellas, lo cual convierte esta película en una obra de una honestidad encomiable.
Lo mismo ocurre con el asunto homosexual. Moonlight asume la validez de esta inclinación y prefiere contar una preciosa historia de amor a través del tiempo antes que una guerra social. En ese sentido, se acerca obras como La vida de Adèle y se aleja de Hollywood, más propenso a obras como Philadelphia Mi nombre es Harvey Milk. Esto le aporta a la película un carácter íntimo que, unido a su sinceridad, hacen de Moonlight una obra refrescante. De nuevo, no termina de desligarse del tema social. Jenkins liga la homofobia al acoso escolar que sufre Sharonne durante su infancia y adolescencia, pero no son tanto un fin como un medio para retratar los baches en la vida del protagonista, pues, como mencioné al principio, esta película trata en última instancia sobre el proceso de crecer y de alcanzar la madurez, conformar tu identidad, ya sea creandote  falsos escudos o sobreponiendote a la adversidad. No es rompedor ni mucho menos novedoso, pero si que le otorga a la cinta ese toque especial que la hace destacable: sinceridad, amor, intimidad… corazón…

…La tripartizione narrativa che Jenkins sceglie per raccontarci la storia di Chiron convince ben poco: anzitutto i tre segmenti appaiono troppo slegati tra loro  e solo la bravura dei tre attori sembra essere l'unico collante; inoltre il regista di affida troppo a stereotipi fin troppo abusati come se raccontare la storia di un ragazzo di colore, probabilmente gay, emarginato e con una madre drogata non fosse già sufficiente per cadere nelle facili trappole narrative.
In certi momenti poi il film si ammanta di una poeticità forzata, veicolata sempre da un formalismo stilistico che poco si compenetra con una storia che vorrebbe essere una battaglia eterna tra il marciume e la redenzione personale. 
Dei tre segmenti di cui è composto il film, quello finale incentrato sull'incontro tra il protagonista e Kevin, l'amico di un tempo che girò lo sguardo di fronte al pestaggio subito da Chiron, è certamente, come detto, il migliore: il riaffiorare di una amicizia che condusse i due adolescenti ad esplorare la loro identità sessuale è per il protagonista l'innesco per comprendere la sua inadeguatezza presente e , stavolta in modo forte e spontaneo, la vena poetica sembra affiorare senza formalismi stilistici…



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