lunedì 6 maggio 2013

Miele – Valeria Golino

qualunque sia quello che pensi prima, il film ti stupisce, non è ideologico, prima di tutto, non ci sono buoni e cattivi, solo persone, ognuna con la sua storia.
i due protagonisti sono bravissimi, Jasmine Trinca diventa più brava ad ogni film, Carlo Cecchi è perfetto.
tra i due nasce un rapporto ruvido eppure non freddo, ciascuno ha qualcosa che manca all'altro, e le ultime azioni di Guglielmi sono una forma di rispetto per Irene, l'ho vista così, e il bellissimo sorriso finale di Jasmine Trinca sembra salutarlo e ringraziarlo.
un'opera prima imperdibile, ci sono un centinaio di copie in giro (per Lo Cascio erano solo un quarto), cercalo, se poi non ti sarà piaciuto protesta, ti ascolterò (ma non succederà) - Ismaele





Jasmine Trinca, in un ruolo ad alta difficoltà, fornisce di sicuro la sua prova migliore e più matura, è brava e un’Irene assolutamente credibile. Ma a stravincere su tutto e tutti è Carlo Cecchi, tagliente, antipatico e adorabile ingegnere Guglielmi, un personaggio impossibile da dimenticare…

Il film però rifiuta la presa di posizione dogmatica, non vuole dare giudizi, si limita a offrirci il punto di vista di Irene in arte Miele: una ragazza in apparenza come tante, la quale considera il suo mestiere come una missione, che svolge con l'unico obiettivo di aiutare chi soffre, rivendicando il diritto a decidere della propria vita e del proprio corpo; come è lei stessa a dichiarare, "tutte le persone che ho aiutato a morire volevano vivere. Tutte. Solo che quella non è vita". Lo sguardo della protagonista coincide con quello della regista nell'osservare i malati con compassione e distacco al tempo stesso, senza addentrarsi mai nelle pieghe morbose del dolore e della sofferenza, mantenendosi con pudore un passo indietro…

il tema del film è molto più semplice e insieme molto più complicato, disturbante. Miele pone allo spettatore una domanda a cui forse non è preparato a rispondere, semplice e diretta nella sua crudezza: come si guarda in faccia la morte? È questo quello che fa la sua protagonista, la giovane Irene che dai suoi «pazienti» preferisce farsi chiamare Miele. Ed è questo che fa la regista durante i 96 minuti del suo film: costringere chi è abituato a guardare senza farsi troppi problemi, a domandarsicome lo si debba fare. Non è un compito facile, né per la protagonista né per lo spettatore…

Alla Golino va comunque riconosciuto il merito di essersi addentrata in un campo minato e di aver dato vita ad un'opera coraggiosa e mai banale. Miele resta uno dei migliori esordi cinematografici degli ultimi anni.

2 commenti:

  1. Uhm, allora forse ho fatto male a non andare alla presentazione colla regista :/

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  2. ma poi vedere il film, magari Valeria Golino non ti avrebbe ispirato:)

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