domenica 10 marzo 2013

Volchok - Vasili Sigarev

ne ho letto qui, e mi ha incuriosito.
al confronto i film di Ken Loach dei fratelli Dardenne sono “leggeri”, qui, come in “Inception”, c’è una trottola che gira, ma non gira per il verso giusto, tutto va di male in peggio, la ragazzina, che poi cresce, ha l’ossessione per la madre, spera nella madre, ma per la madre è un peso.
un film che merita, non è per tutti - Ismaele



una di quelle opere per cui l’abusata espressione “piccolo grande film” purtroppo (per l’abuso) calza che è un piacere, anche se così piccolo poi non è: sì che ad oggi manca una distribuzione aldilà dei confini russi sia in sala che in DVD, però la pellicola in questione si è fatta un giro in parecchi Festival europei accaparrandosi un buon numero di riconoscimenti (va citato il FIPRESCI vinto in Ucraina) e perciò sottolineare la sua condizione ristretta appare un filo improprio, ma comunque anche con il curriculum sottocchio Volchok lo si continua ad avvertire come un film piccolo, da coccolare affettuosamente, che sprigiona un tepore filmico capace di riparare ai possibili passi falsi (per nulla gravi trattandosi di un debutto), alle esagerazioni, all’accanimento immotivato di una madre contro la propria figlia (ma ne siamo così sicuri? L’incipit suggerisce un aspetto che potrebbe pesare non poco sul legame delle due), e tutto perché è cinema che si forgia sull’estro: assolto dalle ganasce del reale che impongono le solite strade e autonomo nel sovrapporre registri divergenti, di fonderli senza che si crei disordine, di diffonderli nel tessuto diegetico scoprendo il suo prezioso cuore di film non ordinario, tragedia edulcorata dal dileggio e dalla fantasia, ingredienti che allo stesso tempo non ne sminuiscono certamente il carattere rovinoso

Una madre e una figlia. Senza nomi. Costantemente in fuga. Una madre che vorrebbe cominciare una nuova vita liberandosi della figlia. Una figlia indesiderata e non amata, ma che non può vivere senza la madre. Una corsa senza fine, piena di errori e simile alla rotazione impazzita di una trottola (“wolfy” in russo), l’unico giocattolo che la figlia abbia mai avuto e l’unica cosa che la leghi alla madre. Un giorno, però, la corsa avrà fine. “Spero che la storia dica al pubblico qualcosa di nuovo sull’amore e sulla sua assenza, sul Male e sulle loro stesse anime”. (Vasili Sigarev).

A young woman has an unwanted child just as she is being captured for murder and sent to prison for 7 years. Be it because of her character or because of her being away, she does not develop love and motherly instincts for her daughter.
The child is brought up by her grandmother. One day, her mother returns from prison. It soon becomes clear that the young woman intends to carry on with her wild life and will not be tied down by any motherhood obligations or expectations ("I am young, I want to live!" she states at some point in the film), while her daughter immediately starts loving her. We are shown a simple and effective story of unconditional love from one side (the child), which does not go away in the face of indifference and even cruelty.
A very harsh world seen through the eyes of a 7-year old girl. It could be Russia, it could happen anywhere else. Admittedly, an extreme situation, but unfortunately not the less real for that. A story that may bring some parents to reconsider their relationship with their children.
The film explores such feelings as egoism, guilt, responsibility and the impossibility to kill love off in some cases and to make it happen in others.
Beautifully filmed. Magnificently acted by the main characters. Both the mother and the child are hypnotic.

As things worsen, she tells her child that she found her on a cemetery dressed like a wolf. Hence, her daughter’s desire to go the cemetery. The daughter comes to prefer the neglected object (the wolf) to the one representing love (the spinning top). This Nietzschean/Freudian turn of desire might be interesting, and perhaps also important to understand Russian society today. But it fails to convince because the film neither takes on the child-like perspective one might have of a spinning top nor the fearsome, and real impression one might have of a wolf. Instead, the film moves away from its characters and their conflict by putting them into a perspective that is completely strange to them. What do close-ups of grass and stones have to do with the reality of shattered lives?
The problem is clear. Wolfy relies on an aesthetic that has nothing to do with what it has to tell. It is not an exaggeration to say that if one didn’t know what the film was about, and one were only to look at, for example, the scene in which the young girl eats the little chocolate candies family members leave on the graves of their dead relatives, one might mistake it with a commercial for a chocolate bar…

6 commenti:

  1. Questo m'interessa! Lo avrei già trovato, ma si è un attimo perso per strada...

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    1. dice De Andrè;
      "Lo sa che io ho perduto due figli"
      "Signora lei è una donna piuttosto distratta." :)

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  2. Dal trailer, da quello che ne hai scritto sembra proprio un film da non perdere. E poi mi appassionano le storie di infanzie difficili.
    Mi sa proprio che mi devo mettere d'impegno a tradurlo.

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  3. se fosse solo difficile l'infanzia di questo film...

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