lunedì 16 maggio 2022

Hope (Håp) - Maria Sødahl

le feste di Natale più tristi del cinema, nel buio di Oslo.

sarà una coincidenza, ma nella vita vera la regista è sposata con Hans Petter Moland e hanno tre figli, il marito ha tre figli da un precedente matrimonio, e fanno sei, come nel film.

Anja e Tomas vivono insieme, senza troppo entusiamo, come capita, a volte.

Anja scopre di avere un tumore al cervello e dalla scoperta del tumore all'operazione passano 10 giorni, come capita dappertutto, sopratutto in Italia.

Anja e Tomas devono fare in fretta i conti con un nuovo convitato di pietra, Anja e Tomas per primi, ma subito dopo, anzi in contemporanea, devono essere coinvolti i figli, sopratutto, e gli amici.

è una corsa contro il tempo, per renderlo meno pesante, se possibile, per Anja, e Tomas c'è.

un gran bel film, per i quattro gatti che lo vedranno al cinema.

buona (dolorosa) visione - Ismaele


 

 

Si potrebbe dire che i numerosi colpi di scena della sceneggiatura (scritta della stessa regista), invece di dare al film un andamento a singhiozzo, con continui e possibili rilanci della trama, crei all'opposto una narrazione piana, orizzontale, in cui ogni scoperta o evento (la possibilità di operare nonostante la delicatezza dell'intervento, la rivelazione della malattia ai figli, l'improvvisa decisione di Tomas di sposare Anja, la richiesta della donna di confessarsi gli eventuali e reciproci tradimenti...) allarga semplicemente l'ampiezza di un racconto al tempo stesso semplice e stratificato.

Semplice perché girato con uno stile realistico, senza particolari artifici formali e contando sulla bravura degli interpreti Andrea Bræin Hovig e Stellan Skarsgård; stratificato perché attento alla relazione onesta ma difficile fra Anja e Tomas; al loro rapporto con i figli, alcuni già adulti, altri ancora bambini; alla reazione di una artista che oppone alla fatalità della malattia la maturità di una visione intellettuale.

Scandendo il tempo giorno per giorno, il film procede in modo inesorabile e preciso, gestendo in maniera efficace le informazioni e soprattutto le reazioni dei personaggi: lo shock della scoperta è sempre ritardato, il dramma è lasciato fuoricampo, le lacrime sono intraviste, mai sottolineate. Tale senso del pudore è certamente figlio di una cultura nordica inevitabilmente ovattata, ma è anche e soprattutto frutto di una riflessione sulla giusta distanza da cui affrontare un tema delicato come la malattia mortale.

L'abilità di Maria Sødahl sta nel costruire situazioni - una telefonata in macchina, una cena, un dialogo in una stanza d'ospedale - in cui le parole e le azioni degli interpreti, assecondate dalla macchina da presa, definiscono poco a poco conflitti e sentimenti. Nonostante Anja e Tomas siano ricchi, colti, professionalmente realizzati, non c'è mai uno sguardo accusatore o vagamente derisorio; il privilegio sociale semplicemente decade di fronte alla verità della malattia, che spinge le persone a chiedere verità, in assenza di tempo: alla dottoressa che spiega le prospettive di vita, Anja risponde di non volersi estraniare dalla realtà; eppure la scoperta di un probabile e rapido decorso del male lascia l donna attonita. E nella distanza fra il coraggio e la paura c'è tutta la forza del film.

Hope sfida la tentazione dell'abbandono, del silenzio e della resa di fronte alla progressione del male: lo fa con un cinema ampio, adulto, tradizionale - anzi "borghese", come si sarebbe detto un tempo - quasi interamente parlato e in grado di rappresentare le imperfezioni dell'esistenza - la necessità di esserci per gli altri e, come dimostr
a il finale forse speranzoso, di avere gli altri al proprio fianco.

da qui

 

Hope es un retrato honesto de las complejidades vitales y sentimentales de una pareja de mediana edad. Más allá de la enfermedad que padece la protagonista, la película construye un trasfondo narrativo convincente junto a dos interpretaciones magistrales. Andrea Bræin Hovig está de Oscar en este film, haciendo una de las interpretaciones más complejas y brillantes de este último año. Un largometraje que pese al drama y la dureza de su relato, consigue dejar un halo de esperanza en el espectador que la ve. En definitiva, Hope es el resultado de cuando dos personas se llegan a descubrir la una a la otra, más allá de su mundana existencia.

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Interessante l’aspetto fotografico della pellicola, complice il periodo natalizio in cui è ambientata, mette in mostra un contrasto continuo, tra il caldo delle candele di festa ed il buio dell’inverno norvegese, così come tra il calore umano della famiglia ed il dramma personale che Anja sta vivendo. Hope si rivela un film adulto, struggente ma che nasconde tra il buio della malattia una inattesa speranza, pronta a scaldare con estrema delicatezza lo spettatore.

da qui

 

 

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