domenica 28 novembre 2021

Strappare lungo i bordi – Zerocalcare

sei episodi che in totale fanno un'ora e mezza di visione sono come un film che si può guardare tutto in una volta, io ho fatto così.

è la storia di alcuni giovani, in realtà adulti, fra Roma e Biella.

qualche povero di spirito ha avuto da ridire sul fatto che a Roma (e anche nel film) parlino in romanesco, che usi i sottotitoli, Netflix li rende disponibili; ecche palle, allora Montalbano dovrebbe parlare la lingua che piace a chi ascolta?

ma torniamo al film/serie Strappare lungo i bordi, i protagonisti sono Sarah, Secco, Alice, Zero e, con la voce di Valerio Mastandrea, l'Armadillo (la coscienza di Zero, per chi non conosce le storie di Zerocalcare).

i tre vecchi amici, abbastanza soli, si arrangiano per trovare una strada, un'autonomia di vita, sognando un lavoro soddisfacente, così va il mondo, poi appare Alice (di Biella, arrivata a Roma per trovare una nuova vita), e Zero (che ha sempre il suo angelo custode Armadillo) non capisce più niente (ma si tiene tutto dentro, purtroppo), sono amici speciali, ma non fanno il gran passo, non riescono a dirsi quanto si potrebbero voler bene.

però guardatevelo voi, mica posso raccontarvelo io.

di sicuro si ride, anche molto, a volte, si sorride, si trova della poesia, e alla fine ci si commuove davvero, non manca niente.

e non si può non volere bene a quei ragazzi e a quelle ragazze a cui piace mangiare il gelato.

è proprio un'opera da vedere, senza perdere tempo.

buona (zerocalcarea) visione - Ismaele


ps: qualche anno fa è stato girato un bel film, tratto dalle storie di Zerocalcare, La profezia dell'armadillo, che si può, per ora, vedere online su Raiplay.


 

 

…In poche parole: cos'è Strappare Lungo i Bordi? È un racconto, un racconto fatto da un amico che non vedevi da tempo e che deve aggiornarti su quanto è successo. Un amico logorroico, con tante domande e ancor più dubbi nella testa, con il vizio di raccontare una storia partendo da lontano, e che durante il percorso devia, si perde, si ritrova, esita, torna indietro…

Se questo amico è Zerocalcare, araldo di metafore tanto iperboliche quanto brillanti, capace poi a tradimento di tirare certe cannonate che se ti prendono ti lasciano lì, impalato a chiederti chi gli ha dato il diritto di centrare con tale precisione il bersaglio, allora descrivere Strappare Lungo i Bordi diventa paradossalmente più facile: è una cosa bella, molto bella…

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…Strappare lungo i bordi segue – con un ritmo serratissimo – l’universo narrativo a cui Zerocalcare ci ha abituato prima con i suoi fumetti cartacei, poi durante il lockdown del 2020 grazie a Rebibbia Quarantine. Sempre presenti gli amici Sarah e Secco, insieme alla sua coscienza Armadillo con una guest star: mentre tutti i personaggi sono doppiati dallo stesso Zerocalcare – che gioca con la sua voce per dar carattere a ogni soggetto – Valerio Mastandrea presta la voce all’Armadillo.

E tra aneddoti, flashback e paragoni, Zerocalcare racconta la sua vita passata e presente tra disagi personali e avventure quotidiane a cui tanti possono sentirsi vicini…

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La narrazione di Zerocalcare, del resto, non poteva che basarsi sul flusso di coscienza, in cui la storia delle sue giornate è intervallata dalla coscienza rompipalle dell’Armadillo (voce di Valerio Mastrandrea) e da apparizioni di figure fugaci umane quanto condizionanti, paranoie, ansie, problemi psicologici e “accolli” di ogni ordine e grado. Una storia in grado di mettere in primo piano la fragilità dei personaggi, senza limitarsi ad essere una mera voce generazionale (la stessa generazione, per inciso, sfiancata dal precariato, dall’incertezza e/o dai fatti del G8 di Genova). Le puntate sono state scritte evidentemente di getto, con uno stile da tradizione orale, da racconto di strada, in cui la colonna sonora non poteva che essere basata sui brani amati dall’autore: dai riferimenti imprescindibili nell’ambito punk (KlaxonGli ultimi) a finire su una miriade di altri artisti, di qualsiasi genere possibile (o quasi): Band of horses, Billy Idol, Tiziano Ferro, Manu Chao, M83, Apparat, Ron. Il tutto senza dimenticare il fondamentale e determinante contributo di Giancane, che firma la sigla della serie…

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Zerocalcare mette in scena un vero e proprio ritratto generazionale, fatto di momenti surreali e conseguenti risate a crepapelle ma anche di sfumature malinconiche e tragiche, che fotografano con lucidità i timori e i vizi dei giovani adulti di oggi. Lo fa utilizzando il suo disegno pulito e preciso, che trova una valida sponda in un’animazione fluida e di ottimo livello complessivo, il suo caratteristico flusso di coscienza, capace di travolgere lo spettatore con un diluvio di riflessioni personali, disagio esistenziale e spassose paranoie, e l’umorismo che permea tutti i suoi volumi, che miscela in un piacevole frullato la cultura pop e la tipica veracità romana. Uno stile affinato dall’autore attraverso i suoi cortometraggi trasmessi nel corso di Propaganda Live, che in Strappare lungo i bordi deflagra con dirompente forza, in 6 episodi di breve durata (15-20 minuti ciascuno) ma sorprendentemente compatti per scrittura, toni e tematiche affrontate.

A fare da filo conduttore a una lunga serie di riuscite gag, notevoli intuizioni e amari spaccati di vita è un viaggio da Roma a Biella, che il protagonista Zerocalcare deve compiere insieme agli amici di sempre Secco e Sarah per un motivo che emerge solo negli ultimi episodi. Viaggio che come sempre è sia fisico che interiore, e che Zerocalcare sfrutta per rappresentare, con flashback e continue digressioni, l’alienazione e lo scoramento della generazione Y, cresciuta con certezze come il posto fisso, la sicurezza economica e una posizione lavorativa adeguata ai propri studi e alle proprie competenze, progressivamente disintegrate dai mutamenti dell’economia e della società negli ultimi decenni. Fra ironia e commozione, emerge il disilluso e ironico grido di dolore della generazione più triste e bistrattata del Dopoguerra, costretta a sopravvivere arrangiandosi e con lavori quasi sempre estremamente lontani dalle proprie ambizioni e dalle proprie inclinazioni personali…

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Il dialetto, la parlata, non è solo una lingua/luogo, ma la testimonianza di un vincolo. Non esisterebbero dialetti se non ci fossero le comunità, le relazioni, i legami che li tengono in vita. Non si tratta di codici scritti, standardizzati, usati nella cultura ufficiale, serve dunque una comunità che si relaziona in modo costante a tenerli in vita. Le periferie sono i più grandi luoghi di sperimentazione linguistica, dove le culture si mescolano di più e creano il vocabolario per il possibile, in questi luoghi sempre molto variegato. La working class è abituata alla mutevolezza e alla mancanza di controllo. Recepisce bene il cambio e la creatività della lingua perché la crea e se ne nutre. Fa parte di quell’imprevedibilità che i quartieri più ricchi cercano in ogni modo di sterilizzare e parlando di lingue, stigmatizzare o standardizzare. Ed questa la più insopportabile delle constatazioni per chi quella lingua marginale la contesta. Per un modello di sviluppo che aliena e atomizza questi legami sono inaccettabili. Abbiamo detto che le comunità fanno le lingue, e vale anche per le neolingue, per l’esigenza di trovare parole nuove per rappresentarsi. Ma quando quella comunità riesce ad accedere ai canali di massa per valorizzare sé stessa e non il contrasto a sé stessa, è sempre qualcosa che fa saltare i riferimenti, come un’anomalia del sistema…

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1 commento:

  1. https://markx7.blogspot.com/2021/11/strappare-lungo-i-bordi-zerocalcare.html

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