domenica 19 aprile 2020

Nowhere - Luis Sepúlveda

tratto da un racconto di Luis Sepúlveda, che qui è anche regista.
certo non è un regista che resterà, ma riesce a fare quello che sa fare meglio, raccontare.
con attori bravi ricrea una storia nella quale ci sono tutti i suoi ingredienti di scrittore, umanità, ironia, dramma, utopia, memoria e passione.
oppressi e oppressori si confrontano in un mondo di fantasia, ma non troppo, nel deserto del nord del Cile.
e sono. nelle mani dei potenti, oggetti a perdere della Storia.
il film è del 2002 ed è stato visto poco e niente, ma si può recuperare.
non dispiacerà a chi ama le storie di Luis Sepúlveda.
buona visione - Ismaele



QUI il film completo in italiano




"Lo scrittore cileno cinquantaduenne Luis Sepùlveda debutta come regista con una storia ispirata a un proprio racconto contenuto nel volume 'Incontro d'amore in un Paese in guerra'. Anni Ottanta, una dittatura latinoamericana, un gruppo di oppositori sequestrato in una vecchia stazione ferroviaria, una fuga indimenticabile, lo spirito della libertà, 'un lungo viaggio nel cuore della più meravigliosa utopia': e la coerenza di un autore che ama narrare vicende piene di ottimismo". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 1 marzo 2002)"Il primo film di Luis Sepùlveda, 'Nowhere', è diviso in due: metà tragedia, metà commedia. La parte tragica è pessima, convenzionale, pomposa malgrado nomi come Angela Molina e Harvey Keitel. La commedia, sorpresa, ha vari momenti spassosi. Basta accontentarsi". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 1 marzo 2002)"Luis Sepùlveda, autore amato della 'Gabbianella e il gatto', ispirandosi al suo libro 'Incontro d'amore in un paese di guerra', debutta nel cinema con un film politico anni '70, molto militante, 'Nowhere'. Il regista ha una gran voglia di metaforizzare la terra di nessuno, gli incubi di ieri ma soprattutto di oggi e va salvata la sua buona fede. Purtroppo l'operazione è nobile ma datata, retorica, un poco manichea, qua e là sostenuta da attori vitali e simpatici come Jorge Perrugorria, Burruano, Prodan e la Molina, ma dedita a slogan che, anche se sono eticamente ancora validi non vengono espressi da un cinema al passo coi tempi. Personaggi squadrati, gringos, inni alla libertà, offerta di stereotipi paghi uno prendi dieci, citazioni annunciate e ripetute, come quella di Van Gogh, anche quattro volte. Trattasi di vedere chi vince nel match fra Prepotenza e Ragione e Sepùlveda si permette anche un lieto fine. Speriamo porti bene". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 2 marzo 2002)"Il 'nessun posto' del titolo è il luogo, affogato nel deserto di un paese latinoamericano, nel quale vengono confinati alcuni oppositori del governo e affidati alla sorveglianza di un plotone di soldati. Alla loro storia e alla loro progressiva 'fraternizzazione' con i soldati, si mescolano quelle di altri oppositori, in città, e di un "gringo" che nel deserto vende birra e consulta maghe locali. Quello che nella narrazione letteraria può essere poesia ed epica quotidiana, nel cinema si scontra con la 'materia' dell'immagine, che non aumenta la libertà del narratore, ma se mai la limita. Luis Sepùlveda, esordiente nella regia, si scontra con un nuovo linguaggio e non ne domina le regole. 'Nowhere' è un racconto piatto e a rischio continuo del ridicolo, con una sceneggiatura troppo chiacchierata e troppe suggestioni affastellate e sprecate. Si rimpiange che una storia così, a loro tempo, non l'abbiano avuta per le mani un Aldrich o un Peckinpah". (Emanuela Martini, 'Film Tv', 6 marzo 2002)

Nowhere... un posto che potrebbe essere ovunque.
Un luogo in cui la terra è rossa, ci sono crepe, rocce, cactus e arbusti coperti di spine, un pezzo di deserto nel mezzo del nulla e... un treno.
Nowhere.. il "non luogo" per eccellenza che diventa punto di partenza per ricostruire la rivalsa e la libertà umana.
sepulveda passa dietro la macchina da presa e ci regala un piccolo gioiellino di disperata ironia: arma incredibilmente sovversiva contro la dittatura.
bellissima la figura di keitel "el gringo" un uomo spinto dalla ricerca di un atto di dignità "voi lottate per una libertà che non conoscete, io lo faccio per non dimenticare che sono un uomo libero"

Massimo Vigliar, produttore di Nowhere, regia di Luis Sepúlveda realizzata nel 2002, ricorda una frase che lo scrittore cileno, oggi scomparso, amava tanto: "La libertà è uno stato di grazia e si è liberi solo quando si lotta per conquistarla'. È inutile ed ovvio parlare del combattente, del suo impegno per l’ambiente, della sua grandezza di scrittore o della sua generosità con i colleghi, specialmente latino-americani. Mi piace ricordare due momenti personali: l’emozione nel conoscere Ettore Scola e la sua gioia nel leggere Sandokan ai miei figli. Salgari era uno dei suoi miti".

“Nowhere”, infatti, storia/metafora delle dittature di tutto il mondo capaci di soffocare le libertà individuali e di chiunque vi si oppone, sa poco di cinema e molto di letteratura: i personaggi del film parlano come un libro stampato ed in alcuni casi (vedasi il personaggio del Gringo interpretato da un monolitico Harvey Keitel che si esprime per frasi fatte) si rasenta il ridicolo.
Più a suo agio Sepùlveda regista quando tira fuori, dal suo bagaglio culturale cinematografico e letterario, toni sarcastici, ironici e surreali (come la visione divertente e canzonatoria del mondo militare), che meglio si addicono a ciò che si propone di essere un apologo sulle libertà violate degli uomini. Temi così alti non necessitano sempre di parole pompose o edulcorate, ma più spesso di un rigore, di una “pulizia” d’immagini e di un rispettoso e doveroso silenzio a volte più frastornante di mille parole messe insieme.
Luis Sepùlveda, al quale si riconosce un intento così sinceramente morale ed etico da sembrare anacronistico, sceglie sicuramente la strada più tortuosa per il suo debutto che, pur nelle sue imperfezioni, rivela l’indubbio spirito critico e d’osservazione e la viva sensibilità di un uomo profondamente partecipe delle vicende e miserie umane.

Las dictaduras latinoamericanas han propiciado una abundante literatura política, marcada, para bien y para mal, por la urgencia del testimonio, por su naturaleza de cicatriz de una herida sufrida en carne propia. Con ella ha contraído demasiadas deudas este salto al cine del escritor Luis Sepúlveda, preso y exiliado por culpa del bárbaro delirio pinochetista y autor de culto en Alemania o Italia, antes que en España.
Nowhere es un pastiche muy bien intencionado y muy mal resuelto. A fuerza de esquivar desde su título las referencias concretas, termina siendo un repertorio de vaguedad y tópicos, un cutre puzzle de acentos y caracteres que, lejos de responder a su vocación de parábola universal sobre el poder y sus excesos, anula cualquier atisbo de sinceridad movilizadora para disolverse en una estética kitsch de western panfletario…
On the subject, the movie "Missing" shows a different view, but at least, more real. If you want to know more about that period in our history, search for the The Rettig Report, which states the thousands of disappearing and atrocities that took place those days.

Anyway, the movie is not too bad, maybe a little slow. Probably the fact that is both English and Spanish spoken, stopped it from more exposure. Keitel is not brilliant, far as usual, but it's remarkable that he wanted to participate in this project. (probably a very low budget movie). Too much emphasis on the potato cooking... while in the reality, those guys were probably more worried about being killed in cold blood than potato recipes. Good caricature of the "general", that one made me smile. But that doesn't make it qualify for a comedy.

“Un apologo sulla libertà e sulla dignità umana”: così, Luis Sepùlveda, scrittore e sceneggiatore da qualche anno attivo nel mondo del cinema, definisce il suo film d’esordio. La storia di cinque presunti dissidenti cileni tenuti prigionieri in un luogo-non luogo (“ninguna parte”, appunto) ha infatti tutti i connotati di una favola, di un’allegoria scritta (e circoscritta), imbevuta di quel realismo magico che dissolve i più sicuri riferimenti spazio-temporali e contraddistingue gran parte della letteratura latino-americana. Peccato solo che la metafora sulla condizione del popolo cileno, oppresso dalla prigionia della dittatura non riesce a costituirsi come figura metonimica. Anche dietro la macchina da presa, infatti, lo sguardo di Sepùlveda resta quello di uno scrittore e “Nowhere”, lungi dall’essere un romanzo visuale, procede sotto il segno della frontalità, con i suoi gelidi tableaux vivants e le sue esotiche scene dipinte dinnanzi a cui i corpi si animano solo se sfiorati dalla luce di un riflettore. Scevro da ogni ambizione di denuncia, “Nowhere” soffre quindi di un duplice male: se da una parte, infatti, si trascina con la pesantezza didascalica di un’opera letteraria, dall’altra non riesce a serbare le suggestioni che solo la pagina scritta riesce ad evocare, quando nelle nostre menti le parole sfogliate e sussurrate si fanno immagini e d’un tratto il nostro corpo diventa spazio fisico, teatro della rappresentazione, territorio d’ombra su cui proiettare il nostro cinema…

Dopo giorni di atroce prigionia e di viaggio su di un treno scassato, i rapiti finiscono in un piccolo campo militare in mezzo al deserto, dove i militari alla fine mostrano di essere allo stesso tempo esseri umani caritatevoli e spietati aguzzini. In loro aiuto si prepara però ad agire un piccolo manipolo di rivoltosi, capitanati da un americano che si fa chiamare Gringo (Harvey Keitel). Alla fine il confine tra la brutalità dei militari e la loro stessa umanità verrà sempre di più ad assottigliarsi, lasciando spazio anche alla compassione ed alla fratellanza. Esordio alla regia dello scrittore cileno Luis Sepulveda, il film è tratto da un racconto che lo stesso autore ha inserito nella sua raccolta Incontro d’amore in un paese di guerra. Essendo un’opera prima, Nowhere soffre a livello cinematografico di tutti i difetti di chi si trova a maneggiare per la prima volta un mezzo di comunicazione che non gli è proprio: la regia di Sepulveda è infatti piuttosto calligrafica, e il ritmo del film non acquista mai incisività…

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