lunedì 30 settembre 2019

Burning - Chang-dong Lee

Jong-su è un ragazzo povero, che fa dei lavoretti per sopravvivere, con un furgoncino arrugginito.
così inizia il film, e non tutto quello che ascoltiamo e vediamo, forse, succede davvero.
resta un'assenza, quella di Hei-mi, e un rogo liberatorio.
il terzo protagonista è Ben, un riccone che "ruba" Hei-mi a Jong-su.
l'odore dei soldi e le passeggiate in Porsche, e non nel furgone arrugginito di Jong-su, convincono la ragazza al cambio di fidanzato.
e il fuoco, e la musica, e il gatto, e l'orologio e tante altre cose appaiono, e alcune convincono il povero Jong-su alla vendetta.
Chang-dong Lee ha fatto pochi film, tutti memorabili, e anche questo non è male, ma cercateveli tutti, non sarà tempo perso, promesso - Ismaele






…sono tantissimi gli indizi per farci pensare che tutto sia immaginato.
Quel gatto invisibile, la scena del mimo, le chiamate a vuoto (forse della madre persa da tempo. Poi quando si vedranno tutto sarà surreale), quella luce riflessa in casa di Hae-mi, il fatto che la stessa Hae-mi (ma anche Jong-su) si addormentino sempre, la figura di Ben che probabilmente rappresenta quello che il giovane Jong-Su vorrebbe essere (e non nascondo che più volte il film mi è sembrato Enemy), la storia sull'essere affamati di Vita, il pozzo che è esistito e non esistito, il bruciare serre da parte di Ben (che ci portano sia alla scena del passato di Jong-su che a quel suo bruciare i vestiti di mamma una volta che lei andò via), la scomparsa nel nulla di Hae-mi, quel correre disperato di Jong-su (come se la mente andasse a ricercare qualcosa che non trova), il suo continuo riferimento al romanzo che sta scrivendo (non può essere casuale)…

Imbastita una trama quasi criminale che incrocia quella romantica, il film fa cadere i suoi pezzi ad uno ad uno. Invece che aiutare il protagonista, fornendogli un buon intreccio su cui basare il suo romanzo, la storia del film lo frustra accumulando domande e mancati finali. Ovviamente frustra anche noi e non sempre Lee Chang-dong è in grado di compensare con sequenze mostruose per intensità, forza ed evidenza sentimentale come è la prima.
Qualcuno sparirà e tornerà, qualche conto invece non tornerà mai. Il punto è che per Burning - L’amore brucia non tutto si può vedere, molto poco si può conoscere e quasi nulla si può capire di quello che ci circonda, tantomeno i film o i romanzi possono portare vera conoscenza, semmai squarciare lampi di lucidità, stimolare riflessione, mettere dubbi e far balzare domande che prima non esistevano nemmeno.
Chi scrive non ha amato in toto il film (molto meglio Oasis!) ma è impossibile non nutrire un forte rispetto nei suoi confronti. Nella maniera in cui assorbe lo spettatore in uno spettacolo di vario genere, che cambia di continuo e che rifiuta metodicamente di obbedire alle buone regole della narrazione, trovando invece una maniera sua di mettere in scena tre persone, una storia, un enigma e il più classico dei motori, cioè un amore non corrisposto. Sembra tutto banale ma nelle mani di Lee Chang-dong, che manipolano Faulkner e Murakami, non lo è.

Ogni personaggio del film “esiste” laddove è presente anche Jongsu. Non sappiamo mai che cosa facciano gli altri in fuoricampo, tutto quello che accade nel film accade perché lo vede (lo immagina?) il suo protagonista, e questo vale tanto per i due coprotagonisti – Haemi e Ben – quanto per le figure di contorno, dal padre del ragazzo che continua a subire processi per i suoi scatti d’ira violenti, alla madre che ricompare – misteriosamente… –  dopo essere fuggita di casa 16 anni prima…

Jong-su vive un’esistenza precaria, priva di sicurezze, coltivando sentimenti pronti ad esplodere. Ben non si impone limiti perché niente gli è precluso, paragona la sua millantata piromania con la moralità della natura, la quale non sceglie di agire e distruggere sulla base del giusto o del torto, ma semplicemente nel nome dell’agire e del distruggere stessi. Due personaggi vicini e lontani, diversi per condizione sociale e per modo di essere, in grado di rappresentare tutte le contraddizioni sociali della Corea del Sud. Soprattutto quelle di una generazione arrabbiata, termine usato proprio da Chang-dong Lee per descrivere il più complesso stato di afflizione di un Paese pieno di conflitti interni ed esterni (dalla casa del protagonista si sentono, infatti, i messaggi propagandistici provenienti dall’altra Corea). Burning è dunque un racconto molto flemmatico, introspettivo e fuorviante che da un illeggibile microcosmo vuole disvelare un più evidente macrocosmo, attraverso una regia perfetta, quasi invisibile, e le interpretazioni maiuscole dei suoi protagonisti.

Burning es una excelente película y del mismo modo como ha pasado este año con Lazzaro feliz, se agradece que hayan arriesgado en ponerlas en sección oficial. De este modo también se nos invita a preguntar donde reside realmente lo fantástico y lo terrorífico, y si este puede estar impregnado en situaciones cuotidianas como las que plasman estas dos películas. Dos maravillosas muestras de cine sin barreras, que arriesgan, son mutables y llegan al corazón.


Chang-dong Lee dirige el drama misterioso de forma magistral. Personajes que parecen tener una moralidad negativa y discreta, relaciones que no parecen funcionar con estándares sociales normales, y un tratamiento pasivo de la paranoia. ‘Burning’ nos regala una travesía por la mente perturbada de un joven que nunca sintió y que ahora se enfrenta a un despertar sexual agresivo, y que casi inmediatamente se convierte en una búsqueda desesperada por la verdad. Y es acá donde la cinta realza el género abordado. La verdad detrás de los hechos podría no ser la que vemos en la historia, pero la realidad es que también podría serlo. La película conlleva a un ritmo claustrofóbico que nunca pretende solucionar el enigma principal. Tampoco aporta mucho para que giremos hacia el lado inocente del protagonista. Hay una preferencia explícita para mantener al espectador dialogando con su propia paranoia. Sí, hay algo extraño en Ben y su dilatadora expresión. El misterio existe y, si se materializa, podría ser una experiencia aterradora.
Pero ‘Burning’ no cae en lo típico del horror; se aleja de ser tan vulgar en su carácter de resolución. Manteniendo el límite para que Jong-su sea víctima de su propia ignorancia, la película se resuelve en una alegoría. Un tributo a lo más oscuro de nuestra capacidad de etiquetar a quien podría o no merecer una etiqueta, aunque las señales sean claras.

El principal problema viene en la segunda mitad, donde la historia no lleva a ninguna parte, las interpretaciones se van perdiendo y la historia no consigue dar ninguna sola respuestas a sus continuos enigmas. Se me hacen muy pesados esos continuos silencios y la lentitud de la cámara en muchos momentos por parte del director. Se nota que Lee Chang-Dong maneja la situación como él quiere, pero no consigue atraparme y encima logra que la ultima hora de la cinta se me haga insoportable.

Brillante en todos los sentidos, tierna y poética, acaba convirtiéndose en una obra maestra apta para todos aquellos amantes de un cine diferente que va mucho más allá de las imágenes que van apareciendo en pantalla. Que estas acaben convirtiéndose en algo más que primitivas sensaciones, es algo que está alcance solo de los elegidos. Chang-dong Lee es uno de ellos.El elenco está a la altura. Empezamos por una hechizante y debutante Jong-sep Jeon en el papel de Hae-mi, todo un recital de riqueza interpretativa. Seguimos con el ya veterano a pesar de su edad Ah-In Yoo (SadoVeteran. Por Encima de la Ley) y acabamos con Steven Yeun (MayhemOkja) en un desconocido registro.
Estamos ante uno de los títulos, no ya de la temporada, sino de la década, en nuestra opinión claro está. De vosotros depende darnos la razón o no. Para eso tenéis que gastar 148 minutos que os podemos garantizar que serán de los mejores utilizados de vuestra vida.
da qui

…Si tratta, insomma, di un film di pura messa in scena. Un film che per trasmettere una storia in potenza, solo possibile, che non si realizza mai in atto se non nel momento in cui si inscrive in ciò che fin dall’inizio è fuori dalla dinamica potenza-atto in quanto destino (non riveleremo certo in che modo, ma è qui che si incastra, genialmente, la sottotrama sull’intemperante padre di Jongsu alle prese con la giustizia), gioca alla grande con la luce studiatamente naturale degli esterni, con le atmosfere di albe e tramonti, con la flagranza dei luoghi, con un dipanarsi della narrazione che è arioso ed ellittico al tempo stesso, e che accetta di perdersi in pause contemplative per seguire le danze di Haemi, o le interminabili corse nella campagna di un Jongsu le cui ragioni ci sono né chiare né oscure, ma piuttosto oscuramente chiare. Grazie a questo brillante lavoro di messa in scena, Burning riesce ad essere un film limpidissimo e segreto al tempo stesso. Come lo è del resto il dislivello di classe, e la conseguente invidia di classe, che Lee Chang-dong nelle interviste dichiara essere, abbastanza improbabilmente, il centro del film. La differenza tra l’agiatissimo Ben e l’indigente Jongsu, che è dentro fino al collo in un inferno di precariato giovanile di cui il film ha cura di sottolineare le aberrazioni, è lì, spiattellata davanti ai nostri occhi in tutta la sua visibilità. Ma è una visibilità tanto accecante quanto fine a se stessa: se c’è chi nuota nell’oro e chi invece si arrabatta come può, è così è basta. Senza ragioni.


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