domenica 2 giugno 2019

22 mei - Koen Mortier

film tanto inquietante quanto bello.
la guardia giurata di un centro commerciale, dove avviene un attentato che semina molti morti è feriti, si trova a dover convivere con tutte le domande che gli rivolgono le vittime.
la prima è se poteva evitare quella strage.
un film che non è una passeggiata, ma merita molto - Ismaele




…Mortier imbastisce un film di fantasmi, dove la solitudine dello stesso Sam si amplifica a dismisura nel suo vagare confuso, impolverato, in una città fattasi improvvisamente vuota, popolata solo dalle vittime che gli pongono domande, lo accusano o lo consolano. Un film colmo di ellissi, di prospettive sempre diverse, di grandissimo Cinema, denso, a tratti macchinoso, ma molto più spesso ricco di uno strazio umano indicibile attorno al perno simbolico dell’esplosione. Il nichilismo di Mortier è, qui, meno evidente, seppure ogni racconto delle vite colpite non fa che lasciare ognuna di loro in balìa di rammarichi e tristezze, di piccole meschinità e di colpe. Una visione profondamente atea di cosa sarà, secondo il regista, il poi, di come tutti noi siamo, in fondo, solo schiavi della casualità e delle nostre mancanze. Il finale, poi, è una meraviglia. Un grande film, doloroso, commovente.

Freddamente tragico, pacatamente introspettivo, cinicamente surreale come, da qualche anno a questa parte, solo il cinema belga sa essere. Una storia di fantasmi mentali, di irrazionali sensi di colpa, del senno di poi che prolunga il rimorso, uccidendo due volte. Un attentato suicida distrugge un centro commerciale affollato di clienti. Sam, il vigilante che era di turno quella mattina, rimane ferito e sconvolto, e prende a girovagare all’interno di una città deserta. Sembra l’inizio del racconto di uno stress post-traumatico, in cui la desolazione interiore si proietta sul mondo esterno. La realtà, tuttavia, è ben più complessa e stratificata, e il quadro completo della situazione risulterà chiaro solo alla fine di un lungo ed intricato discorso retrospettivo. Il film è volutamente oscuro, e si sviluppa lungo una matassa di avvenimenti apparentemente scollegati, concatenando le immagini in aperta violazione della continuità spazio-temporale. È come aprire e sfogliare a caso il libro del passato, giungendo a una lettura completa a suon di salti avanti e indietro.  Un cammino zigzagante e difficile, per ricostruire il senso di un singolo istante di morte e distruzione; per capire il nesso tra i percorsi esistenziali che, in quell’attimo, si sono fatalmente incrociati. Esperienze sparse, messe insieme dall’azzardo del destino, che cercano, a posteriori, di giustificare quella loro unione. Dialogando, confrontandosi, cercando di collaborare.  Il protagonista è il nucleo di aggregazione di quel gruppetto di anime che gli si accalcano intorno, cercandolo, depositando su di lui le loro personali ansie, senza però veramente poter scalfire la sua corazza fatta di un dolore attonito e di un senso di colpevole impotenza. Come dire che la sofferenza avvicina, ma non è in grado di unire…

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