sabato 21 novembre 2015

Bella e perduta - Pietro Marcello

ci sono:
Tommaso Cestrone, l'attore protagonista interprete di se stesso, curatore della reggia borbonica, è morto nella notte di Natale del 2013,
Gesuino, un pastore sardo che declama poesie mentre le pecore pascolano,
Pulcinella, che lega vivi e morti,
e poi c'è il bufalo parlante di nome Sarchiapone (la parola sarchiapone appare per la prima volta nel Cunto de li cunti, di Giambattista Basile, ed è un animale famoso per uno straordinario sketch col grande Walter Chiari, qui).
Tommaso è un pazzo, un eroe inutile, per i canoni di oggi, nello sfondo di un mondo terribile, la terra e gli animali sono trattati come cose, sfruttati senza pietà, in un mondo senza futuro.
Pulcinella è un personaggio che pare uscito da "Uccellacci e uccellini", un altro Ninetto Davoli che vuole liberare gli uccelli, che belli quando volano.
Sarchiapone parla, è destinato al macello, intanto vive, contro l'economia di mercato e dello sfruttamento, e la sua esistenza gratuita, in(utile), commuove.
anche Rosa Luxemburg incontra un bufalo, magari si chiamava anche lui Sarchiapone, e piange (qui).
vogliatevi bene, fatevi un regalo, andate a vedere questo film, troverete posto di sicuro, in uno dei 12 cinema italiani che lo programmano, non vi deluderà - Ismaele





La soggettiva di un bufalo, ricreata con estrema dovizia di dettagli. Una mdp mossa, a mano, ad altezza del muso dell’animale. Lo sguardo della bestia che sembra essere avviata al macello, come è il destino dei bufali maschi che non producono latte nella normale pratica zootecnica. Così è l’incipit di Bella e perduta, nuovo lavoro di Piero Marcello, programmatico e metaforico. Una soggettiva che tornerà ancora. E il piccolo bufalo di nome Sarchiapone, sarà uno dei personaggi del film. Spesso inquadrato nel muso, spesso colto nel suo sguardo che rivela emozioni, una vita interiore, e alla fine lo si vedrà anche lacrimare, piangere. Sarchiapone è la capra dal viso semita di Saba, il bove di Carducci, l’asinello Balthazar, la vacca di Dariush Mehrjui, creatura senziente che osserva il mondo, capace di sentimenti, e specchio di un’umanità dolente….

…c’è la volontà (e soprattutto la capacità) di sondare l’invisibile del nostro paese (ciò che la cronaca e i reportage non possono per loro natura raccontare, eppure esiste, ci appartiene), un compito a cui non pochi registi italiani si stanno eroicamente dedicando in questi anni, dalla Alice Rohrwacher di Le meraviglie, al Leonardo Di Costanzo di L’intervallo, al Michelangelo Frammartino di Le quattro volte, al Roberto Minervini della trilogia texana, a colui che (seppur con cifre e codici molto diversi) si può considerare il padre vivo di tutti loro: Franco Maresco.
Bella e perduta restituisce (le cose perdute nel mondo reale le ritroviamo trasfigurate tra i panorami di uno spirito che esiste) ciò che in fondo ancora ci appartiene, ma difficilmente viene mostrato in un film…

Il film ha intercettato questa scomparsa e si è da lì trasformato anche in una fiaba, quella di Pulcinella che da immortale diventa uomo e del bufalo Sarchiapone, testimoni entrambi di una perduta bellezza. Pietro Marcello spiega, innanzitutto, perché ha scelto un animale come il bufalo:
R. - Io sono cresciuto in quelle terre. Per me è stato anche un modo di avvicinarmi a quelle terre, abitate da questi bufali. Gli animali erano amici degli uomini. Oggi gli animali sono degli oggetti. In un certo senso c’era più rispetto per l’animale in passato, perché una vacca in famiglia aveva un valore enorme: l’uomo si prendeva cura dell’animale, perché l'animale era di aiuto nei campi, nel lavoro. Oggi sono semplicemente numeri e per me è una questione ben precisa quella di dare dignità a questi animali.
D. - Il bufalo nel film parla a Pulcinella, unico che riesce a capirlo fino a quando indossa la maschera. Poi decide di liberarsene. Perché?
R. - Nel film Pulcinella si libera di questa maschera e anche di questa immortalità che lo rende servo. È così che sceglie il libero arbitrio. Siamo sempre soggetti al destino e al libero arbitrio di poter scegliere qualcosa per la nostra vita; però poi è il destino che ci segna la strada. Nel caso di Pulcinella è per diventare un uomo nuovo, un uomo diverso, un uomo consapevole, che può amare la natura e gli animali.
D. - Lei è riuscito a trasformare quello che doveva essere un documentario in una fiaba.
R. -  Saper trasformare questa storia è stata una necessità. E il documentario ti insegna questo, riuscire ad affrontare anche gli imprevisti. Noi abbiamo sentito un po' una sorta di responsabilità morale di continuare questa storia perché il film nasceva come un viaggio in Italia sulle tracce di Piovene, anche per raccontare la temperatura del Paese. Poi si è ancorato alla storia di Tommaso perché il film si è arrestato lì a Carditello. E il bufalo è rimasto solo…

…Volevo chiederti se ti eri posto l'idea di che tipo di pubblico potrebbe vedere il tuo film, che differisce molto dai prodotti che arrivano nelle sale e che quindi potrebbe avere difficoltà a trovare spettatori
Sinceramnte non saprei risponderti perché è un problema che non mi pongo. Quando faccio un film lo faccio per me perché è una cosa che mi fa stare bene. Mi rendo conto che di fronte ho un pubblico paratelevisivo, l cui gusto è stato rovinata da anni di cattiva televisione ma io di questo non posso farci niente e di certo non mi fa cambiare il mio modo di girare. Ed è proprio per continuare a mantenere la mia indipendenza che giro con risorse limitate. Con il mio carattere non potrei sopportare intromissioni. Non amo il cinema del reale e penso che a me come regista spetta il compito di trasporre la realtà dal mio punto di vista. Per fare questo devo avere totale libertà.

Ci puoi parlare degli aspetti tecnici e produttivi 
Il film si è potuto realizzare dapprima grazie a Mario Gallotti e successivamente a Paola Malanga di Rai Cinema che voglio ancora ringraziare. Il budget è stato di quattrocentocinquanta mila euro e per quanto riguarda gli aspetti tecnici ti posso dire che ho girato con pellicole scadute, che  mi davamo la possibilità di lavorare con la celluloide e quindi con un prodotto alchemico che non potevo controllare. Lo so che è un paradosso per me che appartengo a una generazione cresciuta con il digitale ma così è per me. Al contrario il film è stato montato con i tempi del documentario e cioè molto velocemente. In questo modo sono stato in grado di risparmiare tempo e denaro…

...Sono sempre diffidente verso il cinema favolistico, verso il fantastico soprattutto con impronta e pretese autoriali e tendenza all’apologo esemplare, ma devo dire che a Marcello riesce – in territorio e cultura campani, e su scala ridotta -, quello che non è purtroppo riuscito, pur con mezzi maggiori, a Matteo Garrone con Il racconto dei racconti. Ci si muove in un paesaggio che, nella sua purezza rurale, sembra quello omerico o dei miti greci. Ulivi, pascoli, mandrie di bufali, greggi, spelonche, fonti miracolose, alberi magici. E che però ci vien mostrato anche nel suo degrado ultimo, quello ormai passato alla memoria di tutti come terra dei fuochi, immondizie e falò a deturpare l’armonia. L’armonia perduta, per dirla con Raffaele La Capria…

2 commenti:

  1. Risposte
    1. questa settimana addirittura in 9 sale :(

      però di tutti quelli che l'hanno vista nessuno si è pentito, strano il mondo...

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