domenica 19 gennaio 2014

The Immigrant (C'era una volta a New York) - James Gray

bravissimi Marion Cotillard e Joaquin Phoenix, da soli valgono il biglietto, e la grandezza dell’interpretazione cresce col passare dei minuti.
quello che non mi convince è la storia, Joaquin Phoenix che fa il protettore delle sue donne, e si innamora dell’ultima arrivata, è un cuore d’oro, Marion Cotillard che si prostituisce per far guarire e riscattare la sorella, un sacrificio di un cuore d’oro.
la ricostruzione della New York di un secolo, e tutta la storia, sembrano da operetta, senza troppa forza (“Gangs of New York”, di Martin Scorsese e “Le onde del destino”, di Lars Von Trier, per citare due film che possono avere qualcosa in comune con il film di James Gray, sono su un altro pianeta).
resta comunque un film da vedere, soprattutto per le interpretazione degli attori; è che da James Gray, che ha fatto film eccezionali, non mi aspettavo solo un buon film - Ismaele


Ci sono i buoni propositi, il tema della fede e del perdono, la redenzione di una donna che abbraccia il peccato solo per riabbracciare la sorella, l’uomo/contraddizione che innamorandosi migliora sé stesso ma peggiora la sua stessa vita, la metafora (resa inutilmente esplicita) dell’illusione infranta del sogno americano. Il finale impeccabile  non può reggere il peso di un film che fa acqua da tutte le parti.

…Francamente non capisco perché James Gray, talentuoso com’è, e così fortemente autore (talvolta fino all’autosabotaggio), si sia imbarcato in un’operazione tanto qualunque e perfino anonima. Un mélo, certo trattenuto e rigoroso, con però caratteri prevedibili e cliché da cattiva letteratura. Con uno svolgimento narrativo che sembra un assemblaggio di cose mille volte lette e viste. Puro coacervo di stereotipi, senza peraltro il coraggio di calvalcarne spudoratamente gli aspetti in potenza più trucibaldi e fiammeggianti.,,

James Gray, lui, nous livre une reconstitution impressionnante du New York des années 20, ainsi que quelques plans sublimes et sombres, et dirige à merveille son trio d'acteurs. Ballottée entre deux hommes, pris au piège de sa douce beauté, on tremble en permanence pour Marion Cotillard, fébrile et volontaire, en se demandant si cette sœur à la libération tant espérée est bien toujours vivante. Joaquin Phoenix se transforme peu à peu, laissant poindre une terrible détresse. Tandis que Jeremy Renner incarne un espoir teinté d'illusion. Si le film n'a finalement pas eu les faveurs du jury cannois, il pourrait bien faire son petit bonhomme de chemin dans les salles, sans pour autant espérer se retrouver aux prochains Oscars, malgré son sujet universel, puisque la date de sortie américaine a été repoussée à l'an prochain.

Basterebbe il suo nome, oggi, per parlare bene di qualsiasi lavoro in cui ci sia lei. Questa donna non sbaglia un colpo, e se lo sbaglia lo rende giusto lo stesso anche solo con la sua presenza. Marion Cotillard ha un unico difetto: non ti fa seguire il film. Bella, anzi bellissima, per qualsiasi gusto. Brava, anzi bravissima, per qualsiasi critico. Per renderle l' importanza dovuta in "The immigrant" (dopo tutta la solfa di cui sopra, chi scrive preferisce usare il titolo originale per il resto della recensione), è d'uopo riportare le parole che le ha dedicato lo stesso Gray: "[...] questa donna non ha bisogno di parlare. E' talmente espressiva che potrebbe fare un film muto. [...], ho scritto il film per lei, perché è la storia di un' immigrata e ho pensato che lei potesse trasmettere uno stato d'animo in maniera non verbale. Non credo che avrei fatto il film senza di lei". E ancora, a proposito della difficoltà linguistica di recitare in polacco, è decisamente incredibile questo aneddoto, sempre raccontato dal regista: "Un giorno ho chiesto all'attrice che interpreta la zia cosa pensasse del polacco parlato da Marion. Ha detto che era eccellente ma che aveva un vago accento tedesco". La motivazione data dalla bella parigina (già, perché magari in tutto questo, qualcuno se lo dimentica: lei è francese!) è strabiliante: "Sapendo che il mio personaggio viene dalla Slesia, che è situata tra la Germania e la Polonia, lo sto facendo di proposito". Spiazzante...
Signori, una vera Attrice. Questa intervista andrebbe letta ad alta voce in una stanza con dentro la maggior parte degli attori barra attrici nostrane. E poi accendervi un falò, perché tanto non la capirebbero…

E senza svelare come l'epica storia della bellissima Ewa giunge a compimento, ci togliamo la soddisfazione di anticipare solo un elemento: nel prefinale, quando tutto è ormai compiuto e la tensione narrativa comincia ad allentarsi, Gray lascia la scena al suo attore feticcio, quel Joaquin Phoenix stavolta nei panni di un uomo, Bruno, apparentemente senza possibilità di redenzione. Il suo monologo rabbioso, che descrive se stesso come il rappresentante dell'abiezione di una società che nasconde dietro l'incessante progresso democratico la feccia di una criminalità moralmente ripugnante, è l'ennesima prova di una classe e di un'irraggiungibile bravura che nessun premio potrà mai davvero riconoscere.

El conflicto moral de Ewa (debe prostituirse y cree que eso le garantiza la eternidad en el Infierno) está expuesto con todas sus luces y sombras, pero no se manifiesta un verdadero peso en su alma más allá de lo que el espectador puede entender. La trama avanza sin deparar muchas sorpresas, aunque la intención sea contraria. Ni siquiera los requiebros de la última media hora animan un espectáculo largamente falto de vida. Cuando una película tiene tan marcado a fuego el devenir de los acontecimientos antes del minuto 30, es mala señal. Debe ser muy estimulante en los otros apartados para poder olvidar la desidia del guión. Y The immigrant no lo es.
da qui

2 commenti:

  1. si decisamente, se paragonato a Le onde Del Destino e Gangs of New York ci perde parecchio, in questo sono molto daccordo con te :)

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  2. speriamo nel prossimo film di Gray :)

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