mercoledì 6 febbraio 2013

Su su per la seconda volta vergine - Koji Wakamatsu

è il terzo film di Wakamatsu che vedo, e anche qui è davvero di un altro mondo, ti cattura nelle sue storie e non puoi scappare, anche qui c'è un crescendo di interesse, i giovani del tempo, amore, poco, e sesso e morte, molto, musica, bianco e nero e colore nello stesso film, pianto e riso, un film davvero intenso.
da non perdere - Ismaele


QUI il film completo (con sottotitoli in inglese)

Nel cinema di Koji Wakamatsu, il ritratto del male è sempre ridotto all'osso, alla sua scarna essenza di squallore e sofferenza. La sua arte è una poesia sbiadita e rassegnata, diluita nell'inchiostro annacquato del dolore; ma la reticenza e l’apparente distacco sono solo l’effetto della lontananza, del dislivello che separa la superficie della realtà dal fondo dell’anima, in cui si trovano le ferite più gravi ed insanabili.  Il nichilismo dei personaggi di questa storia deriva dall'impossibilità di arrivare con la mente e con il cuore fino a toccare quell'abisso, per comprendere l’origine della loro mortale disperazione.  La loro ricerca di un perché si esaurisce nel loro inutile vagabondare su e giù per le scale di un palazzo, dalla terrazza fino alla cantina: un viaggio astratto e inconcludente tra i  gironi di un inferno interiore, in cui l’unica certezza raccolta a metà strada è la banale logica della vendetta. Ad avere senso è solamente un freddo meccanismo assassino, come risposta naturale ed automatica al cinismo dell’offesa subita, o come radicale rimedio ad un madornale errore commesso…
da qui


…Ha il difetto di essere parecchio intellettualistico e francamente non sempre comprensibile, ma è riscattato da un talento visivo innegabile e da un sapiente utilizzo dell'unità di luogo (la terrazza). Certamente si tratta di un film intenso, le cui immagini restano negli occhi degli spettatori: possono respingere, ma non certo lasciare indifferenti…

 Pochi giorni di lavorazione e un budget all’osso raramente hanno prodotto qualcosa di memorabile al livello di Su su, per la seconda volta vergine, il film-manifesto del primo Wakamatsu, in cui il regista condensa, in un'ora abbondante di disagio palpabile, il sottile mix di esistenzialismo avant e fascinazione per le tematiche di sesso brutale e violenza efferata. L'amore è lontano mille miglia, un miraggio che per un attimo sembra concretizzarsi negli sguardi dei due protagonisti, martiri e carnefici, emblema dell'impossibilità di un rapporto tra i sessi che sia paritario e basato sulla reciproca soddisfazione. Rabbia e nichilismo che esplodono in sete di vendetta di fronte alla bestialità del (resto del)l'umanità, preda di un istinto sessuale insaziabile e perverso tanto nelle giovani generazioni (i teppisti tossici che si aggirano per il condominio in cui il film è ambientato) che nelle precedenti (gli scambisti bestiali che abusano di Tsukio). Violenza chiama violenza in un anno zero post-apocalittico che in fondo poco ha a che fare con la sua epoca di speranze (il '68 appena trascorso), mentre molto strettamente si lega al dna post-atomico giapponese o al declino amaro dell’utopia hippie: tutt'altro che casuale, in questo senso, il legame con il lato più oscuro evidenziato dall'apparizione sulfurea di Roman Polanski e Sharon Tate tra le pagine di un manga.

Though running barely over an hour, Go, Go Second Time Virgin packs a tremendous amount of artistry into every scene. The relentless, downbeat atmosphere will prove tough going for many viewers, as will such bizarre flourishes as alternating the predominantly black and white footage with startling colour inserts (usually for violent moments). Despite the casual, frequent displays of nudity, the film's depiction of sex could hardly be described as erotic; instead, physical contact is presented as a temporary balm to relieve the agony of day to day existence in the big city with families insensitive to the needs of their children. Teen rebellion has never looked so grim. The elements used for this DVD, another in the impressive line of Japanese cult releases from Image and the American Cinematheque, appear to be in excellent shape and boast a nicely detailed, clean image. The scope photography is well preserved with anamorphic enhancement to wring every last detail out of the print, while the burned in subtitles are easy to read. The disc also includes a shot-on-video interview with Wakamatsu, introduced with some on-the-fly artsy tracking shots, in which he discusses his career and offers some concise remarks about the state of Japanese cinema both past and present. Not for everyone, obviously, but this is a good place to start to learn more about a director who remains almost entirely unknown in the West.

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