domenica 10 giugno 2012

Silent souls - Aleksei Fedorchenko

un film con un fascino lontano, una morte che è un ritorno alle origini.
poetico, ma non coinvolgente del tutto.
merita certamente la visione - Ismaele



Impossibile non pensare, anche solo in parte, a "Departures": anche qui, naturalmente, il riferimento è al mito di Caronte. Ma rispetto al film giapponese, in questo riflessivo viaggio di accompagnamento verso la morte – nel corso del quale non viene mai smarrito il contatto con la vita, anche attraverso la carnalità e il sesso – manca qualcosa in termini di emozioni, e soprattutto il finale improvviso e irrisolto lascia un po' perplessi: nell'insieme, è più accademico che poetico…


Tenerezza e nostalgia si fondono in questa pellicola, dando vita ad una fiaba di struggente e raffinata poesia, dove l'acqua è l'elemento primordiale a cui fare ritorno, nel quale immergersi per ritrovare la propria amata e la propria identità. Nel rendere omaggio al popolo dei Merja e ai suoi rituali di passaggio, il matrimonio e il funerale, Aleksei Fedorchenko - che a Venezia è già stato ospite nel 2005 col mockumentary, Pervie na lune e che ha al suo attivo una discreta produzione cinematografica – mostra i luoghi in cui è ancora forte e percepibile la presenza di questa cultura, esplorandone ogni angolo remoto.
Figure fantasmatiche si muovono in uno spazio che prende vita dalle parole sussurrate in fuori campo, che si rianima, riportando alla superficie dell'acqua i ricordi, gli amori, le esperienze dei suoi protagonisti. Vite trascorse nell'osservanza di riti arcaici, come quella ad esempio di gettare nelle acque gelate del fiume l'oggetto cui si tiene di più, nella maestosa immensità di un paesaggio silente, dove appena si può udire il dolcissimo canto degli zigoli, che danno il titolo al film.

...I due uomini intraprendono, così, un viaggio di migliaia di chilometri per portare il corpo di Tanya sulle rive del lago sacro, luogo nel quale secondo la tradizione la sua anima potrà ricongiungersi con l’acqua, l’elemento dal quale si nasce e verso il quale bisogna tornare. In questo viaggio il silenzio delle anime dei due uomini, ciascuno immerso nelle proprie considerazioni, bilanci e verità da tenere nascoste, è interrotto dai racconti della vita coniugale fra Miron e Tanya (come prescritto dalle usanze Merja anche degli aspetti più intimi) e dal cinguettio degli zigoli, che con il loro canto così gioioso e vitale restituiscono un barlume di speranza a coloro che restano sulla terra a fare i conti con il dolore della perdita. Ogni popolo ha le sue usanze per congedarsi dai propri morti, e in questo caso Fedorchenko ce ne mostra uno pressoché sconosciuto, ma infinitamente affascinate, costruendo il film sui gesti arbitrari ma amorevoli dei due uomini nei confronti di Tanya che, avvolta nuda nel suo sudario, si prepara a congedarsi dalla vita. Se malinconici sono i paesaggi, non lo è altrettanto il rituale dell’addio, nel quale il corpo viene restituito alla natura in questo scambio doveroso. Silent Souls è anche e soprattutto una storia che parla dell’amore, nel senso più alto del termine, ovvero, quello fra una coppia, che sia di amanti o di amici, fra l’uomo e la natura, fra l’uomo e se stesso e le proprie origini, elevando questo sentimento alle vette più alte, ricordando (come è scritto sulla locandina del film) che: “Soltanto l’amore non ha fine”.

i suoi due protagonisti sono uomini di mezza età appesantiti e in difficoltà con i propri sentimenti, ma capaci di guizzi emotivi che lasciano spiazzati. Li aiuta un comune retaggio antropologico, l’appartenenza a una tribù ugro-finnica che, seppur morente, si riaffaccia all’animo di entrambi costringendoli a ubbidire ai suoi precetti. Ma si tratterà poi di costrizione? In nome di un mondo scomparso, e rigonfi di segreti impossibili, Miron e Aist raggiungono una catarsi quanto mai necessaria, mescolando causa ed effetto su una strada grigia…

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