domenica 7 dicembre 2025

L’anno nuovo che non arriva - Bogdan Mureșanu

è incredibile quanto cieco sia stato il regime di Ceausescu nel non vedere la fine tragica che lo aspettava.

il film mostra i giorni della fine del regime attraverso le storie di alcune persone, ciascuna legata alla storia di un'altra persona.

momenti comici si alternano a momenti disperati, in maniera davvero efficace.

la scenetta più divertente è quella del bambino che scrive a babbo natale, ma le scene disperate sono di più.

il primo lungometraggio di Bogdan Mureșanu è davvero una bellissima sorpresa.

purtroppo il film è solo in una ventina di sale, così va il mondo, ma cercatelo, non sarete delusi.

buona (tragicomica) visione - Ismaele




Quello descritto in L’anno nuovo che non arriva è un mondo agli sgoccioli. Siamo alla fine dell’esperienza socialista, ed il paese è in procinto di cadere nella brace del consumismo, così racconta Radu Jude nel suo ultimo lavoro di assemblaggio presentato a Locarno, Eight Postcards from Utopia, una raccolta di materiale pubblicitario televisivo. L’attimo prima, l’oggetto del film, è quello della paura della delazione, di nervi provati, della tortura fisiche e psicogiche, dei ricatti. Eppure, senza censura, e senza nascondere niente, il tono del film non cade mai in un tono drammatico, anzi trova più di uno spunto di commedia. L’intenzione è esplorare un’enorme linea grigia, quella che conteneva gran parte della popolazione ridotta al silenzio vuoi per collusione o soltanto dalla pavidità, guardare oltre la cortina omertosa, lontano da occhi ed orecchie indiscrete, in quegli spazi dove il sentire diventa sincero. Rinascono la fiducia ed il coraggio di rischiare, gli operai decidono di ribellarsi, le famiglie riuniscono le proprie forze dopo un istante di sospetto e si creano delle coscienze critiche. Bogdan Mureşanu trova nel suo primo lungometraggio un ottimo equilibrio tra le parti superando le difficoltà della narrazione polifonica, lasciando alla Storia il compito di fare da trait d’union. E riesce ad agganciarsi all’attualità attraverso la tematica della manomissione, trucchi ed artifici ormai regola del contemporaneo, con la realtà sabotata dalla falsificazione per ottenere un eterno presente.

da qui


Un puzzle tragicomico si compone in un giorno di dicembre 1989, in Romania. Sei persone cercano di trovare il proprio equilibrio mentre la società si sgretola.

È il 20 dicembre 1989 e il regime di Ceaușescu è agli sgoccioli. L’esercito reprime violentemente una rivolta a Timișoara, ma le notizie che arrivano a Bucarest sono scarse e filtrate. Sei persone si trovano nell’occhio del ciclone senza rendersene conto. Un regista televisivo deve trovare un modo per salvare il suo show di Capodanno dopo che l’attrice principale è fuggita. La soluzione sta in un’attrice teatrale in crisi che non riesce a contattare il suo ex fidanzato a Timișoara.

Nel frattempo, il figlio del regista, uno studente, pianifica di fuggire in Jugoslavia nuotando attraverso il Danubio. A sorvegliarlo c’è un ufficiale della polizia segreta Securitate, che cerca di trasferire la madre dalla casa destinata alla demolizione a un nuovo appartamento che lei detesta. Il trasloco è eseguito da un operaio, che va nel panico dopo che il figlio scrive una lettera a Babbo Natale in cui rivela che il padre vuole la morte di Ceaușescu.

da qui


il film di Mureșanu è una riflessione sul tempo e sulla disillusione, su quel momento in cui la Storia irrompe nella vita privata e la travolge. È un film sulla promessa mancata di un nuovo anno, di una nuova era, che non è mai davvero arrivata. Ma è anche un atto di resistenza contro l’oblio, un tentativo di fissare su pellicola il passaggio fragile e indecifrabile tra dittatura e democrazia, tra infanzia e maturità, tra paura e speranza.

Con The New Year That Never Came, Bogdan Mureșanu firma un film importante, carico di significati, rigoroso e profondamente umano, che riesce a restituire la verità di un’epoca non attraverso la ricostruzione storica, ma tramite la vibrazione dei corpi e dei silenzi, delle attese e delle parole taciute. È il film di un regista che guarda al passato per comprendere il presente, e che nel farlo costruisce una delle più intense riflessioni contemporanee sulla memoria dell’Europa dell’Est e sul fragile confine tra storia e identità

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