lunedì 22 dicembre 2025

Father Mother Sister Brother - Jim Jarmusch

tre storie diverse, in posti diversi, con interpreti diversi, quello che accumuna tutti è un disagio esistenziale, un padre che vive alla giornata, una madre che non è mai stata capace di dare calore umano alle figlie (se non il calore del tè), un fratello e una sorella che hanno perso i genitori e cercano di elaborare il lutto, ricordando la vita con i genitori.

come già in Paterson, Jim Jarmusch non fa un cinema urlato, ritrae la vite semplice e complicata, con ironia e anche con le difficoltà che sono parte della vita.

tutti sono bravi, ma sopratutto Tom Waits e Adam Driver, nel primo episodio.

visti i produttori è praticamente un film europeo, senza sparatorie ed eroi sopra le righe.

un film da non perdere, nessuno se ne pentirà.

buona (triste eppura viva) visione - Ismaele

 

 

 

..il film è essenziale, coerente con quello che racconta. Ogni inquadratura respira, ogni spazio ha il tempo per diventare naturale. Non c'è nulla di superfluo, nulla che distragga dal cuore del racconto: le relazioni, la memoria, il tempo che passa e che cambia le persone, anche quelle più vicine a noi, anche se non ce ne accorgiamo...

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Attraverso tre splendide, amare storie di famiglia, ma soprattutto di legami ormai compromessi e latente solitudine combattuta segretamente, Jim Jarmusch torna in regia con un film splendido, ben raccontato, ben diretto, in cui i tre racconti riescono anche argutamente a convergere per concetti (mi sento molto a "desolandia", si dice in ognuna delle tre storie), elementi (l'acqua in particolare con cui ci si domanda se sia opportuno effettuare un brindisi) od oggetti (un Rolex vero, sempre spacciato per finta in ogni storia)…

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…Cast di prima scelta che incarna alla perfezione tristezza e ironia, dal vecchio padre ancora bisognoso di aiuto economico (Tom Waits), a Charlotte Rampling, la madre scrittrice tranquilla e sorridente, ma sostanzialmente asettica, ai gemelli Luka Sabbat e Indya Moore, forse perché i genitori non ci sono più sembrano i più legati loro da autenticità affettiva.

Ognuno dei personaggi ha un mondo che non traspare, se non per brevi tratti, e un vissuto che non si fa percepire se non per flash. Quel che sopravvive di un dialogo forse assente da sempre, è lo spaccato desolantemente vero della famiglia, dei suoi silenzi, delle sue vite trascorse vicine senza conoscersi. Quel lungo non detto, anni e anni passati sapendo poco e forse neanche quel che conta, hanno creato quello strano volersi bene che chiamiamo famiglia, quel diradarsi degli incontri, quel pensarsi da lontano e non riconoscersi da vicino.

Il minimalismo di Jarmusch dà la giusta lentezza alle immagini, il silenzio è la cifra più coerente con quanto accade nel mondo, dove si è soli, famiglia o no. Pessimismo? No, piuttosto spleen.

Come arginarlo? I due ragazzi sanno gli effetti dello spinello (ma lo chiamano in altro modo, le mode vanno avanti); le due sorelle si raccontano qualcosa, “un po’per celia e un po’ per non morire”, non hanno neanche letto i romanzi della madre, donna che sembra del tutto indifferente alla cosa, infatti regala alle figlie non un libro ma dolcetti. Il vecchio padre è alle soglie della demenza senile e i figli lo guardano con filiale pietà.

Father mother, sister brother segna cronologicamentele tappe, dal vecchio al giovane, come Le tre età della donna di Gustav  Klimt, ma senza rame, argento e oro.Le tre storie aprono con il vecchio e, passando per la mezza età, conducono ai giovani. Senza lustrini, i colori della vita sfumano tutti al grigio.

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Le tre parti di questo magnifico affresco hanno l’apparente intimità, delicatezza e pacatezza della musica da camera nel descrivere quadretti famigliari apparentemente innocui e insignificanti ma, a un ascolto attento, rivelano in realtà la monumentalità, solennità e apoteosi sonora tipica di un’opera di musica sinfonica nel restituire la tesi iper-pessimistica del regista sulla disgregazione dei rapporti famigliari. E ad ammorbidire e rendere visibile il tutto c’è la bellezza delle inquadrature e la cura delle immagini, che si fondono alla perfezione con le prove di recitazione magistrali di Tom Waits, Adam Driver, Cate Blanchette, Vicky Krieps e Charlotte Rampling…

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Si è scritto e detto tanto negli ultimi mesi su Father Mother Sister Brother, a partire dall'assegnazione del Leone d'oro, considerato più un premio alla carriera a Jim Jarmusch, che non una celebrazione dell'opera e dei suoi raffinati ma incisivi intenti. In realtà c'è davvero molto di più tra le maglie, i silenzi e le parole socchiuse della diciassettesima regia accreditata dell'autore statunitense. C'è tutto un mondo, anche il suo – cinematografico – fatto di contraddizioni e anime opposte e complementari di cui quest'opera rappresenta la silenziosa summa. Da una parte il Jarmusch giocoso e irriverente di Taxisti di notte, dall'altra quello più spirituale e complesso di Paterson. Il risultato è un'opera ibrida e spiazzante e per le ragioni più inattese; forse perfino il film più maturo e intenso che il cineasta abbia realizzato negli ultimi vent'anni. O forse no, solo il tempo potrà dircelo; intanto, godiamocelo.

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