domenica 3 gennaio 2021

Smetto quando voglio: Ad honorem - Sydney Sibilia

finisce la trilogia della banda di ricercatori che avevano cercato una strada nel mondo.

e gli tocca salvare il "sistema", quello che li ha fatti soffrire.

ma loro sono buoni, degli eroi in un popolo che ne ha bisogno.

peccato finire, ma tre episodi sono giusti, è stata evitata una serie stanca, magari in più stagioni, Sydney Sibilia merita un applauso anche per questo.

guardate il terzo episodio e godetene tutti, non ve ne pentirete, promesso - Ismaele

 

QUI il film completo


 

Mentre all’interno della finzione questi ultimi riescono a diventare eroi, il messaggio cinico e satirico verso la nostra società che non premia i meritevoli consegna allo spettatore un misto di malinconia per la fine dichiarata della saga insieme a una speranza per un corso virtuoso del cinema italiano dal punto di vista della produzione.

Una produzione italiana in qualche modo necessaria e che mantiene le caratteristiche della nostra commedia raccontando temi sociali vicini ed attuali ma li eleva con un respiro cinematografico più ampio, combinando divertimento e riflessione, osando finalmente andare oltre le logiche economiche solite e puntando a creare un ciclo che si affermi e dia nuova linfa a un cinema che ne ha bisogno.

da qui

 

Secondo il regista la saga era concepita già per tre film che pur mantenendo una fortissima base di commedia doveva andare in tre direzioni differenti, con esperienze cinematografiche diverse. Nel primo una commedia all’italiana classica, che attingesse a piene mani dalle serie tv di quel momento. Nel secondo l’idea d’azione poliziottesca e western all' italiana con i sequel americani degli anni Ottanta e Novanta. Nel terzo le regole sono cambiate ancora, in una sorta di Fuga da Alcatraz.

Ad honorem
 rispetta in pieno la tradizione degli epiloghi delle trilogie classiche, rispondendo alle domande nei film precedenti, chiudendo così il cerchio in questo definitivo faccia a faccia tra i buoni e un super cattivo, Mercurio, spietato e senza scrupoli, ma anche realistico, portando la saga a un livello dark.

La saga di Smetto quando voglio è stata per tutta l’industria cinematografica l’occasione per misurarsi con un progetto ambizioso e complesso, pieno di accorgimenti tecnici raramente adottati dal cinema nostrano, che non ha nulla da invidiare in ambito internazionale, e che è stata premiata dal pubblico apprezzando un cinema popolare, divertente, ma anche colto.

da qui

 

Merito della saga di Smetto Quando Voglio è quello di aver creato un immaginario, tutto italiano, che pur prendendo a prestito generi che sono prevalentemente utilizzati all’estero, si mescolano con la nostra commedia migliore, ovvero quella fatta di attori, personaggi che nella loro comica impotenza di fronte alle circostanze, si industriano, in questo caso grazie anche altissime competenze accademiche che li caratterizzano. Se all’inizio era un incontro tra Breaking Bad e I Soliti Ignoti, la commedia in tre atti di Sibilia si è mescolata ancora con altri generi, rimanendo sempre profondamente legata all’identità dei personaggi, il vero punto fermo e forte della trilogia…

da qui

 

Che dire di questo capitolo conclusivo di quella che può essere considerata la prima saga italiana se non ripetere quello che si è già detto per i primi due? Innanzitutto è diverso l’orizzonte della storia. In Masterclass il ritmo è altissimo, come nel primo film, e riesce a dare quella sensazione di euforia adrenalinica che i personaggi sicuramente provano durante le loro imprese. In questo ultimo capitolo il ritmo cala leggermente in alcune parti, proprio perché siamo prossimi alla fine del racconto. Molti nodi vengono sciolti, e lo spazio dedicato allo studio dei cattivi, soprattutto su come lo sono diventati, occupa una parte considerevole ma mai eccessiva della trama. L’amore che Pietro prova per Giulia è sempre il motore della storia, il motivo per cui lui decide di smuovere la banda -ovviamente ingannandoli…

da qui


Nessun commento:

Posta un commento