mercoledì 10 giugno 2020

Yeralti - Zeki Demirkubuz

il film è basato su una storia di Fedor Dostoevskij, uno scrittore profondo come pochi.
il protagonista è Muharrem, un uomo con qualche qualità, che odia il mondo, corrisposto.
passa una vita d'inferno, solo, si ubriaca, va a puttane, rompe con la sua donna delle pulizie, odia, corrisposto, gli amici.
in questa deriva si ferma ogni tanto a pensare, e vede e capisce perfettamente la discesa continua e irreversibile verso un pozzo senza via d'uscita.
un bel film, non adatto ai depressi e a chi riscorre il cinema d'evasione, per tutti gli altri è consigliatissimo - Ismaele

ps: negli anni '80 ha passato tre anni in galera, tortura compresa (qui), e anche adesso non sono bei tempi per la gente onesta, come spesso capita agli artisti, in Turchia.





Influenzato da Dostoevskij di cui riprende idee e tematiche, Dermirkubuz sviluppa così una personale riflessione sull’uomo e i dilemmi che ne caratterizzano la condizione esistenziale.Inside, vincitore a diversi festival arabo-asiatici e presentato (tra gli altri) al Film Festival Turco di Roma 2012, non fa eccezione, rendendosi anzi il suo lavoro maggiormente segnato dall’opera dello scrittore russo. Attualizzando Memorie dal sottosuolo – e in particolare la seconda parte, A proposito della neve bagnata – il regista mette in scena il declino interiore di Muharrem, impiegato quarantenne colto e intelligente, la cui inadeguatezza alla vita lo porta a covare un senso di odio e di costante invidia verso il mondo, in primis gli amici e la domestica, conducendolo a una depressione causa di azioni (auto)lesive sempre più degradanti. Lo sguardo di Dermirkubuz si incolla al protagonista, rendendo così lo spettatore muto e inerte testimone, vittima a sua volta del lento abbrutimento del personaggio, accentuato a livello visivo da una fotografia livida e quasi esclusivamente notturna e dall’uso del grandangolo a sottolineare il suo disagio ed estraneità da ciò che lo circonda….

Based upon Dostoyevsky's 1864 novella Notes from Underground, Demirkubuz’s consummately crafted, blackly comic character study takes us on a discomfiting journey through a literally barking mad Ankaran civil servant’s crumbling psyche, following him as fantasy, memory, and experience blend in and out of each other against a backdrop of cosseted potatoes, put-upon widows, nefarious landlords, vulnerable prostitutes, larcenous writers, and drunken former friends. Engin Günaydin’s unsettling central performance, Demirkubuz’s expressive mise en scène, and Türksoy Gölebeyi’s dreamy photography combine to decidedly potent effect.

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