sabato 14 marzo 2020

Te doy mis ojos – Iciar Bollain

un film che mostra un quadretto di vita di una coppia dove la violenza è frequente e la paura della violenza è costante e senza fine.
e dimostra che Antonio non è un violento assoluto, è, dice lui, innamorato e geloso, ma non riesce a controllarsi.
Pilar non lo lascia per il ricordo del loro amore, per amore del bambino, soffre, quasi si vergogna a parlarne.
la vita di Pilar è un inferno, Antonio alterna momenti tranquilli a momenti violenti, la partecipazione al gruppo di uomini (malati) che non riescono a relazionarsi a una donna senza sopraffarla, sotto la guida di uno psicologo, serve a poco.
al tempo del film del femminicidio non esisteva ancora il nome, la violenza sì che aveva il nome, è nelle case che succedono la maggior parte dei drammi.
il film non mostra la violenza, che sappiamo che esiste, si respira (solo!) la paura di Pilar, e le violenze non sono solo fisiche, sono psicologiche, sono le terribili parole che feriscono, che annientano, che fanno male, che non lasciano respirare, che uccidono dentro, che lasciano immobili e impotenti, che quasi non si riesce a pensare una via d'uscita.
poi si fugge, ma non si resiste, si viene ripresi nella trappola, per un malinteso senso dell'amore, per i figli, per la normalità.
insomma se pensi di goderti un film che fa ridere lascia perdere.
una regista di serie A, per la quale scrive Paul Laverty (lo sceneggiatore di Ken Loach), attori al meglio, che fanno male a chi vede il film.
ma se vuoi vedere un film davvero grande (e doloroso) non perdertelo.
buona visione - Ismaele 





QUI il film completo, in spagnolo



La regista madrilena (con un passato di attrice alle spalle) impagina un capolavoro che rapisce lo spettatore per l’intensa, lucida e commovente messa in scena. Bollain tratta lo spinoso tema della violenza all’interno delle mura domestiche in maniera non scolastica e convenzionale ed, invece, di mostrare il classico uomo rozzo e crudele che tiranneggia la moglie, con schiaffi e pugni, lima e sottrae al massimo la narrazione, regalando allo spettatore, una storia d’amore disperata e senza sbocchi dove non ci sono né vincitori, né vinti, né buoni o cattivi ma soltanto due anime che, pur amandosi, non possono vivere insieme. La regista non regala ad Antonio la faccia del cattivo ma lo descrive come un uomo insicuro, fragile ed infantile che adora la moglie ma è ossessivamente divorato dalla gelosia e dalla paura di perderla. Per tenerla legata a sé frequenta una terapia di gruppo per mariti violenti. Il terapeuta si limita a d ascoltare le sue storie e quelle degli altri pazienti e suggerisce loro, ogni qual volta sono sul punto di essere sopraffatti dal loro istinto violento, di pensare ai momenti in cui hanno trovato pace e serenità e di appuntarli su un quaderno. Antonio ce la mette tutta, segue alla lettera il suo consiglio ed annota sul suo quaderno un fiume di commenti e riflessioni, provando così a tenere a freno i propri impulsi violenti e distruttivi. Sua moglie è però sempre più libera, indipendente ed emancipata, il suo lavoro di guida turistica l’affranca sia da un punto di vista culturale che relazionale ed Antonio, modesto commesso in un negozio di elettrodomestici, non può che sentirsi inferiore ed inadeguato. Pilar non gli perdonerà l’ennesimo scatto d’ira e ad Antonio, solo e disperato, tenterà il suicidio. Non meno toccante la figura di Pilar, una donna coraggiosa, fiera e sensibile che non piega mai il capo e, pur di star al fianco del marito, ingoia umiliazioni, botte e mortificazioni, fiduciosa che, grazie al suo amore ed al trattamento psicoterapico, lui guarirà. Sola e senza amiche, nelle prime battute del film, deve lottare contro la madre (Rosa Marìa Sardà) che la critica per essere fuggita di casa e le ripete, come un disco rotto, che il suo posto è accanto al marito e successivamente contro la sorella che non le perdona di aver ridato fiducia ad un uomo manesco e violento. Dopo l’ennesimo scatto del marito, affranta ed addolorata, realizza che il suo sogno si è infranto e, mostrando maturità e forza d’animo, decide di vivere senza di lui. La regista lascia (volutamente) gli scatti di Antonio quasi sempre fuori campo e con questa sua scelta rende ancora più claustrofobica e pesante l’atmosfera che si respira nel film. Laia Marull e Luis Tosar, in stato di grazia, con la loro indimenticabile interpretazione, rendono ancora più struggente e pulsante la vicenda. Vincitore di sette premi Goya; miglior film, regia, attore protagonista (Luis Tosar), attrice protagonista (Laja Marull) attrice non protagonista (Candela Pena) sceneggiatura e suono.

Per le donne tra i 15 e i 44 anni la violenza è la prima causa di morte e di invalidità. Te doy mis ojos di Iciar Bollain analizza questa situazione attraverso Pilar e Antonio e le persone che li circondano: una madre che giustifica la situazione, una sorella che non capisce fino in fondo, ed un figlio che vede tutto ma non dice niente. Quando l'amore si trasforma in paura, controllo e potere in un inverno spagnolo che ricopre con un manto freddo e intimo le membra gelate di un passato funestato dalla violenza. Pilar scappa, ma continua a fare l’amore con lui, in un'unione solo fisica dai cuori asincroni. Scoperto il nascondiglio della moglie Antonio inizierà una pressante opera di riconquista, corteggiandola e riempiendola di pensieri affettuosi e regali per riportarla sotto il tetto coniugale, iscrivendosi anche ad un gruppo di terapia collettiva rivolto a uomini che maltrattano le proprie donne e cercando così di dare concretezza alle sue promesse di cambiamento. Un film onesto che mette in luce tanti meccanismi viziosi della violenza domestica: la tendenza all’ereditarietà del rapporto umiliante, con la madre di Pilar che invita la figlia a tornare comunque da Antonio per sopportare ogni prevaricazione come lei ha fatto con il defunto marito.

…The movie doesn't go in for elaborate set-pieces of beatings and bloodshed. He is violent toward her, yes, but what's terrifying is not the brutality of his behavior but how it is sudden, uncontrollable, and overwhelming. There is a time, after she has returned to him once again, where his anger grows and grows until finally he strips her down to a brassiere and shoves her out onto the balcony, to be seen by the neighbors, since after all that's what she wants, isn't it? To parade before strange men?
Laia Marull is powerful as Pilar, a woman who slowly, through hard lessons, is learning that she must leave this man and never see him again and not miss him or weaken to his appeals or cave in to her own ambiguity about his behavior. She may think (and some viewers of the film might think) that she is simply a victim, but when she returns to him, she gives away that game. She knows it's insane, and does it, anyway

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