lunedì 19 giugno 2017

La santa – Cosimo Alemà

le rapine e i furti andati male sono sempre affascinanti;
fra i film italiani di un po' di tempo fa mi vengono in mente La lingua del santo, di Mazzacurati, e il semisconosciuto, ma bellissimo, Qui non è il paradiso, di Tavarelli (con un eccezionale Fabrizio Gifuni), entrambi del 2000.
Specchia, paesino dov'è girato il film, un posto da consigliare ai peggiori nemici, si apre la caccia, degna dei peggiori incubi e abissi dell'animo umano. 
un colpo da niente, sicuro, fa scattare una trappola, e la scena dei lenzuoli è davvero terribile.
molte scene sono straordinarie, una su tutte la lezione del bandito con la pistola alle ragazze, una lezione di libertà che le ragazze non dimenticheranno mai più, ne sono sicuro.
non sarà un capolavoro, ma è un film davvero grande, ti affezioni ai ladri, forse fra gli ultimi umani.
non fatevelo scappare, si può vedere qui - Ismaele






…C'è qualcosa di Calvaire in questo piccolo bellissimo film, più di qualcosa di Padroni di casa, tantissimo dello splendido La Zona.
Ma le riflessioni di Alemà sulla piccola comunità non si fermano qua. Perchè è forse ancora più forte il pensiero sulla religiosità ottundente, quella che fa vedere il semplice furto di una statua come un motivo per uccidere ("non uccidere" sarebbe un comandamento, ricordiamolo), quella per cui l'ubriacatura religiosa, il conoscere soltanto quella realtà, può portare delle ragazze a privarsi persino di conoscere il proprio corpo, le proprie pulsioni.
Ma che bella la scena in chiesa, che bella.
In questa cornice di devastante ristrettezza mentale i 4 ladri si ritrovano ad esser braccati.
Del resto anche At the end of the day parlava di una caccia.
Non si può uscire da quel paese, come il giovane ragazzo non poteva uscire dalla Zona.
Non resta che dividersi e sperare in non so cosa.
Comincia così un film a 4 personaggi distaccati, ognuno con la propria fuga, le proprie vicende.
E Alemà ne approfitta per colorare il suo film (girato benissimo, recitato perfettamente e con un uso degli spazi e dei luoghi mirabile) di mille cose diverse.
Ogni scena una sfumatura diversa, adesso una fuga, adesso la tensione del nascondersi, adesso spruzzate di vita pugliese al limite del divertente, come tutte le scene nella casa della carnosissima ragazza (con quella radio che inneggia al trovare i colpevoli del furto) o quella del panettiere.
Alemà unisce il folklore, il crime, l'analisi sociale e, incredibilmente, riesce persino, in solo un'ora e venti, a date una tridimensionalità ai suoi personaggi quasi miracolosa.
Tutti e 4 i banditi diventano personaggi a tutto tondo, complessi, empatici, fatti e finiti.
Specialmente il fratello piccolo risulta quasi tragico, lui con la sua scarsa intelligenza, la sua bontà, la sua paura, anche sessuale.
Quel palpare quegli immensi seni alla donna svenuta non è scena comica, tutt'altro.
Sarò esagerato, ma c'è tenerezza, c'è profondità nei personaggi di Alemà.
Intendiamoci, a livello di plot c'è da storcere il naso più volte. La storia delle due donne che si mischia alla loro non sarebbe nemmeno quotata dai bookmakers, quello che i paesani fanno per vendicarsi è qualcosa che non potrebbe mai accadere, alcune fughe son gestite male (come quella, bellissima, tra gli olivi, prima venti persone dietro poi più nessuno).
Ma questo è uno di quei film che non vuole avere meccanismi perfetti perchè racconta di cose al di là del plot.

Avevo voglia di vedere un bel film come questo, me ne sono accorta nel momento che lo vedevo. Avevo dato per scontato certe emozioni soltanto rivedendo i vecchi film di Bava (“Cani arrabbiati” rimane per me il capolavoro capostipite di un certo genere), ma oggi con questo “La santa” ho avuto una rivelazione, terrò d'occhio Cosimo Alemà, questo è il cinema italiano che piace a me, che spero di vedere sempre più spesso, che consiglio a tutti.
 
Note personali: ho visto il film casualmente, mi ispirava, “mi ha chiamato” e io ci credo a queste combinazioni. Mentre lo vedevo pregavo che non peggiorasse, che non avesse dato tutto nella prima mezz'ora (e già si sarebbe beccato un 4 pallucce lo stesso), mi sono ritrovata alla fine in piedi, davanti allo schermo, con le mani al petto che dicevo “che spettacolo”, questa opinione mi era necessaria per far uscire tutta questa emozione arrivata così inaspettatamente.

La santa merita il nostro tempo, specie se siamo tra coloro che si lamentano della mancanza di varietà sul mercato nazionale o dell’ingenuità di buona parte delle produzioni indipendenti. Quindi se tu, spettatore, rifiuti di cercare, vedere e diffondere un lavoro valido come il film di Alemà, non hai più diritto di addossare le colpe di tutto a produttori e registi, perché sarà per gente come te se io un giorno dovrò recensire Amici di Maria De Filippi - Il film.


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