sabato 9 aprile 2016

Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles - Chantal Anne Akerman

un film di più di tre ore, e ci vuole tutto il tempo per provare a capire.
Jeanne, probabilmente vedova, vive con il figlio, e cerca di non fargli mancare niente, mangiare e dormire non gli manca.
Jeanne è stata istruita per quel compito, annullata in quel compìto.
non si dicono molto, convivono pacificamente, parlano davvero poco.
la regista Chantal Anne Akerman, 25 anni allora (è morta nel 2015), ha seguito la vita di Jeanne per tre giorni, tutto si ripete uguale, fino a che vedi, da qualche ripetizione a vuoto, come la sua anima, psiche o chissà cosa,  inizia a sbriciolarsi dentro una macchina che sembrava perfetta, come un vetro di un auto che inizia a incrinarsi, e poi la fine è nota.
i silenzi, le attese, i movimenti parlano come non mai.
immedesimati in Jeanne, anche un bottone o delle patate potrebbero diventare il proiettile nel buio che fa esplodere il cervello.
poi ci sarà una forma di libertà, forse.
questo piccolo capolavoro non è mai passato nei cinema, almeno in Italia, così va il mondo.
tu cercalo, non te ne pentirai - Ismaele

ps: Delphine Seyrig è straordinaria (ascoltala qui)




Quello di Jeanne è un silenzioso urlo verso il mondo esterno ma, soprattutto, un richiamo d'aiuto nei confronti del figlio, come se ella possa finalmente palesare al suo sguardo inavveduto, il reale disagio accumulato nel tempo. Un'espediente certamente estremo, ma forse l'unico conseguibile affinché Jeanne possa finalmente tornare a riconoscere le emozioni della vita. A vivere, seppur consapevole delle conseguenze che tale gesto potrà comportare... ma vivere.
...Lunghissima ed estenuante nei suoi (non) ritmi compassati, è una pellicola, a suo modo, decisiva, politica e di grande spessore sociale: femminismo, disincanto, noia e violenza sono gli ingredienti principali di un film che non si dimentica. Quasi mai, in precedenza, si era visto sul grande schermo un ritratto così potente di una donna oppressa tra le mura della propria casa.

…Al centro di quest’opera straordinaria, una donna comune, la Jeanne del titolo, casalinga che vive col figlio e che di tanto in tanto si prostituisce per arrotondare. La regista la segue lungo tre giorni nel suo vivere quotidiano, nel perpetuo ripetersi delle stesse cose, nei rapporti col figlio, i parenti, i vicini e i clienti, nel vuoto della sua vita. Film agghiacciante e intensissimo nonostante le scelte anti-narrative e registiche, scritto dalla stessa Chantal Akerman, che sceglie una modalità di discorso e una forma cinematografica mai vista prima, scavando sanguinosamente nel profondo del personaggio e dello spettatore…

"Jeanne Dielman" non è mai stato distribuito in Italia, forse perchè ritenuto un film poco commerciale (è disponibile su Youtube con sottotitoli in inglese), ma col passare degli anni molti critici hanno gridato al capolavoro e diversi registi come Alain Tanner, Gus Van Sant o Todd Haynes l'hanno citato fra i loro preferiti. Si tratta di un'esperienza cinematografica assolutamente unica e peculiare che va ammirata per il rigore del suo linguaggio e l'originalità di una visione che riesce a sovvertire i canoni della normale rappresentazione filmica; sicuramente è un film che richiede un pubblico attento e preparato, poichè lo spettatore non avvezzo potrebbe facilmente annoiarsi a morte o non reggere la visione del film (la durata resta estremamente impegnativa anche per quelli, come me, a cui è piaciuto). Delphine Seyrig è una presenza affascinante ed enigmatica come in "L'anno scorso a Marienbad" di Resnais, è presente in ogni scena del film, ma non ha moltissime occasioni per recitare, almeno non nell'accezione comune del termine (ma il suo sguardo comunica comunque molte emozioni del vissuto di questa donna).


no cabe duda que la propuesta de Akerman se presenta como un magistral ejercicio que consigue llevar a la pantalla la sensación de asfixia vital de un personaje enclaustrado en la alienante monotonía que impera entre las paredes de su minúsculo apartamento: dormitorio, cocina, baño, recibidor y comedor a través de los cuales la cámara de Akerman filma los movimientos de la protagonista en impertérritos planos generales, como si de un ratón de laboratorio observado por la mirada curiosa e implacable de un grupo de científicos se tratara…

Chantal Akerman's Jeanne Dielman, 23 Quai du Commerce, 1080 Bruxelles has been notorious for so long, mainly because of its extreme unavailability on video, because of its lengthy running time, and because seemingly nothing happens in it. But now that it has been officially released, on a Criterion DVD no less, all those things become unimportant and the film itself can now be seen for what it is: a masterpiece…

Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles is Chantal Akerman’s masterpiece, a mesmerizing study of stasis and containment, time and domestic anxiety. Stretching its title character’s daily household routine in long, stark takes, Akerman’s film simultaneously allows viewers to experience the materiality of cinema, its literal duration, and gives concrete meaning to a woman’s work. We watch, for three hours and twenty-one minutes, as Jeanne cooks, takes a bath, has dinner with her adolescent son, shops for groceries, and looks for a missing button. Each gesture and sound becomes imprinted in our mind, and as we are lulled by familiar rhythms and expected behavior, we become complicit with Jeanne’s desire for order. The perfect parity between Jeanne’s predictable schedule and Akerman’s minimalist precision deflects our attention from the fleeting signs of Jeanne’s afternoon prostitution. They nevertheless loom at the edge of our mind, gradually building unease. Jeanne Dielmanconstitutes a radical experiment with being undramatic, and paradoxically with the absolute necessity of drama…

…Ce n’est pas un film pamphlet, par contre, car avant d’être tout ça, il est, ce que je disais, le portrait complet d’un personnage. Le propos est inhérent au récit de Jeanne, non l’inverse. Le propos est inhérent de la solitude, de la fatigue, de l’ennui, du désœuvrement et de l’apathie de cette personne ; de la réalité présentée, non d’un manifeste.
Vu ainsi, le film n’est plus réductible qu’à cette idée d’une routine de trois heures et demie. Les scènes, aussi inoffensives semblent-elles, servent à étayer le personnage. Tout comme l’est la répétition inhérente au film (présenté une fois, un événement est unique, deux fois, il se répond, trois fois, il est répétition).
Ce n’est donc pas non plus qu’un film concept. Ce n’est pas un film qui se comprend qu’à son concept et, qu’on le veuille ou non, la durée est ainsi complètement justifiée.
JEANNE DIELMAN est peut-être effectivement un emblème du cinéma féministe et, ce, avec raison. C’est un film facilement utilisable comme emblème en partie parce que c’est aussi l’une des œuvres les plus pertinentes et porteuses sur le sujet.
Tant qu’on le limite pas à ce dit emblème parce que, au-delà du propos, au-delà de l’idéologie et au-delà du radicalisme (de la durée, si vous voulez), JEANNE DIELMAN est un film qui transcende l’idée qu’il porte.
Transcende le film féministe, transcende le film politique, transcende le film de jeunesse. Il l’est, tout ça, mais pas que.
Transcende l’emblème, si vous voulez.

7 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. " tutto si ripete uguale, fino a che vedi, da qualche ripetizione a vuoto, come la sua anima, psiche o chissà cosa, inizia a sbriciolarsi dentro una macchina che sembrava perfetta, come un vetro di un auto che inizia a incrinarsi"... E qui c'è tutto! Grande pezzo, Ismaele, per un grande film da annali della storia, tre ore, ma volano, almeno per me è stato così. Grazie per la citazione :)

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    1. per la citazione : noblesse oblige :)

      e non bisogna smettere di ricordare Delphine Seyrig, senza di lei darebbe stato un film "normale", dà l'anima a Jeanne, la rende viva.

      e quando la vedi e la senti cantare ti commuovi...

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  3. ci credi che ancora lo devo vedere questo film? Ne lessi una recensione tempo fa e volevo recuperarlo, ma che aspetto ancora xD

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  4. Così, a primo acchito, è un po' Dillinger è morto. Dunque bene!!!

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    1. di secondo acchitto non direi, ma benissimo lo stesso :)

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