mercoledì 6 gennaio 2016

Post Tenebras Lux – Carlos Reygadas

dentro c'è molto, alcune parti sono di una bellezza grandissima, è chiaro che il resto sembri solo normale.
e dentro c'è anche il mistero, non si può e si deve voler capire tutto, si guardino i primi minuti, dove non sai se sono i cani o la bambina a tenere la macchina da presa, il regista scende alla loro altezza, si immerge in quello spazio, in quei momenti, non capire, guarda.
Carlos Reygadas si prende com'è, fa pochi film, e buonissimi, come anche Japon, altro film inclassificabile (per fortuna).
cercatelo, è un film da non perdere - Ismaele






Post Tenebras Lux" di Carlos Reygadas è portatore di un paradosso apparentemente insuperabile che consiste nell'opporsi a qualsiasi tentativo di riducibilità. Una tendenza non certo nuova per gli habituè del regista messicano, da sempre frequentatore di storie che sembrano nascondersi dietro le suggestioni di un'impalcatura visiva tanto bella quanto misteriosa. La rarefazione di senso attuata con metodica sistematicità non accenna a diminuire nel suo ultimo lavoro, ambientato nella natura bucolica dell'entroterra messicano dove prendono forma le vicissitudini esistenziali di una famiglia borghese in fuga dalla civiltà, e quelle molto più pratiche degli abitanti della comunità locale, costretti a sopravvivere ricorrendo ad una vita d'espedienti. Una convivenza apparentemente riuscita ma in realtà chiamata a fare i conti con pulsioni di segno opposto che vedono le ragioni del conflitto nel confronto tra le frustrazioni di un menage matrimoniale arrivato al capolinea, e la disperazione di coloro che non hanno più nulla da perdere…

Quello che la prima volta mi era sembrato un rompicapo inafferrabile, un cubo di Rubik lanciato sulla testa di noi poveri spettatori, al successivo e secondo impatto mi si è svelato finalmente. In realtà in Post Tenebras Lux una storia c’è, ed è quella di una famiglia della borghesia colta messicana, lui, lei e due figli piccoli, un maschio e una bambina, ritiratasi in una casa in campagna, in una zona al limite del selvaggio. La coppia è in crisi, ma il peggio verrà da altri, dall’esterno, dalle relazioni con gente della comunità locale. Succederà qualcosa di tragico, che spezzerà non solo gli equilibri familiari, ma anche quelli extradomestici. Solo che Reygadas applica a questa narrazione quello che un critico di LesInrocks ha felicemente definito ‘modalità shuffle’, ha preso i singoli blocchi di racconto e li ha rimescolati a caso. Il risultato è che ogni ordine narrativo e temporale viene infranto, sicchè capita di vedere i figli già grandi (la scena della partita di rugby, quella della festa con la nonna) e poi piccoli, e così via. Più che di decostruzione, qui si dovrebbe parlare di demolizione. Come entrare in certi siti archeologici dove le rovine sono accumulate e scompostamente miscelate, e a te tocca ricostruire mentalmente come potessero essere in origine gli edifici, gli archi, le strade…

Post tenebras lux è un film pesantissimo.
Ma non di quel "pesante" che chi ha sempre poche parole per il cinema è solito usare spesso (insieme all'insentibile "fatto bene"). La pesantezza di questo film ha qualcosa di trascendentale, di sovrumano. Facciamo fatica durante la visione ma non tanto per quello che vediamo (anche se, per chi non è avvezzo al genere, conta anche quello) ma soprattutto perchè Reygadas grazie alla regia, grazie a qualche "trucco" (i contorni sfocati dall'effetto straniante), grazie a due scene emblematiche (il cultissimo diavolo fosforescente e l'autodecapitazione irreale) ma soprattutto grazie ad una fotografia pazzesca e a delle location quasi metafisiche ci porta in una dimensione altra, non solo umana, minacciosa, ancestrale…

Post Tenebras Lux è un capolavoro.
Mi correggo: se finisse dopo i primi 10 minuti, sarebbe un capolavoro. La prima scena potrebbe essere tratta dal nuovo film di Terrence Malick e la seconda scena potrebbe essere presa dalla nuova pellicola di David Lynch, se mai si ricorderà di essere un grande regista prima ancora che un cantante così così.
Meraviglia e genialità. Lampi di grande cinema. Letteralmente lampi, considerando come la prima scena sia ambientata nel corso di un temporale. Forse però avrebbero dovuto intitolarlo Pre Tenebras Lux. La luce arriva subito all’inizio. Il meglio è tutto lì. 10 minuti di cinema pazzesco. Il resto è a un livello inferiore, ma non è da buttare. Resta un po’ di delusione addosso perché, dopo una partenza tanto folgorante, ci si ritrova poi nel mezzo di un pasticcio autoriale e ciò sia inteso sia in senso negativo sia in positivo. Post Tenebras Lux è un casino. Uno di quelli in cui è bello perdercisi, anche perché non si può scegliere di fare altrimenti. Si può solo restare impotenti dall’imponenza della rappresentazione del regista messicano Carlos Reygadas. Alcune scene apparentemente non hanno senso. E forse non solo apparentemente. Altre scene sembrano solo slegate dal resto, montate in una maniera non tradizionale. Qualcuno ha detto montate a caso? Non io.

Il bello dei film come questo, i film d’autore, i film creativi, i film senza senso, è che puoi dargli tu un senso e sentirti intelligentissimo. Probabilmente poi l’autore intendeva tutt’altro, cose che proprio non c’entravano niente con i viaggi mentali che ti sei fatto tu, però non importa, no. Una volta che un autore dà in pasto al pubblico la sua opera può salutarla con una manina, perché ormai non è più sua, è di tutti…

Post tenebras lux è opera che si disperde, che si lascia pensare da mondi differenti e in sé accoglie forme contraddittorie e difficilmente conciliabili di pensiero. E’ cinema che registra forze e vettori che costringono il reale, guardando il vero prostrarsi allo stereotipo, è un dispositivo che proietta lo stringersi di immaginario e simbolico intorno all’uomo, opera degli opposti, che insieme segue discorsi macchiettistici, possibilmente ridicoli e guarda a questioni non riducibili, a punti interrogativi indeterminati. E’ la traccia di una dialettica sociale nel Messico d’oggi, la rifrazione scomposta dei conflitti tra tradizione e colonizzazione, tra contingente e mito, la luce che riflette in superficie la tenebrosa ricerca di se stessi e insieme l’esercizio violento della sovrastruttura…

chez Reygadas le principe est simple : tout le monde est coupable et sera donc puni. Du coup pas vraiment de surprise, et malgré la beauté de la photo et l'artillerie lourde sortie en matière de symbolique (le passeur d'âmes sur sa barque, l'arbre coupé en pleine vigueur, qui chute par trois fois, l'hallucinant plan final...), Reygadas a bien du mal à embringuer le spectateur dans son nouveau trip fantasme / culpabilité / punition divine. Dommage, car on aurait aimé croire à cette histoire de crépuscule de deux couples et de renaissance à la vie. Si seulement l'auteur s'était intéressé à ses personnages en leur donnant un peu de substance, au lieu de juste les condamner par avance. Étirant lui aussi son récit, comme bon nombre de prétendants cannois du cru 2012, en des longueurs interminables et inutiles, il donnera du coup envie à certains de se faire subir le même sort que le personnage du fameux et inoubliable dernier plan.

…Efectivamente, todo parecía indicar que el cineasta mexicano seguiría la senda de la madurez y del éxito de crítica que le supuso su anterior cinta, aunque decidiese radicalizar algunas de sus preocupaciones artísticas. Y esta hipótesis parece cumplirse al comenzar la película, con unos primeros minutos arrolladores. Una niña camina de forma esporádica en medio de un valle, acompañada por animales variopintos. Un cielo cada vez más recargado, anunciando la oscuridad y la tormenta, pesa como una losa sobre la mitad inferior del encuadre, ocupada por las mencionadas criaturas, el barro y la verdura. La cámara persigue ansiosamente sus movimientos, en una composición angular que extiende la profundidad de campo hasta el infinito. Toda esta secuencia en definitiva es un prodigio visual, casi inmediatamente trascendental. Sin embargo, enseguida advertimos un primer síntoma de preocupación: Reygadas distorsiona la lente y desenfoca y duplica los márgenes del cuadro, con un efecto óptico que permanece a lo largo de casi todo el metraje. Una de las justificaciones que podrían esgrimirse a este recurso es la percepción onírica o nebulosa que se le quiere imponer al espectador respecto de esta historia. Pero el resultado acaba siendo que dicho espectador preste más atención a los extremos de algunos planos antes que a su contenido central, normalmente más relevante. Con esto se incumple una regla esencial, cual es que la cámara no llame la atención sobre si misma, y se establece además una especie de barrera entre la pantalla y el público, dificultando el seguimiento de una trama de arranque igualmente prometedor pero de desarrollo progresivamente incomprensible…

Reygadas gira in 4:3, utilizzando spesso una lente leggermente grandangolare che sfoca e raddoppia ciò che è ai margini dell’inquadratura, fotografa natura e persone con una fortissima capacità evocativa ed emozionale. Lo testimonia la straordinaria sequenza d’apertura, lo confermano numerose altre scene.
Alle capacità registiche, Reygadas poi aggiunge alcuni tocchi d’ironia (il diavolo che appare porta con sé una cassetta da lavoro) ed è capace di collegamenti e ragionamenti non banali. Perché forse oggi qualcuno si deve prendere la briga di ricordare che le azioni portano con sé delle conseguenze. Che si taglia un tronco alla sua base, quando poi l’albero cade la colpa è nostra.
E fermo restando il suo essere ostico e a tratti pretestuoso, presuntuoso nel non sciogliere nodi che forse è incapace di sciogliere, Post Tenebras Lux non ci permette di restare indifferenti al suo essere oggetto misterioso e perverso, alla sfida che ci lancia e che non possiamo non raccogliere. Quale che sia l’esito.
Rimane il fatto che Reygadas è un talento, anche se maggiore concretezza gioverebbe a lui e a noi.

Carlos Reygadas no tiene miedo de utilizar una cámara en mano, de trabajar con no-actores, que ya no son ni naturales ni acartonados, sino que sólo son como se van desarrollando en la cinta; no teme a la falta de pulcritud en su realización; y sin embargo, detalla sus encuadres, elige un lente que cambia la percepción de la imagen y sigue mostrando una forma de contar, utilizando los planos de manera que pocos directores exploran, procurando hacer una película que apela a la emoción y que no puede ser cuestionada.
Post Tenebras Lux deja un extraño sabor de boca, que no es posible describir con apelativos ni piropos, es el reflejo de la mente de un ser humano, que tiene la posibilidad de producir y reinterpretar su percepción del mundo, y mostrarla.

Chaque image est sidérante de beauté. Chaque plan, chaque photographie est hypnotique à souhait. Une hypnose qui bloque les personnages dans les ténèbres dans lesquels ils se sont embarqués. Et qui sait, la lumière ne survient qu’après la mort… Deux mondes différents mais qui ont en aucun les obstacles de la vie passée et présente. Remarquons que, dans chaque plan, il y a un double effet aux extrémités et en haut. Effet de flou et effet de doublage de l’image. Ainsi, le monde dans lequel nous vivons est déjà le pays des ténèbres.
Au milieu, image traditionnelle. Mais avec une photographie sublime. La lumière des films de Terrence Malick en sens inverse (donc en lumière sombre et angoissante). Et c’est là que vient la difficulté pour le spectateur de trouver la lumière. Car elle n’existe pas dans les plans. Nous sommes alors pris avec les personnages dans cette traversée des ténèbres, afin de rechercher la lumière qui va les délivrer. Celle qui délivrera l’homme de tous ses soucis : maladie, désillusion, rivalités, travail, silence, etc…



2 commenti:

  1. Ho fin timore a rivederlo per quanto mi aveva estasiato! "Reygadas fa pochi film, e buonissimi"... Totalmente d'accordo ;)

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