martedì 25 febbraio 2014

Parada - Srdjan Dragojevic

una commedia costruita con una sceneggiatura che ti cattura, non te ne stacchi più.
la fantasia è almeno pari alla realtà, tutto è già successo.
il film sorprende per la sincerità dei personaggi, per l'ironia, e anche più, per lo spirito balcanico, dove le mezze misure sono bandite, tutto è eccessivo, e perfetto per chi ha la fortuna di non perdere "Parada" - Ismaele 




Parada è una scatenata, irresistibile commedia che non si ferma di fronte a niente, che mette in campo e in scena, con il filtro dell’ironia e dello sberleffo, il repertorio più inquietante dell’anima profonda balcanica: il culto maschile e maschilista della forza bruta, il delirio della violenza e del sangue che ha trovato nelle guerre post-jugoslave la sua espressione esemplare, l’amore feticistico per le armi da fuoco e per le lame, la passione smodata per l’alcol e per la musica fracassona simile a una scarica di kalashnikov. E che mette in scena, anche, l’oscura, inconfessata fascinazione che tutto questo riesce ad esercitare…
…Altro che manifesto politically correct, qui si osa mettere in scena una scorrettezza al limite dell’oltraggioso e spalancare finestre sull’abisso. Onore al regista Srdjan Dragojevic, che è riuscito a mettere insieme una narrazione di strepitosa ricchezza e complessità, il che è le negazione della piattezza e dell’unidimensionalità del classico film militante, di ogni militanza…

… Dragojević riesce di nuovo a raccontare una tragedia, facendo anche ridere - a volte molto amaramente - con alcune battute sagaci, specie nei dialoghi tra gli ex combattenti (Limun rivolgendosi ad Azel: 'Hei, sai cosa sono le minoranze sessuali?' Risposta: 'Sì, siete voi, i serbi!'; Halil, vedendo insieme Limun e Niko: 'Ah ah ah, ma guarda qua, un cetnico! Un ustascia! Vi manca solo un frocio!!!', e Limun e Niko si girano verso Radmilo che fa ciao ciao con la manina).
Insomma, Parada, una tragicommedia sociale come l’ha definita Dragojević stesso, sta girando con buon successo per i vari territori della ex Jugoslavia, portando avanti il suo discorso di tolleranza e di difesa dei diritti umani, perché al di là di tutto è questo ciò di cui parla il film. Diritti umani, diritto alla libertà, diritto all’esistenza, in una regione, quella balcanica, ancora così indietro rispetto a questi temi, tuttora oggi protagonista di scontri violentissimi contro i manifestanti ai gay pride che ostinatamente ogni anno si cercano di organizzare in questi giovani Stati.
Purtroppo il percorso da fare è lungo.
Bihac ieri ha dimostrato la sua inciviltà, il suo primitivismo, l’ignoranza specialmente delle persone più giovani, quei ventenni che dovrebbero essere il futuro di questo Paese, al cinema. Risate, battute volgari e violente, schiamazzi… E’ stato difficile non alzarsi in sala e mandare tutti quanti a quel paese.
Non so se chi ha visto questo film ieri sera abbia scelto cosa andare a vedere, con consapevolezza. Ma mi atterrisce ancor di più pensare che queste persone, questi barbari, siano andate apposta al cinema per farsi due risate guardando i froci. E quello che hanno visto probabilmente non li ha soddisfatti, perché qui – con la massima bravura e intelligenza di Dragojević – le poche scene di contatto fisico sono di una delicatezza assoluta…

Srđan Dragojević scrive una sceneggiatura furiosa, pensata assistendo alla televisione agli eventi legati al gay pride di Balgrado del 2001, interrotto dalle violenze degli oppositori, che fecero numerose vittime. Trenta gli arresti, zero le condanne. Nemmeno un pur formale stigma da parte del governo. L’edizione del 2009 non venne nemmeno autorizzato a causa delle minacce da parte delle organizzazioni di estrema destra. Quello del 2010, il secondo tenutosi davvero, vide 1000 partecipanti difesi dalla polizia da 6000 violenti oppositori) che sposta continuamente il punto di vista da un personaggio all’altro garantendo al film un ritmo sostenuto che porta alla conclusione dei suoi 115 minuti in un soffio. Soprattutto, sceglie di raccontare la sua storia in chiave di commedia, calcando i toni sulle situazioni, optando spesso per lo stereotipo e trasformando a tratti i suoi personaggi in macchiette, con i personaggi positivi sopra le righe per ricordare che siamo in zona commedia e quelli negativi in piena chiave grottesca per metterne ulteriormente in risalto ignoranza e grettezza. Sbagliato? No, funziona e diverte. In fondo lo stereotipo è la ricetta per molte commedie contemporanee e non. Ma vale la pena di rimarcare come Dragojević, con i suoi sei film girati negli ultimi vent’anni, alcuni decisamente controversi, sia un fenomeno commerciale nel suo Paese, cosa che attribuisce a questo film un peso politico, grazie alle sue 350’000 entrate tra Serbia e Montenegro.
Girato in località segrete (in vari Paesi della ex Yugoslavia) a causa delle minacce ricevute dal regista,Parada non è certo un capolavoro e l’abbondante utilizzo di luoghi comuni gli alienerà qualche simpatia. Ma rimane certamente un film importante per ciò che narra e soprattutto per il luogo in cui la storia si svolge.

Nella seconda parte il racconto scivola via meglio, con più naturalezza, dando al film un ritmo più gradevole. Interessante risulta il racconto dei caratteri legato agli animali. Radmilo è un veterinario, Limun ha un cane che adora, il croato Roko è molto legato ad un asinello. Nel momento in cui gli ex soldati hanno a che fare con i loro animali dimostrano il loro lato più sensibile, quasi materno, avvicinandosi a Radmilo che, in quanto veterinario, in qualche modo diventa un simbolo, conquistando la loro stima. In conclusione il film può essere giudicato con due soli aggettivi, che racchiudono tutti i pro e i contro del film: semplice e diretto.
da qui

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