mercoledì 21 agosto 2013

Aleksandra - Aleksandr Sokurov

c'è la guerra, una guerra d'occupazione, il film è pieno di soldati e armi, ma non si sente neanche un petardo.
c'è un'attesa, come ne "Il deserto dei tartari", non si vede soluzione.
la gente di Grozny (o qualsiasi altra città cecena) vive vendendo (e vendendosi, forse) , nella distruzione materiale, senza illusioni.
la saggezza delle vecchie (non solo di Alexandra, bravissima interprete) è un soffio di aria fresca, laggiù.
film di molti silenzi e sguardi, da non perdere - Ismaele

Ps: nei film di fantascienza russi le case che vediamo sono come quelle del film


il lirismo, la spiritualità che ha reso Sokurov autore così eremitico, diverso da tutti, si manifesta per altre vie. E proprio nella semplicità delle scene di vita militare: manovre, mezzi blindati, ma anche molto meno come sguardi, brande piene e vuote, sentinelle che fissano il vuoto, anche perché in Alexandra non si sente un colpo di proiettile, o bombardamenti, né l’ombra di feriti o morti, è in questi frammenti di quotidiano che si insinua l’elemento straniante, ovvero una signora ottantenne che erra per il campo come una sorta di fantasma, pretestuosamente nelle vesti della nonna di un ufficiale. Un pretesto, un elemento surreale della (non) storia, che funziona come una sorta di coscienza che si permette di spiare e poter dire ciò che desidera…

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Comme a son habitude, le réalisateur russe offre quelques somptueux tableaux, à la lumière subjugante de beauté, principalement lors des scènes sous les tentes, lors desquelles on peut presque sentir la chaleur envahissante. Plongé dans des jaunes poussièreux, son long métrage est aussi l'occasion pour la cantatrice Galina Vishhnevskaya de faire ses premiers pas au cinéma, en grand mère exigeante et renfrognée. Un film volontairement lent mais instructif.

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It is as simple as this. An old lady is helped on board an armored military train and journeys all night to visit a remote Russian army outpost. The soldiers seem to know about her and her visit, and after a couple of local boys apparently try to "guide" her away from her suitcase, two soldiers in uniform turn up and escort her to the base.
We already know a lot about her. We know she is opinionated, proud, stubborn, and not afraid to express her feelings. She marches through the heat and dust into the base, and is guided to her "hotel," a room with two cots in a barracks made of tents. Other information is revealed, slowly. Her name is Alexandra (Galina Vishnevskaya). She is here to visit her grandson, Denis. He is a captain in the army.
The base is in Chechnya. It is a Muslim republic, occupied by Russian forces, who are sullenly disliked. On the the base, discipline seems informal, the soldiers lax. When Denis (Vasily Shevtsov) turns up, she is appalled by the state of his uniform and advises him to wash up. She also sniffs disapprovingly at other soldiers, tells helpers "Don't pull my arm" and "Don't push me!" and that she is perfectly capable of taking care of herself.
The next day, she wanders the base so early that no one seems to be around, and that was when I remembered a similar scene in Bergman's "Wild Strawberries," about an old man who dreams of wandering in a deserted town. There are other parallels between the two films, but Bergman's is about an old man discovering himself, and "Alexandra" is about an old woman being discovered. She is a transformative presence…
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In un progressivo processo di astrazione, paradossalmente tramite una maggiore importanza data all'evidenza tramica (sebbene sempre lontana dall'essere analizzabile in quanto tale), il film potrebbe bastare come terzo capitolo della trilogia finora comprendente Madre e figlio e Padre e figlio. Di quest'ultimo viene decisamente ripresa una finanche imbarazzante invasione della fisicità sessuale, qui meno tesa ed anzi schiettamente commovente, pienamente allusa nelle tenerezze fra Aleksandra e Denis (Vasily Shevtsov): vi si esprime in un'estetica carnale e sovrana quello stesso contrasto congenito nel tempo intergenerazionale, specchio a sua volta del contrasto intragenerazionale che in questo caso oppone imperialisti e sudditi.
Questa fisicità e questa saggezza, assenti nella normalità, sono le armi della protagonista, che nella notte (sovrumano il cielo notturno su Grozny) o sfidando la calura porta la sua età a spasso: sa che quanto vedrà le scivolerà addosso, come quel lenzuolo, come esplodere un colpo di fucile senza proiettili, e vuol solo sperare che la sua presenza lì, totalmente irreale ancor più dell'assenza del pur minimo scontro militare, possa far guardare russi e ceceni ad un'unica nonna. Non tanto la predominantemente propagandistica Madre Russia, quanto una più schiettamente maternalista babushka, con dei nipoti di due etnie che combattono per sbagliare, e che si preoccupa di cosa faranno quando avranno finito.

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Lo que Sokurov nos cuenta es profundamente interior, y lo hace con una sensibilidad y delicadeza asombrosas. Nada de explicitud ni diálogos discursivos: hay pocos y son más bien banales, sobre asuntos intrascendentales. Todo se dice con miradas nobles y francas, con gestos nada enfáticos ni forzados, con la sencillez y normalidad de unos actores que no actúan sino que viven una realidad y dejan ver su alma. No hay bombardeos ni disparos aunque no hay plano en que no aparezcan soldados armados hasta los dientes. Todo transcurre en el interior de Aleksandra, de los militares rusos, de los pobres chechenos. En ellos vemos su vacío y dolor existencial, su anhelo de libertad y paz y también su odio y rencor, la necesidad de un afecto que no se atreven a admitir. Abundan los momentos de enorme intensidad emotiva, aunque ésta no se muestre de manera fogosa sino contenida: apenas un roce imperceptible de los dedos del comandante y la visitante en su despedida; o ese abrazo entre la abuela y el nieto la noche previa a la partida, cuando poco después él le trenza el cabello mientras ella reza —una hermosísima escena, emocionante y melancólica como pocas veces hemos visto—; o el encuentro en el mercado con la bondadosa y amable anciana chechena que le abre su casa y también, sin pretenderlo ella y sin recalcarlo Sokurov, la puerta a una vida nueva…

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4 commenti:

  1. Film bellissimo, affascinante e crudele. L'ho visto in accoppiata con "12", perché me ne avevano parlato come di film che parlavano della stessa cosa in maniera diversa (e obliqua rispetto ai soliti film di guerra). Di Sokurov, del resto, va visto tutto, e, se non l'hai fatto, ti consiglio "The second circle" e "Madre e figlio", capolavori assoluti nella cinematografia del degno erede di Tarkovskij ;)

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  2. "12" è bellissimo:)

    a parte "Arca russa", di Sokurov mi manca tutto.

    recupererò, promesso

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    1. Con "Arca russa", puoi dire di aver visto il suo picco artistico, secondo me. Un gradino sopra quel requiem che è "Madre e figlio" ;)

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    2. "Madre e figlio" mi aspettano:)

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