mercoledì 8 dicembre 2021

Figli – Giuseppe Bonito

si capisce che chi ha scritto il film sia una persona informata dei fatti.

Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi sono perfetti nei loro ruoli di genitori inadeguati e sempre a rincorrere, come è la vita vera, sembra quasi di vedere un documentario.

si sorride e si soffre, a vedere gli altri, e noi stessi come siamo.

buona (genitoriale) visione - Ismaele


 

 

Forse però il momento più alto di Figli lo si può ravvisare nel doppio monologo figlia vs madre e viceversa, un compendio impeccabile dello stato attuale della compagine sociale dell’Italia contemporanea, divisa tra quarantenni con (o senza) prole che lottano per conquistarsi un salario e la relativa sopravvivenza, contrapposti a pensionati più o meno epicurei che hanno beneficiato e continuano a beneficiare di un benessere che forse non tornerà più. Altro colpo di genio, nonché ulteriore segnale della presenza di uno sguardo nient’affatto banale sulla realtà, è poi la sequenza a episodi che stigmatizza quanto nel tergere la bocca del bambino, la terza passata genitoriale sia sempre la più violenta, con tutte le connessioni psicanalitiche del caso. Nel corso della visione di Figli, e oltre, non si può fare a meno di pensare quanto con Mattia Torre si sia perduto un sapido, pungente narratore delle umane miserie dell’oggi, non resta che confidare nei superstiti della sua squadra (quella di Boris, per intenderci), di cui questo film, in fondo, data la dipartita dell’autore, è il frutto più maturo e promettente: un racconto a più voci, sfaccettato, eppure centrato sul suo argomento, in grado di parlare a noi e di noi.

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Torre qualche semplificazione la adotta, gioca un pochino con gli stereotipi ma la sua scrittura trova senso proprio nella quotidianità, nella rappresentazione di gesti comuni in cui ognuno di noi può specchiarsi. Le sue parole riescono a comunicare la vita reale: le nevrosi, gli attimi di felicità, le sospensioni, l’affetto.

È un film molto sincero Figli, che cerca un pubblico ampio ma senza ruffianerie. Un omaggio che non lascia indifferenti.

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Diviso in capitoli, i segmenti sono un espediente per raccontare tutte le sfaccettature e l’evoluzione del cambiamento che un figlio porta nelle vite di una coppia: improbabili baby-sitter, nonni stravaganti (degna di nota la sequenza onirica dove i nonni scendono in strada a manifestare per la loro indipendenza con tanto di slogan “W i vecchi”), le sempre più rare uscite a due che si tramutano in pisolini, la tentazione finale. Un ritratto completo e veritiero delle famiglie contemporanee, nella loro evoluzione, inclusa una rappresentazione dei momenti più bui come la sensazione dei genitori, il non sentirsi all’altezza, il senso di abbandono provato da una madre “imprigionata” a casa con un bambino urlante.

Ma oltre a narrarci la storia di coppie e di famiglie, Mattia Torre riesce anche a raccontare la storia di un paese ostile e arrugginito, di un’epoca caotica che non rende di certo facile la genitorialità e la resistenza di una coppia a questi urti. 

Il tutto viene narrato con un’ironia tagliente e coinvolgente – da notare la Patetica di Beethoven usata al posto del pianto del neonato - che mescola momenti reali a momenti surreali, sensazioni e punti di vista. Il registro comico diventa il mezzo per un’analisi profonda di quello che un paese intero sta vivendo, con le difficoltà, ma anche le piccole parentesi di felicità e tenerezza. Figli è un ritratto sincero e reale della nostra società. Non è solo la storia di una coppia che ha figli, ma di storia di un amore che - nonostante tutto - riesce a resistere. Una nota positiva che ci rincuora e ci dà speranza. 

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La regia di Giuseppe Bonito non risulta per niente pomposa, non contamina in alcun modo il testo di Mattia Torre e l’effetto del suo stile è restituito brillantemente dalla semplicità dell’immagine. Anche gli elementi di natura fantastica entrano a far parte della naturalezza del reale, perché rispecchiano, con grande umanità e sensibilità, i desideri umani dell’inconscio, alimentando il gioco identificativo. La forza strutturale del film è data dalla sua qualità di far interagire, in maniera naturale e armoniosa, tra loro i diversi piani dell’azione e dell’immagine, anche simultaneamente. IL piano dell’immaginazione gioca con quello del reale, quello della comicità con il dramma, il tempo astratto e surreale con il presente, la gioia di vivere un amore con il dovere della famiglia…

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