venerdì 10 giugno 2016

Fukushima: A Nuclear Story - Matteo Gagliardi

un documentario come un giallo, sappiamo qualcosa di quello che è successo, ma Pio d'Emilia (qui un omaggio al giornalista) ce lo fa vedere corpore presenti, è andato a Fukushima e ha raccontato, da testimone, un dramma che abbiamo solo intuito, a suo tempo.
ha scritto un libro e adesso la storia è raccontata anche per chi va al cinema (se naturalmente qualche cinema la proietta).
l'avventura di un giornalista, il coraggio di chi ha cercato di salvare le vite degli altri, le bugie, le viltà, e un colpo di scena finale, che non sapevamo, un guasto non previsto ha salvato il Giappone.
chi, dopo aver visto questo film, loda l'energia nucleare, o è ben pagato per questo, o non capisce, tertium non datur.
cercatelo, vi interesserà molto - Ismaele





A differenza delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, con Fukushima siamo di fronte ad una tragedia interna, accaduta in tempo di pace. È uno dei punti cardine dell’indagine suggerita dal film, per meglio comprendere il crollo dell’armonia di un mondo che abbiamo sempre immaginato molto equilibrato: il Paese che avrebbe dovuto essere l’ultimo a sposare la politica nucleare è stato uno dei primi a sostenere l’apertura di 52 centrali. Nel gioco delle responsabilità c’entrano anche gli Stati Uniti, complici nell’incentivare durante la Guerra Fredda l’utilizzo di una fonte energetica radioattiva. Una morale scomoda, ma realistica: quando tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. In mancanza di un peccato condiviso e conclamato non c’è pentimento, mentre il Giappone, a distanza di 5 anni, fa ancora fatica a rialzarsi.

 Fukushima – A nuclear story’ ripercorre il disastro attraverso occhi e voce di Pio d’Emilia, corrispondente di Sky TG24 che vive in Giappone da oltre trent’anni, primo giornalista straniero ad essere entrato nella cosiddetta ‘zona proibita’ e ad aver raggiunto la centrale nucleare: un punto di vista totalmente inedito della tragedia, narrata dalla voce di Willem Dafoe nella versione inglese e da Massimo Dapporto in quella italiana.
D’Emilia raccoglie più di 300 ore di materiale con riprese scioccanti, interviste agli abitanti delle zone colpite, alle autorità locali e governative, e porta l’attenzione sugli ‘effetti collaterali’ sociali causati dalle scelte del governo e del cosiddetto ‘villaggio nucleare’.
Gli autori uniscono in questo documentario, risultato di tre anni di ricerche, la storia di un giornalista che non ha abbandonato il suo lavoro nel momento di maggior pericolo, i dubbi e i timori di un uomo nei giorni seguenti la triplice tragedia di Fukushima e la ricerca di ciò che è veramente accaduto nella centrale nucleare. In una intervista inedita l’ex Primo Ministro Naoto Kan rivelerà come Tokyo, e probabilmente il Giappone, si siano salvati per un caso fortuito da una catastrofe ben più grande.
Grazie ai disegni di Nicola Ronci e Ilaria Gelli (Accademia Europea di Manga) che integrano le immagini, il documentario è anche il primo esempio di ‘manga made in Italy’ applicato ad una produzione audiovisiva italiana…
da qui


Giappone 2011. Dopo le prime avvisaglie di un problema grave occorso alla centrale nucleare di Fukushima, a seguito del terremoto e del susseguente tsunami, Pio D'Emilia cerca di raggiungere la città ma trova ogni strada bloccata. Il suo racconto e le sue testimonianze dirette rivivono insieme alla ricostruzione di quanto avvenuto in quei giorni e soprattutto di quanto è stato occultato dalla TEPCO, società proprietaria della centrale.
Tra tweet, post e remotizzazione del lavoro, il mestiere dell'inviato pare quasi un rituale antico, il relitto di un tempo andato. Come se per raccontare la notizia non fosse più essere necessario stare dentro la notizia. L'esempio di Pio D'Emilia ci dimostra l'esatto opposto, con la sua presenza fisica di testimone oculare in ogni avvenimento cruciale capace di tenere con il fiato sospeso il mondo, sia esso il flusso migratorio alle porte dell'Ungheria o il movimento degli ombrelli che occupa Nathan Road a Hong Kong. 
Ma Fukushima: A Nuclear Story è molto più di un semplice reportage giornalistico. Il documentario girato da Matteo Gagliardi e concepito da D'Emilia - che sul tema aveva già pubblicato il libro Tsunami nucleare - racchiude in tre dolorosi atti avvenimento, occultamento della verità e ricostruzione storica di come si sia arrivati a questo. Disegni in stile anime nipponico e grafiche digitali aiutano a comprendere ciò che non si può vedere e quel che è avvenuto alle vittime di Fukushima: un dramma superato solo dalle immagini della zona "proibita" in quanto radioattiva, in cui D'Emilia ci conduce come un novello Virgilio tra carcasse di animali, tra maiali e cavalli che scorrazzano per le strade, tra malati terminali che non possono muoversi da lì, tra macerie e abbandono. Scene viste solo nella Phnom Penh del 1975 o in un film di fantascienza apocalittico (e la macchina da presa non si sofferma per caso sui Dvd di Neon Genesis Evangelion a casa di D'Emilia). 
Infine l'ultimo atto, forse il più doloroso in assoluto. Quello che ci fa riflettere sulle colpe dei padri, ripercorrendo le responsabilità degli Stati Uniti nell'incentivare, durante la guerra fredda, il ritorno al nucleare del Paese che proprio loro avevano colpito con l'uranio a Hiroshima e Nagasaki, e che ci insegna come la salvezza di Tokyo e di milioni di vite umane si debba, oltre che al sacrificio di alcuni eroici individui, a un imprevisto, a un banale malfunzionamento tecnico. Che ci dimostra da un lato come sia impossibile pensare di presiedere a tutto e prevenire ogni errore e dall'altro come il nostro destino sia costantemente appeso a un filo. A oggi, infatti, ma non si sa per quanto, le centrali nucleari sul suolo nipponico sono tutte spente. Nel resto del mondo e tutto intorno a noi ancora no.

 Il documentario mostra il lavoro di Pio d’Emilia, dalla sua decisione di lasciare Tokyo subito dopo il terremoto dell’11 marzo per spostarsi più a nord, verso le aree distrutte dal terremoto e dalle onde alte fino a 40 metri portate dallo tsunami. In quei giorni, il giornalista girò più di 300 ore di video, riprendendo la vastità dei danni e raccogliendo le testimonianze delle popolazioni locali. Il docufilm mostra anche la prima visita organizzata a Fukushima Daiichi per i giornalisti dalla Tepco, l’azienda che ha in gestione l’impianto, nel giugno del 2013, che per la prima volta permise alla stampa di raccontare la gravità dei danni all’impianto nucleare. Pio d’Emilia ha inoltre visitato uno dei villaggi costruiti per gli sfollati di Fukushima, che da quasi cinque anni vivono in case prefabbricate nell’attesa – forse vana – di potere tornare alle loro abitazioni…

Lo sguardo di Fukushima: A Nuclear Story abbraccia l’intera drammatica vicenda in ogni suo aspetto,soffermandosi con accessibile dovizia sulle cronache più propriamente scientifiche inerenti il devastante terremoto di Tōhoku (magnitudo 9,0, il settimo per intensità da quando esiste la sismografia), lo tsunami che ne è seguito (le onde abbattutesi sulle mura difensive della centrale di Dai-ichi erano alte almeno 14 m, oltre il doppio di quelle previste nelle peggiori delle ipotesi), i danni irreversibili ai reattori e le dispersioni radioattive nei terreni e nelle acque circostanti.
Quindi, intrecciata alla tragedia fisica, strettamente fenomenica, viene presentata la non altrettanto divulgata desolazione dei sopravvissuti, costretti ad affrontare un cataclisma ad un tempo visibile ed invisibile, ad abbandonare le proprie abitazioni, le proprie attività, i propri animali destinati a morire d’inedia, ad accompagnare alle fosse comuni non solo le vittime della scossa e dell’inondazione, ma anche quelle morte di crepacuore o suicidatesi per permettere alle famiglie di farsi risarcire dalle aziende assicurative.
Non sono tralasciate neppure le ripercussioni sulla pubblica opinione, i “peccati dei padri”: ecco infatti gli USA, tempestivamente misuratisi con l’accaduto e interessati a mantenere saldo il monopolio del nucleare in Giapponeminimizzare l’entità della sciagura, quando invece la Francia sovrastima i dati reali propagandando a ruota libera l’assoluta sicurezza delle proprie centrali…
da qui

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