sabato 26 settembre 2015

Sicario - Denis Villeneuve

a Denis Villeneuve non devono piacere i film che finiscono bene.
Sicario è un film solido, compatto, che non annoia mai.
una storia al confine degli Usa e del Messico e al confine della legalità, confine mobile, a seconda delle circostanze. 
ricorda l'ultimo film di Kathryn Bigelow, sia per la protagonista donna, sia per la caccia all'uomo (mutatis mutandis).
naturalmente le scene ambientate a Juarez non sono state girate lì, c'è un limite a tutto.
l'agente Kate viene usata per un'operazione più grande di quanto immagina, nella quale il fine giustifica i mezzi, alleati e nemici, buoni e cattivi non si capisce bene chi siano.
lo sguardo impotente di Kate, che vede cose che non avrebbe mai dovuto vedere, è il nostro sguardo sul mondo, e non sei più sicuro se esistono i buoni e i cattivi.
attori bravissimi e regista super, senza alcun dubbio.
non è il miglior film di Denis Villeneuve, ma solo perché ha fatto dei film immensi.
questo è "solo" un gran film, non perdetevelo - Ismaele





Un'imboscata dell'FBI rivela molto più di quanto era previsto: lo spettacolo orripilante di decine di cadaveri nascosti nei muri e con la testa sigillata in sacchetti di plastica. Per allargare la squadra che va a caccia dei mandanti di quel massacro la CIA arruola Kate, la giovane agente dell'FBI che ha partecipato all'imboscata rivelatrice, anche se lei è un'esperta di rapimenti mentre la squadra combatte da tempo contro il cartello messicano della droga. È l'inizio di una discesa agli inferi che coinvolgerà tutti i servizi segreti statunitensi (e la coscienza di un Paese) disposti a trasgredire ogni regola e a sacrificare ogni parvenza di umanità pur di mantenere il controllo (ma senza alcuna volontà di debellare il Male)…

Sicario, oltre a raccontare una storia di criminalità e operazioni sotto copertura, ha secondo i suoi realizzatori e interpreti un significato più profondo.
Il regista Denis Villeneuve pensa che il film sia incentrato sull'America e sullo scontro tra idealismo e realismo che avviene nel momento in cui deve affrontare i problemi di altre nazioni.
«Sicario è in parte dedicato a un vecchio fantasma: l'idea che il Nord America risolverà i problemi più violenti del mondo in un modo efficiente e invisibile. Una volta era un pensiero in grado di dare conforto, ma il mondo sembra essere diventato sempre più complicato».
Benicio Del Toro è invece convinto che sul grande schermo si assista a una riflessione sulle conseguenze delle proprie scelte.
Più filosofica ancora la prospettiva di Josh Brolin: «Il film è un mistero umano che devi afferrare e risolvere da solo. Un puzzle ricco di tensione ed emozionante»…

Sicario è uno di quei film in cui il genere si sposa perfettamente con il cinema d’autore, in cui attraverso una forma narrativa vicina all’intrattenimento puro si riesce a fare anche arte, per usare parole scomode. È impossibile non pensare al cinema migliore di Michael Mann guardando il nuovo lavoro di Villeneuve, sicuramente assimilato nella sua capacità di costruire eroi solitari in mondi spietati. Qui non c’è un uomo al centro, c’è una donna, forte, che a un certo punto capisce che la stanno sfruttando e lo accetta perché sa che sta succedendo qualcosa con cui lei non è in grado di confrontarsi, non con il codice che fino a quel momento ha seguito. Matt e Alejandro portano Kate nelle zone del grigio più scuro della legalità e delle azioni governative, del caos funzionale alla costruzione dell’equilibrio. Il confine non è solo geografico, ha un valore più esteso, tra quello che è giusto e quello che non lo è, tra quello che è necessario e i modi per raggiungerlo…

Se cierran las fronteras en la Europa del Este, la única vía de escape a la terrible situación bélica que se vive actualmente en Siria es tapiada a consecuencia, en gran medida, de la presión popular. Mientras cuatro millones de personas suplican por un lugar en el que cobijarse de las constantes detonaciones que arrasan día tras día su país, y del reguero de muertes que éstas originan, nosotros, europeos del primer mundo acomodado —y perdón por la generalización—, apelamos a un dictamen justo basado en unas prioridades que consideramos ineludibles. No es que seamos reacios a ofrecer ayuda al necesitado, el problema es simplemente que, “ahora”, no es un buen momento. Y es precisamente ese “ahora” el que nos ha excusado cada vez que nuestro apoyo ha sido requerido, un presente inmediato que nunca sonó tan ambiguo e indefinido: desesperanzador. ¿Qué podemos hacer? Nos gusta el orden y cada cosa en su sitio; los santos en el cielo y los pecadores en el infierno. Somos capaces de asumir que la coherencia en el infierno es el caos mismo, siempre que éste no salga de sus fronteras y nos salpique. En el infierno, el orden se conserva gracias a que las víctimas asumen su condición de mártires, a quienes lloraremos desconsoladamente y cuyas imágenes llenarán los muros digitales de todas nuestras redes sociales. Sin embargo, cuando esas víctimas, esperanzadas por nuestro apoyo remoto, deciden pedir ayuda real, en ese momento se subvierte el orden establecido y el caos invade nuestra zona de confort. Las consecuencias de perder la contención de la violencia entre estratos geográficos, dejando que la crueldad se expanda fuera de sus fronteras asumibles, son devastadoras.
Sicario muestra uno de esos infiernos terrenales, donde hace tiempo que el primer mundo tiró la toalla y lo abandonó a su suerte en medio de un caos violento reinado por los magnates del crimen. El filme se recrea con una impresionante potencia audiovisual —ojo a la fotografía de Roger Deakins— en las consecuencias que se producen cuando esas fronteras invisibles que lo separan del mundo civilizado desaparecen, y ese orden, aniquilado, origina que se crucen ambos mundos en un choque de secuelas fatales…

Dopo gli ottimi Prisoner e Enemy, Villeneuve fa una marchetta. Essendo un genio non può farla così male ma lealte aspettative non raggiungono quanto sperato…

…Rarefatto ma esplicito nel rappresentare la violenza, sempre pronta ad esplodere in carneficina nelle zone di confine tra USA e Messico, Sicario più che un film d’azione è un accurato affondo nelle menti tormentate dei suoi personaggi. Sebbene risultino infatti impeccabili dal punto di vista registico, le sequenze action vengono infatti diluite in una serie di momenti di stasi dove, dai ritratti insistiti dei volti e dei corpi dei protagonisti, emerge la loro profonda inquietudine, lo spaesamento, la paura della morte. Impossibile non registrare dunque nel film di Villeneuve una complessiva schizofrenia del ritmo, che lo rende ben distante dallo sviluppo usuale del thriller odierno e più apparentabile, proprio per le sue smagliature narrative, al cinema americano della New Hollywood, con i suoi outsiders un po’ nichilisti e silenti e la sua alta dose di paranoia antigovernativa, allora figlia della contestazione, oggi di una realtà sempre più multiforme e difficile da interpretare. Al centro di Sicario vi è infatti la necessità per la protagonista di prendere una posizione in una situazione le cui dinamiche sono indecifrabili, mentre l’inganno e il relativo twist narrativo sono sempre dietro l’angolo, ma tardano a manifestarsi.
Sono forse numericamente troppe le sequenze di dialogo che ribadiscono quanto la nostra agente dell’FBI si trovi a disagio in una squadra della quale non comprende né la procedura né i reali obiettivi, ma evidentemente a Villeneuve questa storia interessava più come sfida ed esercizio di stile che altro. In tal senso, l’autore rischia in più di un’occasione di incarnare i panni del turista in una realtà, quale è quella del narcotraffico, distante dalle sue latitudini geografiche come anche dalla sua, sempre più eclettica, poetica. A consolare e a tratti a far completamente dimenticare le lacune del film ci pensa però la strabiliante fotografia di Roger Deakins, intento a profondere della sua luce una pellicola che del gusto ricercato per l’immagine fa il suo reale punto di forza e il suo primario interesse.

7 commenti:

  1. Enemy mi aveva parzialmente deluso, mentre in precedenza Villeneuve aveva solo fatto cose grandiose.
    Spero non mi deluda di nuovo.

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    1. se pensi a "La donna che canta", hai ragione, è che quello è un film inarrivabile, tutto sarà una mezza delusione
      "Enemy " l'ho visto,ma voglio rivederlo, la fregatura è che il libro di Saramago è immenso.

      non pensare che sia un film di Denis Villeneuve, magari andrà meglio :)

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  2. E come hanno fatto a ricostruire tutta la città? cavolo, si vede tutta sia dall'alto che dal basso. Sarà semplicemente un'altra che le somiglia forse

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    1. ecco la risposta:

      "La città di Juarez, in Messico, è diventata drammaticamente famosa per l'alto numero di omicidi che avvengono ogni anno.
      RIPRESE FATTE IN TRE LUOGHI. Sarebbe stato impossibile girare in quella location nonostante l'ambientazione della storia. Le riprese sono quindi state effettuate a Albuquerque, El Paso e Veracruz."
      ( http://www.lettera43.it/cultura/sicario-10-curiosita-sul-film-di-denis-villeneuve_43675216759.htm)

      "I sopralluoghi fatti per il film sono sembrati una missione militare. Un gruppo di federales sotto copertura, con mitra al seguito, ha fatto da scorta allo staff, che ha potuto trattenersi solo sei ore, potendo scendere dall'auto solo una volta: "Viaggiavamo a bordo di un SUV bianco, perché solo la gente del cartello guida SUV neri e se ne guidi uno puoi diventare un obiettivo", ricorda il produttore Basil Iwanyk. Durante sei intense ore, il gruppo dei sopralluoghi è potuto scendere dalla macchina solo due volte. "La cosa che colpisce di più di Juárez è che la vita continua: ci sono i bambini che giocano a pallone in strada, la gente che sbriga i propri affari quotidiani, ma nello stesso tempo incombe un velo di tenebre e criminalità".
      Ai federales è stato chiesto: "Qual è il quartiere sicuro della città?". La loro risposta: "Il quartiere sicuro è dove non stanno uccidendo nessuno e quello pericoloso è dove stanno uccidendo qualcuno".
      La produzione non ha filmato le strade di Juárez, ma ha girato dall'alto e il paesaggio che vediamo è quello della vera Ciudad Juárez. La maggior parte delle riprese si sono svolte a Albuquerque, New Mexico; El Paso, Texas; Veracruz, Messico."
      (http://www.panorama.it/cinema/sicario-emily-blunt-recensione/)

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    2. Perfetto.
      Come immaginavo allora, juarez dall'alto e altre città simili nelle riprese più strette dal basso

      certo che ci vuol coraggio a fare un film del genere, fossi in Villeneuve ogni volta che vedo un sombrero scapperei

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