domenica 6 aprile 2014

The Spanish Prisoner (La formula) - David Mamet

David Mamet sa come far ripartire una storia che ha portato in un vicolo che sembra chiuso, poi, oplà, siamo di nuovo nello spazio aperto di una storia che ha ancora tanto da dare.
attori che si fanno forgiare da una storia che racchiude tutto, dove niente è come sembra, e una sceneggiatura che stupisce.
imbrogliare è un'arte, e i polli non mancano mai, ma il diavolo si nasconde nei dettagli.
da non perdere, per gli estimatori di David Mamet, e quindi, spero, per tutti - Ismaele





La versione italiana è stata ribattezzata proprio così: ”La formula di David Mamet”. La dicitura originale, invece, suona “Il prigioniero spagnolo”: l’ermetica espressione suggella una vecchia leggenda che da noi potrebbe essere “Bidone all’italiana”. Il “pacco” o la “sola” che viene propinato/a a un funzionale Campbell Scott (la cosa migliore del film) è di quelle che non si dimenticano: inventore di una formula che potrebbe far lievitare gli zeri alla società per cui lavora, l’ingenuo giovanottone viene prima circuito da un presunto uomo d’affari conosciuto in un villaggio turistico, quindi dalla segretaria del suo ufficio che finge amore per il più elementare dei bisogni: i soldi.
Qua e là nichilista e disseminato di eleganti battute.

"La Formula" è un film imperdibile non solo per i cultori del genere, ma per tutti coloro che amano un cinema elaborato ed intelligente, che si distacca da questa moda odierna di propinare al pubblico bue filmoni pompati a forza di effetti speciali, ma privi di costruzione narrativa e di dialoghi significativi.

…Así es cómo la trama converge con añejas obsesiones de Mamet, que vuelve a sugerir un mundo saturado de almas codiciosas, cínicas, volubles, siempre listas para sepultar lealtades o amistades bajo un fajo de billetes. No poco paranoica, y acaso emparentada con la verdadera historia de este hombre, que asumió haber escrito más de un guión hollywoodiano a regañadientes, semejante mirada se traduce en todos esos vuelcos intempestivos, demasiado bruscos, de los personajes. Tal o cual, en manos de Mamet, puede pasar de naïf a cínico, de honesto a estafador, de policía a ladrón prácticamente sin escalas. Muchos de estos virajes ocurren en momentos claves, lo que dificulta todavía más su digestión.
El film, al avanzar, reclama otras concesiones a ritmo creciente. Hay que conceder, ya desde el vamos, que en el umbral del nuevo siglo el invento de Joe conste apenas en un manuscrito (¡ni siquiera en un floppy!). Hay que aceptar que el FBI sea tremendamente ingenuo en un momento, y enormemente perspicaz después. Y exactamente lo mismo, aunque en sentido inverso, respecto de los fascinerosos. Hay que comerse, en fin, que en medio de climas más o menos culminantes los héroes y villanos entablen diálogos que remedan a la vieja teleserie Batman(que estaba muy bien... ¡pero a años luz del escepticismo!). La sensación, en todo caso, es que la filosofía de Mamet operó menos como punto de partida que como prejuicio contaminante: lo hizo apurarse, sacrificar rigor, omitir causas pero no efectos. Construir una película a espaldas del espectador.

This is masterful filmmaking, perfectly calibrated, and Mamet's visual acuity becomes even more apparent in the second half when his camera moves begin to mirror those in the first half, this time exposing new aspects of the situation. There's a camera move — a pan across the screen of an airport baggage X-ray machine — that's repeated several times, each time treated with the importance of a big moment, a climactic reveal, and then each time allowed to pass without fuss. It becomes routine, so by the time Mamet repeats the shot towards the end of the film, at a pivotal moment, it becomes startling again, devastating even. Mamet knows how to use repetition and patterns, how to tweak audience expectations. In the film's second half, as Joe revisits familiar places, subtle shifts in framing reveal previously unseen facets. It's as though the world is simply an elaborate theater set, and Joe had never before bothered to peek around the edges, to see that what he assumed was the whole picture was in fact only a 2D façade. When he finally looks deeper, the audience gets a peek as well…
da qui



2 commenti:

  1. questo invece non lo conosco e non lo ricordavo; il titolo italiano in effetti può mandare in tilt la macchina della memoria :-) ci sono diversi film con La formula nel titolo, mi pare anche uno degli ultimi di Marlon Brando. La confusione più grossa, con i titoli affibbiati dai distributori italiani, è probabilmente nella serie della Pantera Rosa (mai provato a controllare?) :-)
    di Mamet, ho appena visto la riduzione di zio Vania di Cechov fatta per Louis Malle, film del 1994. Sembra molto fedele a Cechov, però da un film doppiato è difficile capire bene cosa succede.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. una sceneggiatura come quella di Mamet è oro per chiunque, peccato non abbia fatto più film
      leggo su Imdb che il titolo italiano è "Il prigioniero", "La formula" è per Mymovies e Filmtv, misteri delle traduzioni.

      della Pantera Rosa ricordo che era un casino orientarsi, ma questo passa il convento:(

      intanto "The spanish prisoner" l'ho visto in versione originale sottotitolata:)

      Elimina