mercoledì 25 settembre 2013

Rush - Ron Howard

scritto da Peter Morgan ("Il maledetto United", "Frost/Nixon", "L'ultimo re di Scozia", tra gli altri) è la storia di una rivalità, ma anche di una relazione fra due campioni.
la prima parte del film è meno brillante, serve a gettare le basi per una seconda parte splendida, nella quale gli eroi si sfidano e si combattono sino all'ultimo punto e all'ultima curva, e allo stesso tempo in un qualche modo si rispettano e sono complementari.
in realtà sono due eroi omerici, di quell'Iliade che per Simone Weil è il poema della forza.
Daniel Brühl (Niki Lauda) è sempre più bravo, se c'è lui sai che sarà un bel film (da "Goodbye Lenin" in poi), non delude mai, non interpreta, lui è il personaggio, come solo i grandi attori sanno fare.
bravi anche tutti gli altri, Chris Hemsworth (James Hunt), Alexandra Maria Lara (Marlene, la moglie di Lauda), Olivia Wilde (la moglie di Hunt), c’è anche Pierfrancesco Favino (Clay Regazzoni), diretti da Ron Howard, niente punte di genio, forse prevedibile, ma solido.
un film che conquista tutti, soprattutto chi a quei tempi era ragazzo capisce finalmente quella storia di incoscienza e coraggio di rischiare tutto, di eroismo e di coraggio di non rischiare tutto.
da non perdere - Ismaele


...lasciatecelo dire, se per il pubblico neutro e per gli appassionati in erba di automobilismo (quelli che nel 1976 non erano nemmeno stati concepiti) Rush è 'solo' un gran bel film, per noi che siamo nati e cresciuti la Formula Uno di quegli anni, quella Formula Uno artigianale, pericolosa, eroica, epica... rivedere le immagini finali dei veri protagonisti, con i loro volti che dicono tutto senza parlare, ci provoca uno sconvolgimento nel cuore e nella testa. E' commozione pura, che non si può spiegare e che vale più di mille recensioni.

Rush riesce a vincere anche contro il proprio regista, tirando fuori da esso il meglio. Se il titolo fa riferimento esplicito a Hunt, al concetto stesso di brivido, di foga e fame nel vivere e quindi nel correre (e il film in molti punti, locandina inclusa, sembra la sua storia non quella di Lauda), da un altro punto di vista quel secchione che si contrappone al quarterback, quel topo sfortunato e antipaticissimo per cui nessuno nel film tifa, ha una malinconia e contemporaneamente una forza umana talmente innegabili (e qui entra in ballo Bruhl, il suo temperamento il suo modo di essere antipatico senza esserlo davvero) da riportarlo sotto i riflettori anche contro la volontà del film.
Un dialogone finale tirerà le somme di tutto e chiarirà intenti e volontà dell'opera, rileggendo (un po' fuori tempo massimo) tutta la storia. Ma anche senza quello il ritmo e la potenza fisica di Rush, il suo nutrirsi di veleno in bocca, sangue nei polmoni e forza di uomini fermi in un abitacolo, urla e dolore ha un grande senso.
da qui

4 commenti:

  1. Mi sa che l'unico che non l'ha capito, questo film, sono io. Pure gliSpietati ne parlavano a gran voce: io ne sono rimasto abbastanza indifferente. Hai ragione, un film solido, ma "facile", vista la biografia storica dei due, e in alcune parti un po' troppo pedante (Hunt sempre con la birra in mano ecc.)

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  2. ci sono film "facili" e film "facili".
    questo è un film che mi è piaciuto, i film "facili" buoni come questo servono a capire che si possono fare cose "popolari", e però bene.
    e a stroncare meglio gli altri film "facili" :)

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  3. Scusa, mi sono espresso male. Per "facile" intendevo proprio che, secondo me, la potenza del film risulta proprio dalla realtà che narra, non voleva assolutamente essere in un'accezione diversa, parlare di film popolare eccetera eccetera: insomma, visto davvero la realtà che hanno vissuto Hunt e Lauda, era difficile tirarci fuori un brutto film.

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  4. d'accordo con te, era "facile" fare un buon film, ma si poteva anche fare un brutto film, non c'è limite al peggio

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