Justin Kurzel si "specializza" nei film sui terroristi e lo fa davvero bene.
nella pancia degli Stati Uniti c'è un cancro, terroristi interni, suprematisti bianchi, disposti a tutto.
appare un libro, The Turner Diaries, la bibbia dei suprematisti bianchi; quel libro appare anche nell'attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021, il che rende il film quasi un documentario.
Jude Law è bravissimo, è un poliziotto non troppo amato dai superiori, ma sa fare il suo lavoro come pochi, testardo e coraggioso, paziente verso il suo giovane collaboratore inesperto.
un film da non perdere, promesso.
buona visione - Ismaele
…Il film si presenta, inoltre, quasi
come lo studio antropologico di un’America profonda e dimenticata. Il ritratto
di quelle comunità fatte di persone senza prospettiva, di ultimi, dove la
retorica dell’odio è più facile che trovi terreno fertile e attecchisca. Uomini
e donne cui viene offerto un bersaglio, anche in senso fisico, da prendere di
mira sin da bambini. Un vero e proprio addestramento all’odio e al
risentimento, alla ricerca di un capro espiatorio cui attribuire le colpe del
proprio arretramento sociale, della propria marginalità. Una educazione
all’odio che parte dalla manipolazione del reale e che è, di fatto, tutta
maschile. Il ritorno agli antichi valori cui i protagonisti aspirano, quelli
che a loro dire hanno ispirato la nascita di una nazione “fatta di bianchi”,
passa evidentemente per una struttura eminentemente patriarcale dove la donna
ha valore solamente nella sua funzione riproduttiva e di “angelo del focolare”.
Ma vi sono, importanti, anche i
riverberi con la strettissima attualità, in un paese diviso come non mai e alle
soglie di decisive elezioni presidenziali. Come infatti esplicitato in coda al
film, all’indomani dell’assalto al campidoglio del 6 gennaio 2021, sono state
rinvenute copie dei famosi Diari di Turner. Ritrovamento che
rende ancor più sinistro l’evento eversivo che ha avuto luogo a Washington,
dopo l’elezione a presidente di Joe Biden.
Come già notammo al tempo a proposito
di Civil War (2023), diretto da Alex
Garland, stupisce il fatto che a parlarne, sia pure in un contesto di
fiction, sia un regista che statunitense non è. Che Hollywood stia forse
dimostrando una sorta di timidezza e non voglia prendere posizione sui fatti di
casa propria? Chissà?
…Nel complesso, The Order non è qualcosa di particolarmente nuovo
o originale, ma appare senza ombra di dubbio come un film brillante nel suo
cercare di mettere in evidenza un certo tipo di tensione sociopolitica, di
immaginario nazi-machista, ritualisticamente
perverso nella simbologia e nelle pratiche. Il gruppo The Order, di fatto, ha
tutti i connotati tipici di una setta, a partire da alcuni elementi che
individuano Bob Mathews come una guida e un santone, nonché le pratiche
d’iniziazione, le ossessioni sulla “razza”, le derive antisemitiche e
discriminatorie. In tal senso, è sintomatico – e dovrebbe far riflettere a
lungo – che un film del genere sia stato realizzato da un regista australiano,
con una produzione canadese alle spalle.
…The Order ci porta nelle due fazioni opposte, eppure legate da
un fil rouge visivo che perdura per tutto il film, fino alla fine: da un lato
la polizia, con le ricerche, le indagini, le perquisizioni e i dubbi sulla
matrice delle rapine, dall’altro la cellula criminale che fa di tutto per
compiersi, esercitare la propria visione già preconizzata nell’immaginaria
insurrezione descritta nei The Turner Diaries,
libro che ha ispirato generazioni di nazisti e suprematisti e che descrive
momento per momento un ideale piano terroristico per coloro che decidono di
muovere guerra al Governo. Libro che ha evidentemente ispirato anche Mathews, e
che ha decisamente giocato un ruolo nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio
2021, in cui sono stati appesi dei cappi a imitazione dell’immaginaria
insurrezione descritta in The Turner Diaries.
The Order è una lotta intestina, violenta, impetuosa, rabbiosa, che
osserva con grande intelligenza dove si radica l’odio, dove nasce
l’insofferenza, e come si diffonde con facilità laddove c’è abbandono, dove lo
Stato è assente. Un’opera che comincia nella natura, in una realtà di
provincia, dove abitano operai, proletari, spesso disoccupati, persone che
sentono di essere state tradite da chi si doveva occupare di loro. Ed è li che
nasce la seduzione per quel terrificante Mein Kampf tutto
americano, quel manuale di guerra civile che fornisce una nuova speranza,
una nuova prospettiva di rivalsa per chi ha perso tutto, lavoro, dignità,
futuro. Ancora una volta ad essere protagonista è il cinema di frontiera, dove
c’è opposizione tra le parti, ma anche un certo legame, quasi una seduzione
implicita, una caccia al nemico che non può che deflagrare e sublimarsi in un
finale imperioso e spietato.
…Como siempre en el cine de Kurzel sobre
sucesos verídicos, la historia está manipulada sin miramientos para exacerbar
determinadas facetas y cambiar un montón de detalles aunque en general se
conserva todo el núcleo duro de la saga en cuestión, por ello aquí Mathews
(Hoult), un polígamo con dos hijos, funda La Orden bajo la sombra de la Alianza
Nacional y como un desprendimiento concreto de la Nación Aria de Butler (Victor
Slezak), loquito que aboga por una interpretación antisemita y racista del
protestantismo, conocida como Identidad Cristiana, y pronto despierta el
hartazgo de un Mathews que pretende pasar de las ideas a los hechos, así pone
bombas en sinagogas y cines pornográficos y roba bancos y camiones blindados en
el Noroeste del Pacífico de Estados Unidos al punto de suscitar la
investigación de un agente del FBI que perdió a su parentela por su sustrato
workaholic, Terry Husk (Law, asimismo productor), quien de inmediato unifica
fuerzas con una colega, Joanne Carney (Jurnee Smollett), y un policía de corta
edad, Jamie Bowen (Tye Sheridan), que termina asesinado por estos neonazis al
igual que Berg (Marc Maron) y un tal Walter West (Daniel Doheny), miembro de la
Nación Aria que estando borracho habla de más con Bowen. La película trabaja
muy bien desde el neo noir la profesionalización de La Orden mediante el
financiamiento vía asaltos y falsificación de billetes y explora el carácter de
“manual de acción” que ya en los años 80 había ganado Los Diarios de
Turner, en la praxis cotidiana una invitación al reclutamiento, la
recaudación de fondos, la revolución armada, el terrorismo doméstico, los
homicidios selectivos y ese genocidio poco sutil contra toda alteridad
denominado El Día de la Soga. Martínez en pantalla se llama Tony Torres (Matias
Lucas) y es un mexicano que se hace pasar por español para conseguir un trabajo
dentro de la organización, cayendo no por dólares truchos sino por ser el
encargado de comprar armas para el grupo. Kurzel no sólo se luce señalando lo
obvio, la cobardía de estos dementes que culpan a chivos expiatorios por unas
miseria e ignorancia que son oligárquicas/ capitalistas, sino que además
redondea grandes secuencias de acción, en línea con John Frankenheimer y
Michael Mann, y mantiene alta la tensión símil Sidney Lumet combinando Mississippi
en Llamas (Mississippi Burning, 1988), de Alan Parker,
y Armado hasta los Dientes (Dead Bang, 1989), de
Frankenheimer, otras epopeyas sobre milicias del supremacismo blanco.
…The Order è la denuncia in formato filmico
dell’australiano Kurzel verso i tempi bui che stiamo vivendo. Tempi fatti –
ancora – di complottismi e fake news, di antisemitismo e ideologie
fondamentaliste, di politica dell’odio e Potere Bianco.
Movimenti sociali di differente etichetta, nome, titolo, ma dalle identiche
sfumature problematiche su cui Kurzel punta il dito: «L’unica cosa che avete in comune è che siete troppo inadeguati per
stare al mondo e la vostra unica risorsa è cercare di mortificare la gioia
degli altri».
Una
linea dialogica che parla da sola e che vale da sola la visione di The Order per cui: «L’America è un grande paese
ma siamo ancora intrappolati nelle nostre menti». E non è solo la
Nazione a stelle e strisce ad esserlo, ma fa certamente più rumore il film di
Kurzel se andiamo a vedere chi risiede, oggi – di nuovo -, alla Casa Bianca. Al
di là, comunque, di un discorso ideologico che finisce con il potenziarne gli
effetti filmici, è di un grande pezzo di cinema che parliamo. Uno small-town-mistery denso dalle immagini evocative
armonizzate da transizioni poetiche e dai colori sfumati come sono sfumati i
contorni caratteriali chiaroscurali dei suoi agenti scenici, The Order, che regala ai posteri una bel testa a testa
interpretativo tra due Law e Hoult allo stato dell’arte…
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