martedì 11 febbraio 2025

The order - Justin Kurzel

Justin Kurzel si "specializza" nei film sui terroristi e lo fa davvero bene.

nella pancia degli Stati Uniti c'è un cancro, terroristi interni, suprematisti bianchi, disposti a tutto.

appare un libro, The Turner Diaries, la bibbia dei suprematisti bianchi; quel libro appare anche nell'attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021, il che rende il film quasi un documentario.

Jude Law è bravissimo, è un poliziotto non troppo amato dai superiori, ma sa fare il suo lavoro come pochi, testardo e coraggioso, paziente verso il suo giovane collaboratore inesperto.

un film da non perdere, promesso.

buona visione - Ismaele


  

 

…Il film si presenta, inoltre, quasi come lo studio antropologico di un’America profonda e dimenticata. Il ritratto di quelle comunità fatte di persone senza prospettiva, di ultimi, dove la retorica dell’odio è più facile che trovi terreno fertile e attecchisca. Uomini e donne cui viene offerto un bersaglio, anche in senso fisico, da prendere di mira sin da bambini. Un vero e proprio addestramento all’odio e al risentimento, alla ricerca di un capro espiatorio cui attribuire le colpe del proprio arretramento sociale, della propria marginalità. Una educazione all’odio che parte dalla manipolazione del reale e che è, di fatto, tutta maschile. Il ritorno agli antichi valori cui i protagonisti aspirano, quelli che a loro dire hanno ispirato la nascita di una nazione “fatta di bianchi”, passa evidentemente per una struttura eminentemente patriarcale dove la donna ha valore solamente nella sua funzione riproduttiva e di “angelo del focolare”.

Ma vi sono, importanti, anche i riverberi con la strettissima attualità, in un paese diviso come non mai e alle soglie di decisive elezioni presidenziali. Come infatti esplicitato in coda al film, all’indomani dell’assalto al campidoglio del 6 gennaio 2021, sono state rinvenute copie dei famosi Diari di Turner. Ritrovamento che rende ancor più sinistro l’evento eversivo che ha avuto luogo a Washington, dopo l’elezione a presidente di Joe Biden.

Come già notammo al tempo a proposito di Civil War (2023), diretto da Alex Garland, stupisce il fatto che a parlarne, sia pure in un contesto di fiction, sia un regista che statunitense non è. Che Hollywood stia forse dimostrando una sorta di timidezza e non voglia prendere posizione sui fatti di casa propria? Chissà?

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Nel complesso, The Order non è qualcosa di particolarmente nuovo o originale, ma appare senza ombra di dubbio come un film brillante nel suo cercare di mettere in evidenza un certo tipo di tensione sociopolitica, di immaginario nazi-machista, ritualisticamente perverso nella simbologia e nelle pratiche. Il gruppo The Order, di fatto, ha tutti i connotati tipici di una setta, a partire da alcuni elementi che individuano Bob Mathews come una guida e un santone, nonché le pratiche d’iniziazione, le ossessioni sulla “razza”, le derive antisemitiche e discriminatorie. In tal senso, è sintomatico – e dovrebbe far riflettere a lungo – che un film del genere sia stato realizzato da un regista australiano, con una produzione canadese alle spalle.

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The Order ci porta nelle due fazioni opposte, eppure legate da un fil rouge visivo che perdura per tutto il film, fino alla fine: da un lato la polizia, con le ricerche, le indagini, le perquisizioni e i dubbi sulla matrice delle rapine, dall’altro la cellula criminale che fa di tutto per compiersi, esercitare la propria visione già preconizzata nell’immaginaria insurrezione descritta nei The Turner Diaries, libro che ha ispirato generazioni di nazisti e suprematisti e che descrive momento per momento un ideale piano terroristico per coloro che decidono di muovere guerra al Governo. Libro che ha evidentemente ispirato anche Mathews, e che ha decisamente giocato un ruolo nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, in cui sono stati appesi dei cappi a imitazione dell’immaginaria insurrezione descritta in The Turner Diaries.

The Order è una lotta intestina, violenta, impetuosa, rabbiosa, che osserva con grande intelligenza dove si radica l’odio, dove nasce l’insofferenza, e come si diffonde con facilità laddove c’è abbandono, dove lo Stato è assente. Un’opera che comincia nella natura, in una realtà di provincia, dove abitano operai, proletari, spesso disoccupati, persone che sentono di essere state tradite da chi si doveva occupare di loro. Ed è li che nasce la seduzione per quel terrificante Mein Kampf tutto americano, quel manuale di guerra civile che fornisce una nuova speranza, una nuova prospettiva di rivalsa per chi ha perso tutto, lavoro, dignità, futuro. Ancora una volta ad essere protagonista è il cinema di frontiera, dove c’è opposizione tra le parti, ma anche un certo legame, quasi una seduzione implicita, una caccia al nemico che non può che deflagrare e sublimarsi in un finale imperioso e spietato.

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…Como siempre en el cine de Kurzel sobre sucesos verídicos, la historia está manipulada sin miramientos para exacerbar determinadas facetas y cambiar un montón de detalles aunque en general se conserva todo el núcleo duro de la saga en cuestión, por ello aquí Mathews (Hoult), un polígamo con dos hijos, funda La Orden bajo la sombra de la Alianza Nacional y como un desprendimiento concreto de la Nación Aria de Butler (Victor Slezak), loquito que aboga por una interpretación antisemita y racista del protestantismo, conocida como Identidad Cristiana, y pronto despierta el hartazgo de un Mathews que pretende pasar de las ideas a los hechos, así pone bombas en sinagogas y cines pornográficos y roba bancos y camiones blindados en el Noroeste del Pacífico de Estados Unidos al punto de suscitar la investigación de un agente del FBI que perdió a su parentela por su sustrato workaholic, Terry Husk (Law, asimismo productor), quien de inmediato unifica fuerzas con una colega, Joanne Carney (Jurnee Smollett), y un policía de corta edad, Jamie Bowen (Tye Sheridan), que termina asesinado por estos neonazis al igual que Berg (Marc Maron) y un tal Walter West (Daniel Doheny), miembro de la Nación Aria que estando borracho habla de más con Bowen. La película trabaja muy bien desde el neo noir la profesionalización de La Orden mediante el financiamiento vía asaltos y falsificación de billetes y explora el carácter de “manual de acción” que ya en los años 80 había ganado Los Diarios de Turner, en la praxis cotidiana una invitación al reclutamiento, la recaudación de fondos, la revolución armada, el terrorismo doméstico, los homicidios selectivos y ese genocidio poco sutil contra toda alteridad denominado El Día de la Soga. Martínez en pantalla se llama Tony Torres (Matias Lucas) y es un mexicano que se hace pasar por español para conseguir un trabajo dentro de la organización, cayendo no por dólares truchos sino por ser el encargado de comprar armas para el grupo. Kurzel no sólo se luce señalando lo obvio, la cobardía de estos dementes que culpan a chivos expiatorios por unas miseria e ignorancia que son oligárquicas/ capitalistas, sino que además redondea grandes secuencias de acción, en línea con John Frankenheimer y Michael Mann, y mantiene alta la tensión símil Sidney Lumet combinando Mississippi en Llamas (Mississippi Burning, 1988), de Alan Parker, y Armado hasta los Dientes (Dead Bang, 1989), de Frankenheimer, otras epopeyas sobre milicias del supremacismo blanco.

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The Order è la denuncia in formato filmico dell’australiano Kurzel verso i tempi bui che stiamo vivendo. Tempi fatti – ancora – di complottismi e fake news, di antisemitismo e ideologie fondamentaliste, di politica dell’odio e Potere Bianco. Movimenti sociali di differente etichetta, nome, titolo, ma dalle identiche sfumature problematiche su cui Kurzel punta il dito: «L’unica cosa che avete in comune è che siete troppo inadeguati per stare al mondo e la vostra unica risorsa è cercare di mortificare la gioia degli altri».

Una linea dialogica che parla da sola e che vale da sola la visione di The Order per cui: «L’America è un grande paese ma siamo ancora intrappolati nelle nostre menti». E non è solo la Nazione a stelle e strisce ad esserlo, ma fa certamente più rumore il film di Kurzel se andiamo a vedere chi risiede, oggi – di nuovo -, alla Casa Bianca. Al di là, comunque, di un discorso ideologico che finisce con il potenziarne gli effetti filmici, è di un grande pezzo di cinema che parliamo. Uno small-town-mistery denso dalle immagini evocative armonizzate da transizioni poetiche e dai colori sfumati come sono sfumati i contorni caratteriali chiaroscurali dei suoi agenti scenici, The Order, che regala ai posteri una bel testa a testa interpretativo tra due Law e Hoult allo stato dell’arte…

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