mercoledì 16 dicembre 2020

Maddalena – Jerzy Kawalerowicz

un film che non ti aspetti, Maddalena (Lisa Gastoni) lascia morire il marito dopo un incidente (pochi direbbero che ha fatto male), ha una serie di amici che è meglio perderli che trovarli, si trova a cercare un rapporto impossibile con un prete, a cui lei non interessa.

ci sono stati grandi problemi di produzione, con il regista estromesso dai produttori, il film fu poi montato da Franco Arcalli, già collaboratore di Giulio Questi, Bernardo Bertolucci e Liliana Cavani, fra gli altri.

Lisa Gastoni è la bravissima protagonista assoluta, preda di un'ossessione, alla fine si capirà tutto.

gran strano film, merita sicuramente la visione, merito di Lisa Gastoni ed Ennio Morricone - Ismaele


QUI la prima parte del film, in italiano, i primi minuti sono straordinari


 

 

 

Uno di quei film che ci raccontano come possa essere matto e imprevedibile il cinema. Che ci fa un regista come Jerzy Kawalerowicz, il gran polacco che negli anni Sessanta aveva realizzato nel paese suo almeno tre film da storia del cinema (Il treno della notte, il clamoroso succès de scandale Madre Giovanna degli AngeliIl faraone), in Italia, a Cinecittà, nell’anno 1971? Convinto chissà come e da chissà chi a girare un film di impegno-con-eros, dove il sesso come esigono i tempi si fa distruttore dell’ipocrisia borghese e veicolo di liberazione dionisiaca, il rispettato Kawalerowicz ci mette la faccia e la sua credibilità in questo strano progetto dal fin troppo programantico titolo che ha al suo centro la signora del peccato borghese al cinema di allora, ovvero Lisa Gastoni (in my opinion una delle più belle del nostro cinema di sempre). Che è una moglie che, per noia, per voglia di quella cosa che si chiamava trasgressione, per voluttà si innamora di un pretino e vuole a ogni costo averci un storia ad alto tasso di carnalità. Sarà melodramma disgraziato, accesissimo e ovviamente distruttivo. Il film, sulla carta assai nelle corde di Kawalerowicz, si arena però in una lavorazione complicata, con i produttori a estromettere di fatto il regista per le solite divergenze e l’editor Kim Arcalli a cercare di salvare con il suo genio la situazione. Ne esce un film sghembo, disastroso al box office, maltrattato dai sopracciò della critica, ma dotato di una sua torva visionarietà, di una indubbia sincerità nel mettere in scena la perdizione ineluttabile di due anime. Un film autenticamente maledetto, da rivedere e rivalutare. Per Kawalerowicz. Per Lisa Gastoni.

da qui

 

La bellezza del film è sopratutto nella sua semplicità e nella sua capacità di immortalare momenti di vera poesia con pochissimi mezzi, rifiutando qualsiasi forma di spettacolarizzazione. La scena in cui Maddalena è al mare, cammina sul bagnasciuga e si rotola sulla spiaggia sotto le nostalgiche musiche di Ennio Morricone, è esemplare in tal proposito. Maddalena rifiuta la sua vita borghese, si svuota di tutto per seguire il suo amore e in quella spiaggia è come se vedesse il mondo per la prima volta: dal mare estrae una rete e dalla sabbia dei grossi rami secchi per costruire la base di una casa, dopo prende anche due sassi in mano e li sfrega, richiamando l'atto primitivo in cui l'uomo scoprì il fuoco. Queste visioni arcaiche invadono la pellicola con una semplicità disarmante, mai banale…

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Si salva solo la gigantesca prova d’attrice della Gastoni, amplificata dai primi piani di Gabor Pogany che ne svelano la grande generosità e l’audacia anche fisica, ben oltre le aspettative. Il problema, semmai, è nel protagonista maschile Eric Woolfe, legnoso e inespressivo oltre il dovuto. Come prete che tenta di resistere alle tentazioni della carne è piuttosto ridicolo, e non stupisce che questa sia l’unica esperienza cinematografica della sua carriera. Per di più lo script non lo aiuta, e a un certo punto lo troviamo persino trasferito dalla sua parrocchia cittadina in una nuova chiesa ipermoderna ed elettronicamente automatizzata costruita sull’autostrada, di fronte a un autogrill della Pavesi (un’assurdità!), il tutto per sfuggire alle insidie di Maddalena, che ormai è diventata ossessiva oltre ogni limite… Per fortuna c’è Kim Arcalli al montaggio, che aiuta il film sfornando un incipit molto promettente, con la Gastoni che balla sensualissima e procace, su titoli di testa, accompagnata dalle ovvie note morriconiane (organo da chiesa e percussioni tribali), dietro controluci di chiaro sapore psichedelico che giocano a nascondere le scollature del suo vestitino. Come d’abitudine, Arcalli manomette anche la linearità della azioni, montando due volte, verso l’inizio e quasi alla fine, la sequenza dell’incidente in macchina con Ivo Garrani che resta ferito e la Gastoni, sua moglie, che lo lascia morire senza chiamare aiuto. E sempre Arcalli ricostruisce interamene la sequenza finale, la più bella del film, l’unica che resta davvero impressa allo spettatore (ma che forse arriva troppo tardi), con Maddalena che si concede alle onde del mare, nudissima, dopo aver convinto il prete a seguirla. Ma mentre lei si abbandona voluttuosa nell’acqua, convinta d’aver finalmente ottenuto quanto desiderava, lui non smette di nuotare sempre più a largo, senza mai voltarsi…

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