sabato 21 ottobre 2017

La notte dei morti viventi - George A. Romero

non capita spesso di vedere film che poi in tanti hanno copiato, saccheggiato o a cui si sono ispirati, La notte dei morti viventi è uno di quei film.
girato nel 1968, quando le sabbie mobili del Vietnam inghiottivano gli invasori, e quando l'assassinio dei leader delle Pantere Nere era uno sport popolare, senza dimenticare, quell'anno, Bob Kennedy e Martin Luther King.
George A. Romero gira un film in cui l'eroe è un nero, gli Usa sembrano fermi a "La guerra dei mondi" di Orson Welles, una minaccia sconosciuta semina terrore.
sono gli zombie, morti che si risvegliano per crescere di numero, non si sa perché.
il film inquieta anche oggi, chissà cosa doveva essere al cinema, nel 1968.
non perderlo, sia che non l'abbia mai visto, sia che voglia rivederlo,
ecco QUI il film completo, in italiano.
buona visione, soffritene tutti - Ismaele



Girato durante i weekend e con un budget prossimo allo zero, il film di Romero è uno spartiacque assoluto del genere “horror”. In primis stravolge la figura del morto vivente (fino ad allora relegata allo zombi haitiano o a vendicatori redivivi – sul tenore di Death Curse of Tartu Tartu, lo stregone maledetto, 1966 di William Grefe), inventando sostanzialmente una nuova mitologia, che nel tempo si rivelerà dominante – e non solo nell’ambito filmico del fantastico. In secondo luogo esibisce una sconsiderata rivoluzione. È sovversivo, infatti, tanto nella scelta dell’eroe di colore (e, a tal proposito, basti leggere l’eccellente racconto del texano Joe Landsdale The Night They Missed the Horror Show, nel quale abbondano le considerazioni sociali su questa scelta nell’ambito “redneck” del paese – anche se è facilmente intuibile che la stessa reazione si possa affrancare alla cultura perbenista e ipocritamente bacchettona che domina per intero la popolazione statunitense); quanto è furioso nella critica a una società che dietro la sua facciata edificante e orgogliosa cela pregiudizi, vizi e un egoismo di rara portata (il nucleo famigliare qui rappresentato è un’esemplificativa dissezione, con il padre vigliacco ma convinto della sua forza, la moglie supina, capace solo di frecciate sarcastiche ma immobile nei fatti, e la bambina che letteralmente finisce per divorarli, come se il principio fondamentale della società USA si basasse sul cannibalismo del più giovane – leggi, del più forte – anche a discapito dell’amore famigliare).
È altrettanto violentemente antisociale nel ritrarre l’inadeguatezza dello stato nei confronti di questa “nuova” piaga, con gli scienziati impotenti che si rimbalzano la palla gli uni con gli altri, i militari che si nascondono dietro il silenzio per la sicurezza nazionale, e, dulcis in fundo, nella cieca violenza delle milizie private che, su ordini di spietati sceriffi, ripuliscono le campagne da morti viventi come di ogni cosa si muova di fronte ai loro mirini, dando spesso la sensazione che più che una sorta di guerra, si stia assistendo ai ludici momenti di un sanguinario pic-nic di massa, offrendo contemporaneamente una sottile ma tagliente accusa al riadattamento del conflitto in Viet-Nam da parte delle forze politiche e dei media.
Di certo, nulla viene risparmiato dal regista di Pittsburgh (che su questa pellicola ha costruito una carriera di grande spessore, comprendente oltre ai vari seguiti di questa “franchise”, anche altri ottimi titoli come Martin / Wampyr, 1977, Creepshow, 1983 e The Crazies / La città verrà distrutta all’alba, 1973), nemmeno il suo protagonista, il quale esibisce la tracotanza caratteristica dei gruppi etnici ghettizzati che, per una qualunque causa, si ritrovino a parti rovesciate, ovvero con il coltello dalla parte del manico; costruendo un’opera sostanzialmente priva di veri personaggi positivi – anche la protagonista femminile è di una fragilità sconvolgente e, resa folle dal terrore, finisce sostanzialmente per gettarsi di sua sponte tra le avide braccia dei redivivi – dalla lettura complessa per la spessa polivalenza che la caratterizza. Tecnicamente, inoltre, Romero si affida a un bianco e nero contrastato che né rafforza la carica eversiva, come se – sfruttando caratteristiche suggestioni, già tipiche dell’espressionismo cinematografico – intendesse piombare letteralmente lo spettatore nel suo incubo…

En el otoño de 1968, mientras en las selvas de Vietnam el conflicto llegaba a un paroxismo de histeria masiva, en un pequeño cine de Pittsburgh se llevó a cabo la primera exhibición de una película independiente que, con su –entonces- insólito manejo de la violencia y atmósfera hiperrealista, vino a sentar un precedente y modificar por completo la faz del séptimo arte: La noche de los muertos vivientes, de George A. Romero.
Esta peliculita casi doméstica se convirtió (en su momento) en todo un fenómeno de culto y en el non plus ultra del gore – de hecho, si no se cuenta las horrendas mafufadas de Herschell Gordon Lewis a principios de la década, se puede decir que legitimó el género, si es que propiamente no lo creó- título que ostentó invicta por años, hasta ser desbancada no por uno de sus múltiples clones de factura italiana, sino por otro mágnum opus romérico (Dawn of the Dead – 1979). Originalmente, lo que el debutante cineasta y sus cuates – que hicieron las veces de productores, técnicos, actores y ¡hasta maquillistas!- querían, era trascender su categoría de publicistas y ganar algo de lana. Según recuerda Romero, el plan original era hacer una comedia al estilo de lo que había hecho Ed Wood, pero ninguno supo en qué momento la película se convirtió en algo más serio y no un simple freak-show.

…Girato con poco più di centomila dollari e con un incasso al botteghino clamoroso, La Notte Dei Morti Viventi cambiò la concezione stessa dell’horror moderno, sradicando tutta una serie di cliché e regalando un prodotto terrificante, disperato e senza speranze che non lasciava la minima sensazione positiva nello spettatore. Pieno di concetti innovativi, ha i suoi punti di forza nelle chiavi di lettura molteplici che gli si possono affibbiare: metafora della Guerra Fredda? Feroce critica alla guerra in corso in Vietnam? O ancora, disarmante ed estrema disamina dei mali della società americana contemporanea, tra militarismo sfrenato e razzismo (non si dimentichino i freschi omicidi di Martin Luther King e di Malcolm X)?
Accusato di sadismo e di sessismo, denota certi preconcetti che risultano figli di un modo di intendere i ruoli piuttosto meccanico. Le donne sembrano tutte inette: Barbara è in stato semi-catatonico dopo la morte del fratello, Judy non proferisce parola e la prima iniziativa che prende si rivela disastrosa; anche Helen, la moglie di Cooper, inizialmente più salda e dignitosa, finirà per perdere peso specifico nel corso della trama. A parziale discolpa di Romero e di John A. Russo, co-autore di soggetto e sceneggiatura, va detto che anche il personaggio di Harry Cooper rappresenta il classico esempio di uomo incapace di prendere le giuste decisioni e cocciuto fino ad apparire stupido. L’unico che ne esce integro è proprio Ben, ed il fatto che sia di colore è a sua volta un elemento rivoluzionario, in quanto può essere considerato a pieno titolo il protagonista del film. La cosa realmente nuova è che al colore della sua pelle non c’è il minimo riferimento, né nel bene né nel male, ponendolo quindi sullo stesso livello di tutti i personaggi, anzi facendolo anche emergere per doti carismatiche e decisionali. Il finale del film rappresenterà una sgradevole sorpresa per lo spettatore, annichilendo la residua speranza…

Brother and sister Johnny (Russ Streiner) and Barbara (Judith O'Dea) venture some 200 miles from their Pittsburgh home to a cemetery where they place flowers on their father's gravesite. Still in daylight, Barbara sees a tall stranger robotic-ally walking towards her which prompts her brother to act silly and put on a Boris Karloff monster impersonation to scare her; once in Barbara's presence the man suddenly attacks her and when Johnny comes to her aid he's fatally overcome by the monster. Barbara manages to flee to a nearby abandoned farmhouse where one survivor, a black man named Ben (Duane Jones), is trying to hold down the fort by smashing the skulls of the oncoming zombies. He will survive the ordeal only to be later killed by a redneck rescue party. The nightmarish night includes scenes of immolation and parricide for the small group of survivors (they include a married couple and their daughter, and a pair of young lovers) who join the original twosome. They barricade themselves in the house as it's surrounded by the attacking zombies, and listen to the incredulous radio broadcasts that announce that the tragic epidemic is also happening in other parts of the country. After the opening scene, there's no more cause for humor as everything turns chillingly serious. It ends not with the usual triumph of good over evil, but in a more bleak and sobering light. It left me slightly dazed and awed at how effectively it reached into my inner being…

I felt real terror in that neighborhood theater last Saturday afternoon. I saw kids who had no resources they could draw upon to protect themselves from the dread and fear they felt.
Censorship isn't the answer to something like this. Censorship is never the answer. For that matter, "Night of the Living Dead" was passed for general audiences by the Chicago Police Censor Board. Since it had no nudity in it, it was all right for kids, I guess. This is another example, and there have been a lot of them, of the incompetence and stupidity of the censorship system that Chicago stubbornly maintains under political patronage.
Censorship is not the answer. But I would be ashamed to make a civil libertarian argument defending the "right" of those little girls and boys to see a film which left a lot of them stunned with terror. In a case like this, I'd want to know what the parents were thinking of when they dumped the kids in front of the theater to see a film titled "Night of the Living Dead."
The new Code of Self Regulation, recently adopted by the Motion Picture Assn. of American, would presumably restrict a film like this one to mature audiences. But "Night of the Living Dead" was produced before the MPAA code went into effect, so exhibitors technically weren't required to keep the kids out.
I supposed the idea was to make a fast buck before movies like this are off-limits to children. Maybe that's why "Night of the Living Dead" was scheduled for the lucrative holiday season, when the kids are on vacation. Maybe that's it, but I don't know how I could explain it to the kids who left the theater with tears in their eyes.

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