giovedì 8 dicembre 2016

La stoffa dei sogni – Gianfranco Cabiddu

l'isola dell'Asinara attira il cinema, pochi mesi fa Era d'estate, adesso tocca al film di Cabiddu, un bellissimo fondale, come dice il direttore del carcere.
Eduardo incontra Shakespeare e appare una strana creatura, a metà fra la realtà e la fiaba.
il film è fatto della stoffa dei sogni, non è un film entusiasmante, non avvengono fatti scioccanti, la tempesta iniziale è l'episodio più violento.
non succedono troppe cose, il teatro e la vita vera si sfiorano, per un po' di sovrappongono.
bravissimi gli attori, straordinario il pastore unico abitante e quindi re dell'isola, novello Calibano, già re in un altro film sardo (qui), che si commuove e commuove quando nel teatro dove si recita La tempesta partecipa come sa.
buona visione, poche copie in giro, in un mare della distribuzione che è come quello della tempesta, chissà se arrivi in sala.
buona visione - Ismaele






Se d'istinto la presenza di due mostri sacri come Shakespeare e De Filippo poteva far pensare a un'operazione squisitamente intellettuale, calcolata a priori - come capita in operazioni di questo genere - per sfruttare i vantaggi derivati dalla reverenza che pubblico e addetti ai lavori solitamente hanno quando si tratta di confrontarsi con un simile cotè culturale, al contrario la visione del film smentisce questa ipotesi: un po' perché il tono generale e in particolare quello adottato da Rubini per incarnare il suo personaggio rasenta la pochade (soprattutto quando si tratta di riprendere gli elementi più indisciplinati della sua compagnia), un po' perché a Cabiddu riesce ciò che di solito risulta la cosa più difficile da raggiungere che è quella di saper trasferire l'universalità dei classici, in un contesto narrativo coerentemente autonomo - e la "La stoffa dei sogni se lo crea in modo naturale - e con una forma cinematografica che avendo nel suo dna profili come quelli dei nostri due campioni riesce a scongiurare il pericolo di scadere nel cosiddetto "teatro filmato"; oppure di ricalcare schemi ultra sfruttati come quello della sovrapposizione tra arte e vita che le analogie tra i personaggi di finzione e quelli shakesperiani potevano in qualche modo autorizzare…

Il quarto protagonista in scena è il più tragicomico in assoluto: il pastore sardo Antioco, un Calebano arcaico che si esprime in una lingua comprensibile solo a se stesso, e ciò nonostante cerca continuamente il contatto umano con i gli "invasori" che hanno colonizzato la sua isola. In questo personaggio, magnificamente interpretato da Fiorenzo Mattu, c'è tutto il dolore di Cabiddu per lo stupro subìto dalla sua terra, e l'istante in cui la messinscena dà voce (in napoletano, come in inglese o in sardo stretto) all'ingiustizia di quella violazione è pura trasfigurazione teatrale…

Il film pecca di una eccessiva stravaganza, che rende le vicende spesso irreali. Come il fatto che in una nave viaggino contemporaneamente attori e persone scortate al carcere dell’isola dell’Asinara, oppure che si parli ancora di capocomico e attori itineranti. A ciò gli autori hanno rimediato spostando la vicenda nel dopoguerra, ma le trovate restano comunque poco attuali. E infatti i dialoghi continui, che si muovono in lunghe unità di luogo manifestano questa necessità di tessere il rapporto tra i personaggi tramite le parole piuttosto che le azioni.
A parte questa inconciliabilità, la storia procede con grande vivacità, quasi a raccontare che non si conosca bene chi sia a recitare e chi sia a dire la verità. Come nella vita. È un film raro quello di Cabiddu, mosso dalle onde dell’isola in cui è ambientato, senza timore della poca modernità…

…In un momento di crisi e di derealtà come quello che stiamo vivendo, dove l’istinto della gente sta orientandosi decisamente verso il teatro, e non c’è scuola, carcere, parrocchia, centro anziani, gruppo di malati, che non lo pratichino, in cerca di un antidoto, di una qualche forma di cura, un film come La stoffa dei sogni è un lusso che non bisogna permettersi di perdere, non un film di nicchia, ma un film per tutti. E c’è da augurarsi che le nostre orecchie, piene delle risate di commedie divertenti che fotografano una realtà deprimente, o assordate dalle esplosioni e dagli spari di film e serie televisive di successo – prodotti che danno finalmente una boccata di ossigeno a un’industria cinematografica in crisi da anni –, riescano ad ascoltare anche la musica sottile e senza tempo di questo film sofisticato e semplice, impalpabile come la stoffa di cui sono fatti i sogni.

,,,Cabiddu riesce a costruire un equilibrio ben modulato tra i luoghi e la loro bellezza, la luce e il colore del mare, mai sfondo ma sempre parte della narrazione che trovano voce nella figura di Calibano, il pastore, e nella sua ostinazione a difenderli dalle invasioni straniere. E il gioco degli attori, tutti sintonizzati con i loro ruoli, a cominciare da Sergio Rubini, sempre coi toni giusti per il suo Oreste Campese, il capo comico che chiede comunque rispetto per il suo mestiere. Che come questo film, al di là dei suoi racconti, dei suoi intrighi e dei suoi equivoci esprime una riflessione sul ruolo dell’arte e dell’artista, che è quello di essere nel mondo ma insieme di rivelarne l’essenza come quando il telone cade e la trama delle vite prende all’improvviso un’altra direzione.
E come il capocomico questo film rivendica la sua libertà di invenzione, di non esser perimetrato dentro il sistema dominante come quello stesso gusto «artigianale» con cui gli attori sull’isola fabbricano il loro palcoscenico e cuciono i costumi.
La stoffa dei sogni è un’opera fuoriclasse che le sue corrispondenze le fa affiorare nelle passioni del regista e non nelle mode o nei format di mercato, il teatro, i suoi «maestri», ma anche (forse soprattutto) l’immediatezza di un’improvvisazione che nasce da un lavoro lungo, attento, dalla ricerca e da idee non scontate.
Senza trucchi che non siano invenzioni: un vecchio libro con le illustrazioni della Tempesta, un continuo gioco come è essere in scena. È questa anche la capacità di riguardare ai «maestri», di farne propri gli insegnamenti senza cadere nella sola citazione o nella ripetizione di un modello. C’è qualcosa di commuovente in questo sguardo ma soprattutto l’energia di ricondurre dentro al teatro – e piú in genere all’immaginario – il mondo. Le sue leggende, il passato e il presente.





6 commenti:

  1. Ciao, mi daresti un consiglio? La stoffa dei sogni pensi potrebbe piacere proprosto in un circolo del cinema con ospite il regista? Che ne dici? Matteo

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    1. secondo me piacerà.
      sapendo che è un film "inattuale", senza tempo, universale, e anche con la storiella d'amore (che sembra inutile), Eduardo e Shakespeare fanno un bell'incontro.
      i fan di Tarantino potrebbero annoiarsi, ma gli altri no.

      se vuoi contattare il regista dimmelo (fmmasala@tiscali.it), per vie traverse ti faccio avere il numero di telefono e ci parli direttamente.

      che vada tutto per il meglio :)

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  2. Ciao grande! Finalmente ti posso dire che a marzo riusciamo a farlo

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    1. sono contento, speriamo arrivi con qualche David di Donatello nella tasca della giacca.

      intanto per mail ti ho mandato un altro titolo che, sono certo, proietterai insieme al regista :)

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  3. e nel frattempo ci siamo...http://www.piccolocineclubtirreno.it/

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    1. venerdì 17, che nessuno sia superstizioso :)

      poi mi dirai se è piaciuto, a Follonica

      ciao f.

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