giovedì 7 luglio 2016

Güeros - Alonso Ruizpalacios

si sprecano i paragoni con Truffaut e Godard, a me sembra sopratutto ci sia molto di "Y tu mamá también", di Alfonso Cuarón, messicano anche lui.
ambientato in un passato prossimo, quando ancora si usavano le audiocassette, e il futuro poteva essere sognato.
università, occupazione, scioperi, musica, e la ricerca di un musicista, viaggi da Veracruz a ciudad de Mexico, e oltre.
un bellissimo bianco e nero e una bella musica, con attori stralunati quanto basta per essere credibili.
per Alonso Ruizpalacios, se sono rose fioriranno - Ismaele






La bellezza di questo film – vincitore dell’Orso d’Oro come Miglior Opera Prima nella sezione Panorama al Festival di Berlino 2014 – sta nella sua leggerezza e nel significato metaforico che il regista, attraverso inquadrature costruite alla perfezione e allo sviluppo dei personaggi, riesce a trasmettere allo spettatore, creando per tutta la durata della storia un fantastico contrasto tra la vita dei personaggi e i fatti reali dell’epoca, e dischiudendo poco a poco il vero, genuino significato della loro avventura.

Epigmenio Cruz, chi è costui? Se vi state ponendo il dubbio, e il cervello ha iniziato a fumare a forza di arrovellarlo sulla questione, potrà esservi d’aiuto sapere che i più pronti conoscitori della sua arte sono pronti a giurare che un giorno Bob Dylan, ascoltando una sua canzone, non riuscì a trattenere le lacrime. Epigmenio Cruz, come i bene informati sanno, avrebbe dovuto salvare la scena rock messicana dalla rovina. Ora però è in ospedale, o almeno questa è la notizia che hanno pubblicato gli organi di stampa a Città del Messico…
Güeros, esordio alla regia del trentacinquenne regista messicano Alonso Ruizpalacios, ruota attorno alla fantomatica figura di questo sfortunato cantautore, idolatrato da pochi affezionati fan e dimenticato in fretta dalla massa: è per poterlo incontrare nell’ospedale in cui è stato ricoverato che il quindicenne Tomás, suo fratello maggiore Fede, il coinquilino di quest’ultimo Santos e Ana, la ragazza di cui Fede è innamorato, decidono di intraprendere un road-movie sui generis, attraversando in lungo e in largo la capitale messicana in una giornata indimenticabile.
Presentato nella sezione Panorama durante i primi giorni della Berlinale, Güeros ha illuminato una selezione fino a quel momento (e anche nei giorni a venire) senza dubbio deludente: Ruizpalacios, che approda alla regia cinematografica dopo una lunga carriera teatrale (nonostante la giovane età), dimostra di non avere alcuna volontà di trasportare la propria esperienza sul palco anche sullo schermo, e lo ribadisce fin dal maiuscolo incipit, in cui la libertà creativa e il gusto per la messa in scena e in quadro che caratterizzano Güeros esplodono con forza deflagrante…

…quella che Ruizpalacios definisce la propria “lettera d’amore” alla sua terra, il Messico, svela in realtà il desiderio di narrare quanto di più personale un autore possa rivelare al proprio pubblico, che non tanto è un episodio autobiografico quanto, piuttosto, un senso di nostalgia scaturito dal ricordo di una frazione di tempo che non c’è più e che viene custodita nel cuore attraverso le immagini e i rumori, gli occhi, gli sguardi e i suoni impressi nella memoria di chi li ha vissuti e che vorrebbe comunicarli al mondo.
Güeros lo fa con delicatezza estrema: si riveste di un bianco e nero opalescente che appare come l’unico mezzo adoperabile per il proprio scopo, e subito si palesa come il frutto dei tempi non troppo lontani della nouvelle vague europea degli anni Sessanta: nelle loro fughe rocambolesche, nei propri discorsi forsennati e in ogni altra caratteristica, i personaggi riverberano l’immagine, ancora limpida, di quei protagonisti che condividono gli stessi intimi luoghi e le stesse strade delle città del primo Truffaut, ma soprattutto del primo periodo di Godard, in particolar modo se si pensa a Bande à Part

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