venerdì 15 marzo 2019

Eldorado Road (Eldorado) - Bouli Lanners

un furto andato male e poi inizia una specie di amicizia fra il derubato e il ladro.
chissà perché, Yvan prende a cuore la sorte del giovane ladro, cerca di aiutarlo in tutti i modi, nel loro viaggio succedono un sacco di cose, qualche attimo si ride anche, ma è un film molto triste.
un film che vale, non dubitare - Ismaele






…Ci voleva, pare, Bouli Lanners per convincerci che il Belgio è il territorio adatto per un road movie. Ci voleva per forza Bouli Lanners per interpretare Yvan e riempire di sfumature un percorso altrimenti silenziosissimo, a bordo di una Chevrolet del '79, in compagnia di un ragazzino tossicodipendente che non si leva mai il cappello ma sembra aver qualcosa lì sotto, nel cervello, che funziona e che potrebbe aiutarlo a vivere meglio, se solo lui gli desse l'opportunità di uscire allo scoperto. Ci voleva sempre Bouli Lanners per spacciare per un piccolo film, all'apparenza pressoché disabitato, un saggio di ottimo cinema…

…tutto è preso con molta ironia pur nella realtà dei problemi trattati, sorprendendoci e rendendoci partecipi di quanto accade. Lo stesso finale pur se aspettato, rimane aperto e la speranza di una vita nuova non viene del tutto negata. È un film molto maschile, in cui il tema dell’amicizia tra uomini ha un posto importante assieme a valori quali la solidarietà umana e la fiducia reciproca (anche nel finale la fiducia di Yvan per Didier non viene meno nonostante gli accadimenti). Da citare la bella colonna sonora che riesce a sottolineare in modo appropriato i momenti salienti dell’azione senza mai risultare di troppo, come nei migliori road movie. Un’opera seconda matura che mostra un autore da seguire, espressione di una dinamica cinematografia quale quella belga.

Si les premières séquences évoquent un mélange entre Bertrand Blier mode Buffet froid et de Jim Jarmusch, Bouli Lanners réussit, comme il y a peu Kelly Reichardt avec Old Joy, à transcender ce qui chez d’autres ressemblerait à une déclinaison impersonnelle. La preuve avec toute la dernière partie où Bouli et son acolyte hagard tombent sur un pauvre clebs balancé sur le toit de leur bagnole, qui pourrait ressembler à une figure attendue (deux hommes, un chien, une fugue, peinards dans la nature) et qui ne le sera pas. Lanners détourne ce que l’on aurait dû (se contenter de) voir et communiquer une tristesse inconsolable au moment où l’on s’y attend le moins. Eldorado, c’est à la fois un point de non retour, un voyage absurde à destination inconnue entre ce que l’on a été et ce que l’on aimerait être (ou ce que l’on restera), une quête affective entre peur de l’autre et nécessité de se rapprocher de l’humain pour ne pas crever seul, comme un chien. C’est l’œuvre sincère d’un marginal qui donne envie d’aimer et d’être aimé.

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