giovedì 17 marzo 2016

Spotlight (Il caso Spotlight) – Tom McCarthy

è il quinto film di Tom McCarthy (e il quarto suo che vedo, tutti belli o bellissimi, sono riuscito a evitare il peggiore).
qui riesce a fare un gran bel film, un po’ thriller a bassa intensità, degno erede del cinema “civile” degli anni ’70.
ha qualcosa in comune con La grande scommessa, entrambi sono film dove non si vince da soli, ma con un gioco di squadra, l’individualismo non abita da queste parti.
la piccola redazione di Spotlight (il titolo italiano non ha molto senso) riesce nell’impresa più difficile, un po’ come nella lettera rubata di Edgar Allan Poe ( è lì davanti, ma nessuno la vede), o come in un gioco della Settimana Enigmistica, unire i punti che esistono, ma nessuno ci aveva pensato prima.
il disegno che appare è mostruoso e terribile, difficile e doloroso, ma per la verità e la trasparenza si fa questo e altro.
intanto il cardinale Law vive a Roma (qui), non si capisce se punito o promosso, e adesso si gode la sua santa pensione.
a Martin Baron, il direttore del Boston Globe di allora, il film è piaciuto (qui), chissà che ricordi ai giovani e futuri giornalisti cosa può fare in un paese un giornalista in direzione ostinata e contraria, (quelli sotto scorta, e ancora vivi, in Italia lo sanno già).
il film merita molto, attori in ottima forma, non perdetevelo - Ismaele





Un film come Spotlight non è solo cinematograficamente efficace anche perché sorretto da un cast di attori tutti aderenti al ruolo (con in prima fila un Michael Keaton che sembra aver trovato una nuova giovinezza interpretativa) ma anche perché finisce con l’affermare un dato di fatto incontrovertibile. La Chiesa Cattolica, grazie ad alcuni suoi esponenti collocati ai livelli più alti della gerarchia, ha creduto di ‘salvare la fede dei molti’ nascondendo la perversione di pochi. Ha invece ottenuto l’effetto contrario finendo con il far accomunare nel sospetto di un’opinione pubblica, spesso pronta alla semplificazione, un clero che nella sua stragrande maggioranza ha tutt’altra linea di condotta. La forza con cui Papa Francesco ha condannato, anche con la detenzione entro le mura vaticane, i colpevoli di questo tipo di reati è prova di un’acquisita nuova consapevolezza in materia. Quell’inchiesta di poco più di dieci anni fa ne è all’origine e quei giornalisti, anche se non ne erano del tutto consapevoli, finivano con il ricordare a chi regalava loro copie del Catechismo di andare a rileggere e fare proprie le parole di Gesù: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare” (Matteo 18, 6)

Cinema e giornalismo adottano lo stesso metodo: all’obiettività tenace ed all’orgogliosa indipendenza del pool del Boston Globe corrispondono l’accuratezza, al limite della pignoleria, e la dedizione di regista e cast del film. L’autore descrive con rigore estremo la scoperta di un verminaio nella cattolicissima Boston, un’inchiesta avversata da autorità sia ecclesiali che civili, e la testardaggine di un gruppo di giornalisti, non eroi, ma uomini spaventati dalle loro stesse scoperte, ciononostante animati da un insopprimibile anelito alla Verità, quella oggettiva, fattuale, dimostrabile. Un giornalismo ormai dimenticato nel nostro paese, dove interessi e tifo dettano i titoli di prima pagina. Un cast strepitoso incarna il pool investigativo con partecipato realismo, dal sempre più eclettico Keaton, all’intenso Ruffalo, fino all’ironico Tucci: tutti credibili, tutti perfettamente accordati ed in parte…

Da questo impianto perfettamente funzionante ma ampiamente prevedibile, abbellito da un cast di validi protagonisti e comprimari e intriso di un ottimismo tipicamente yankee e liberal, emergono alcune non banali riflessioni sul tessuto bostoniano, sulle colpe rimosse, su un’indifferenza complice. Insomma, su un sistema che non è alimentato solo dalla Chiesa, ma che funziona grazie a ingranaggi che si muovono o che non si azionano, restando immobili, inerti. McCarthy non cerca di alleggerire i macigni che gravano sulla coscienza della Chiesa, ma allarga lo sguardo, suggerendo agli spettatori di evitare una facile e isterica caccia alle streghe ma di osservare la complessità della società e della sue dinamiche..

…Si bien es incuestionable el valor que la cinta le da al poder de la prensa, presentando un acontecimiento icónico de esto para la nueva era, ‘Spotlight’ no se detiene sólo en ello y es ahí donde radica el triunfo de McCarthy, al lograr, más allá de lo delicado del tema, un thriller lleno de detalles, sin pausa y con grandes personajes secundarios, quienes finalmente son los que le dan vida al relato, en un guión que se da el tiempo de darle protagonismo tanto al equipo de Spotlight, como también al resto de periodistas del diario, a las víctimas, a las autoridades y a los abogados involucrados, tanto de uno como del otro lado de la vereda. A pesar de este logro muy bien concebido, la cinta es sutil y temerosa a la hora de encarar el secretismo de la Iglesia Católica, dejando casi en segundo plano la crítica dura y condenatoria. Tal como el objetivo del Boston Globe, la película sólo se encarga de testimoniar y entregar didacticamente los antecedentes y hechos históricos por sobre el evidente juicio de valor que cualquiera esperaría. No da el paso siguiente. Si bien esto podría jugar en contra, consigue no sacarnos del foco y se termina degustando igual una cinta de factura impecable en todos sus sentidos…

Il progetto ha una sua inattaccabile rilevanza tematica, e c’è grande rispetto nell’affrontare un argomento facilmente manipolabile e dalle possibili derive sensazionalistiche. Il merito è di una regia rigorosa e di una sceneggiatura che attraverso la coralità cerca di porre l’attenzione più sui fatti che sui personaggi, lasciati in secondo piano, forse per il timore che sprazzi di emotività potessero inquinare la veridicità dei contenuti. La linearità e la semplificazione, però, si rivelano un’arma a doppio taglio. Se, infatti, la fruibilità è ottimale, nel senso che il film scorre e la complessità è sviscerata a dovere, a mancare è principalmente la tensione. Non si hanno mai reali dubbi sull’esito della ricerca, non ci si appassiona mai veramente, o perlomeno non come si vorrebbe, alla progressione, e un eccesso di verbosità rende tutto chiaro ma con poco mordente…

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