lunedì 2 aprile 2012

Stay – Marc Forster

uno di quei film che ami oppure no.
una storia con una sceneggiatura complessa, colpi di scena a ripetizione, attori bravissimi, nella quale tutto quello che vedi è vero oppure no.
ti perdi e poi alla fine trovi un'ipotesi, o una falsa pista.
insomma, un film da montagne russe, un po' troppo cerebrale, freddo, per i miei gusti.
ma non dispiace - Ismaele


Ci sono film che mettono a dura prova la pazienza degli spettatori. Stay di Marc Forster fa decisamente parte di questa categoria. Peccato, perché sulla carta il film schierava gente avvezza al buon cinema. …
Raccontare film come Stay è complesso, perché si rischia di rovinare l’effetto “uovo con la sorpresa dentro” che regge tutto il gioco della sceneggiatura. Anche se – ed ecco svelato invece il difetto primario del film – si tratta di un gioco al quale gli spettatori non sono invitati, né del quale sono tenuti a conoscere  le regole o a parteciparvi a qualsiasi titolo. La sorpresa finale, il cuore del senso stesso di Stay, è infatti attaccata alla storia da una serie di indizi incoerenti, sconnessi, disseminati ad arte per – si perdoni il francesismo – non far capire un cazzo al malcapitato fruitore…

La fuga da un dolore impossibile anche solo da pensare, un dolore così grave ed opprimente da rendere insostenibile il solo pensiero di continuare a convivere con esso. La ricerca di un’altra dimensione alienante che surroghi quel grumo di disperato tormento di fronte al quale la vita ci ha posti inconsapevoli ed indifesi. L’ ossessivo e frustrante bisogno di un altro umano con il quale condividere una sorte talmente sconfortante. Si parla di questo in Stay – Nel labirinto della mente e definirlo solo un thriller paranoico è forse limitativo…

Forster (Monster’s Ball,Neverland) e lo sceneggiatore Benioff (suo il romanzo e lo script da cui è tratto La 25a ora di Lee) scavano tra le pieghe più nascoste dei nostri neuroni. Lo fanno attraverso un uso bellissimo e claustrofobico dell’inquadratura e una storia che come il lavoro visivo del film (raffinata ricerca digitale e piccoli loop ipnotici) è un inquietante déjà vu al presente, senza passato né futuro. Pura possibilità di rivedere un dettaglio di ora.
Il destino di Sam Foster sembra determinato dal suo paziente, dalla sua mente, dai suoi ricordi, dalla sua volontà, così come quando il presunto autore di una storia entra in balia totale del proprio personaggio. Non a caso proprio a Foster, il personaggio interpretato da McGregor, manca appena una consonante per chiamarsi come il regista del film…

5 commenti:

  1. lo sai, l'ho visto ma non lo ricordo per niente, finale a sorpresa compreso. Però nelle parole che spesi all'epoca(dicembre 2007) lo apostrofai come pessimo più una serie di altri pensierini non tanto carini per il film...

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  2. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  3. mi ricorda "Inception", e altre cose così, virtusismo, ma freddo.
    pessimo forse no, magari non imprescindibile...

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  4. L'ho visto questo film, a me era piaciuto...C'è una sequenza che rasenta il formalismo, in effetti, come si legge anche qui nei commenti. Però nell'insieme è un film che prende, ti lascia qualcosa di poco decifrabile. Il finale non mi aveva convinto troppo, credo. Per me rimane molto bravo l'attore che fa Henry Lethan.

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  5. quell'attore è Ryan Gosling, "Drive " e "Le idi di marzo" varrebbero meno senza di lui

    poco decifrabile dici, sembra che qualcuno abbia seguito Pollicino e preso le molliche di pane e le abbia sparse dappertutto, col cavolo che Pollicino torna a casa:)

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