martedì 14 febbraio 2012

Una Separazione - Asghar Farhadi

un film che ti lascia senza appigli, qui non ci sono buoni e cattivi, chi ha ragione e chi ha torto.
non ci sono vincitori e vinti, in un mondo senza sorrisi.
è un mondo tenuto in piedi da esseri fragili, che sbagliano e ne sono turbati, un mondo che verrà salvato dalle ragazzine, che tutto vedono e capiscono, e vorresti sapere cosa pensano, ma non lo saprai mai.
nel film sembra non succeda molto, ma succede tutto.
e non ti stacchi fino alla fine, senza annoiarti un secondo - Ismaele




Fahradi sceglie di posizionare la mdp in mezzo, nel cuore della frattura. Cambia continuamente il punto di vista sulla verità. Aderisce alla prospettiva di ogni personaggio, mettendone a nudo umanità, fragilità, bassezze. Addensa il piano: di parole, gesti, sguardi terribili. Lascia lievitare il reale, esplodere le metafore. Il quotidiano viene smosso, i fatti intensificati, drammatizzati, infine rimossi.
Il film è un mulinello emozionale veloce, implacabile. La sua ruota dentata è l’Iran che gira, afferra, dilania. Freneticamente immobile. Dentro il vortice di un impasse.

…Però questo film è tanto più interessante, quanto meno è politico o di denuncia. «Non mi piacciono i film manifesto, perché nascondono una dittatura interna. Viceversa, più si è vicini alla realtà, più si è politici» ha dichiarato Farhadi. Ed essere vicini alla realtà vuol dire non essere semplicistici, non dividere il mondo in buoni e cattivi, non schierarsi nettamente da una parte o dall’altra della ragione. Perché la ragione non è una, ma tante. In un certo senso Una separazione è una commedia pirandelliana. Ha ragione Simin a rischiare la separazione pur di allontanarsi dalla patria, cogliendo un’occasione irripetibile di offrire alla figlia un futuro diverso; ha ragione Nader che non vuole abbandonare in mani estranee il padre demente; ha ragione (anche se è dura per noi accettarlo) la badante Razieh a non pulire il sedere del vecchio finché un’autorità religiosa non le garantisce che non commette peccato; ha ragione Termeh che non riesce a prendere partito fra le volontà contrapposte di papà e mamma…
Chi ha torto allora? Ha torto il violento, il mentitore, il marito di Razieh, disposto a farsi beffe della religione sbandierata a ogni piè sospinto, quando gli impedisce di ottenere, in un processo, i soldi di un risarcimento che non gli spetta. E ha torto lo stesso Nader, che costringe sottilmente la figlia a mentire, per uscire pulito dallo stesso processo. Eppure. Eppure sono «torti» comprensibili, giustificabili umanamente. Nemmeno è un caso che i manipolatori siano due maschi. Due maschi, però, che si piegheranno di fronte all’incorruttibilità delle mogli e alla grazia misteriosa di una ragazza che, nel bel finale sospeso, ha in mano il bandolo della vita propria e dei genitori.

In Una separazione c’è, infatti, una finzione densa di realtà che tradisce un meccanismo per il quale la seconda si confonde nella prima. E così gli attori sembrano interpretare persone più che verosimili e l’intero contesto sembra corrispondere al più meticoloso identikit della società iraniana, carica di costrizioni e contraddizioni. Dunque, senza mai tradire una sola denuncia esplicita, il film si trincera dietro l’infallibilità della ricostruzione di una situazione possibile: le sequenze sono scandite da porte aperte o chiuse, da scorci di stanze o da finestre in cui spesso appare un terzo personaggio che ascolta in silenzio due dialoganti e funge da alter ego dello spettatore…

Sin dalle prime inquadrature si percepisce che Una separazione è uno di quei rarissimi “miracoli” del cinema, capaci ancora di sconvolgere le nostre menti intorpidite e consegnarle ad un livello di raffinata semplicità, che nella claustrofobia delle mura domestiche è abile nell’aprirsi a temi politici, sociali e religiosi, senza mai correre il rischio di essere banale…

Quello che lascia a bocca aperta è l’abilità con cui Farhadi costruisce la sua vicenda, aumentando man mano la tensione e il senso di minaccia, accumulando dettagli apparentemente insignificanti che però scopriremo poi si salderanno in una gabbia da cui i protagonisti non potranno scappare. Sembra l’applicazione drammaturgica della teoria delle catastrofi (e del caos), secondo cui anche un microevento può per un effetto a catena produrre mutamenti radicali. Tutto incomincia a complicarsi maledettamente quando il povero Nader, tornando in anticipo dal lavoro, trova il padre legato e agonizzante…

Certo c'è il quesito iniziale non di poco conto: per un minore è meglio cogliere l'opportunità dell'espatrio oppure restare in patria, soprattutto se femmina? Perchè le protagoniste positive finiscono con l'essere le due donne. Entrambe con i loro conflitti interiori, con il peso di una condizione femminile in una società maschilista e teocratica ma anche con il loro continuo far ricorso alla razionalità per far fronte alle difficoltà di ogni giorno. Agghiacciante nella sua apparente comicità agli occhi di un occidentale è la telefonata che la badante fa all'ufficio preposto ai comportamenti conformi alla religione per sapere se possa o meno cambiare i pantaloni del pigiama al vecchio ottantenne che si è orinato addosso. Sul fronte opposto della barricata finiscono per trovarsi gli uomini che, o sono obnubilati dalla malattia oppure finiscono con l'aggrapparsi a preconcetti che impediscono loro di percepire la realtà in modo lucido. Ciò che va oltre alla realtà iraniana è l'eterno conflitto sulla responsabilità individuale nei confronti di chi ci circonda. Ognuno dei personaggi vi viene messo di fronte e deve scegliere. Sotto lo sguardo protetto dalle lenti di una ragazzina…

10 commenti:

  1. Perfetto. Avevo già letto pareri assai positivi, ed il tuo, così sentito, non può che convincermi ulteriormente a vederlo.

    RispondiElimina
  2. intanto ho trovato il film precedente, in italiano.

    e mi piacciono molto queste parole del regista:
    «Non mi piacciono i film manifesto, perché nascondono una dittatura interna. Viceversa, più si è vicini alla realtà, più si è politici» ha dichiarato Farhadi.

    poi mi dirai se ti è piaciuto:)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Visto. Avevi ragione, non ci si annoia nemmeno per un istante ed il film è davvero notevole.

      Elimina
  3. Uhhh che bello! L'ho visto domenica sera e devo dire che è stata una sorpresa piacevolissima. Come giustamente dici, un film che ti lascia senza fiato, che non fa sconti a nessuno, in cui non ci sono buoni e nessuno è come appare...

    RispondiElimina
  4. quando vedo film così mi sembra siano la continuazione del neorealismo con altri mezzi:)

    RispondiElimina
  5. Film molto bello che mi ha lasciato senza "parole". Dovrò rivederlo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. credo che non perda nella seconda visione, è una storia solida e non finta

      Elimina
  6. l'altro giorno l'ha visto un'amica, ma non le è piaciuto.
    ma il mondo è bello perché è vario.
    e che bello che abbia vinto l'Oscar, speriamo lo vedano in tanti.

    RispondiElimina
  7. Questo film è meraviglioso: se è possibile mi è piaciuto un pelo di più persino di About Elly.

    RispondiElimina