Michele Avantario era un ragazzo che incrociò la musica rivoluzionaria di Fela Kuti e fu amore.
partì per la Nigeria, riuscì ad entrare nella comunità di Fela Kuti, che lo accolse con curiosità e affetto.
per Michele fu un'illuminazione, verso Fela fu devozione, è stato il suo Dio vivente.
il film è coinvolgente, emozionante, commovente, come se l'avesse girato Michele Avantario, che con noi ringrazia Daniele Vicari per l'impresa.
non perdetevi il film, nessuno resterà deluso.
buona (straordinaria) visione - Ismaele
e (ri)ascoltiamo la musica di Fela Kuti!
QUI si può vedere il film completo, su Raiplay
Il testo di Daniele Vicari su “Fela il mio dio
vivente”:
Nel 1984
avevo 16 anni, e venni a vivere a Roma. Ero una sorta di “tabula rasa”, un
ragazzo spaesato. Anzi, spatriato. Non conoscevo il cinema, non conoscevo la
musica. Ascoltavo l’hard rock e il reggae ma un po’ a caso, devo essere
sincero. Il 1984 è l’anno del concerto romano di Fela Kuti, un concerto
rimasto nella memoria di molti. Io non ci andai perché non sospettavo nemmeno
esistesse un artista come Fela. Lo scoprii nei mesi successivi. A
seguito di quel concerto nei centri sociali, durante le manifestazioni, nelle
feste e nei locali di musica africana che a Roma erano un bel po’, la musica di
Kuti cominciò a circolare.
Mi sono
molto emozionato quando, guardando i repertori che Michele Avantario ha
lasciato a Renata di Leone, ho capito che si trattava di quell’anno lì e di quel concerto lì che
riecheggiò in tutta la città per mesi. Raggiungendo persino un outsider come
me.
Non la solita apologia di un gigante della musica del
‘900
Nel 2019
camminando lungo il porticato dell’Auditorium, alla festa di Roma, ho
incontrato Renata Di Leone. Avevo scelto Giovanni Capalbo, suo secondo marito,
per un piccolo ruolo in Alligatore e lui era lì con lei. Mi
fermarono e mi raccontarono di aver creato una società di produzione che si
chiama Fabrique Entertainment. Poi mi raccontarono dell’esistenza di
questi repertori lasciati a Renata dal suo primo marito, morto nel 2003.
Loro mi
parlarono dell’idea di fare un film su Fela Kuti, grazie a queste immagini. Ma
quando ho visto una parte di quel patrimonio ed ho letto gli appunti di
Michele, che aveva intenzione di fare un film di finzione su Fela Kuti, rimasi
molto colpito dal modo in cui quelle immagini erano state realizzate. Dall’intenzione del regista che vi
traspariva, oltre che da cosa mostravano. Il materiale di Michele mi offriva
una opportunità unica per fare qualcosa che nei film musicali è praticamente
impossibile: un film che non fosse la solita apologia di un gigante
della musica del ‘900.
Quasi sempre
i film musicali sono poco interessanti dal punto di vista strettamente
cinematografico. Ci sono troppi vincoli, cioè le etichette musicali, le
famiglie degli artisti. Gli artisti stessi che hanno una “immagine” che
vogliono mantenere a tutti i costi. Nelle riprese di Michele invece Fela Kuti è
ripreso nella sua nuda verità quotidiana, senza censure o autocensure. Lo
sguardo di Michele ci racconta un Fela Kuti in chiaroscuro e più umanizza
quell’uomo più lo rende importante ai nostri occhi, perché lo coglie nella sua
fragilità. Non è una popstar che vediamo rappresentata ma un amico, un maestro,
un “babalawo”. Soprattutto quelle immagini raccontano due cose che ho
considerato idee guida: lo sguardo di Michele, la sua intenzionalità
particolare e la storia di un progetto cinematografico fallito. Due cose molte
significative, cosa avrei potuto chiedere di più?...
Michele
Avantario ha lanciato programmi televisivi, fatto videoarte, creato lo spot
promozionale dell'Estate romana di Renato Nicolini, ma soprattutto è stato un
grande conoscitore di musica africana superfan del musicista nigeriano Fela
Kuti, Back President dell'afro beat e simbolo della nuova evoluzione africana.
Avantario ha seguito Kuti ovunque, invitandolo ad esibirsi in Italia e
recandosi regolarmente in Nigeria, e riuscendo a poco a poco a guadagnarsi la
fiducia del musicista che alla fine lo accoglieva presso la sua comune, Kalakuta,
come un membro della sua famiglia allargata - peraltro l'unico bianco.
Il sogno di Michele era girare un film su quello che era arrivato a considerare
come la sua guida spirituale, e per far questo ha girato ore di riprese e ha
recuperato le bobine di pellicola in 35mm dirette da un altro cineasta e poi
abbandonate all'incuria. Il risultato è la testimonianza ricchissima e inedita
di un artista eclettico e controverso, ma anche dell'uomo che l'ha inseguito
per anni con l'obiettivo di raccontarne l'unicità.
…Quella di Avantario per la figura di Fela Kuti, morto nel 1997, è una vera passione,
quasi un’ossessione e il documentario la rende molto bene. Pugliese trapiantato
a Roma, Michele Avantario si dimostra fin da subito molto attratto dalla musica
afro e conosce in questo modo l’arte di Fela Kuti, inventore del genere
afrobeat. Quando il comune di Roma, nel 1984, gli affida il compito di
organizzare un concerto di Kuti, per Michele non è solo la realizzazione di un
sogno ma anche l’occasione di conoscere direttamente questo autentico mito
musicale; una figura carismatica e punto di riferimento politico per il popolo
africano, non solo della Nigeria. Avantario – cui si deve anche il merito di
aver importato in Italia la musica afrobeat – inizia ad accarezzare l’idea di
realizzare un film su Kuti e per questo passa molto tempo a Lagos, nella comune
in cui Kuti viveva con le sue 27 mogli, i figli, i musicisti. Un sogno
destinato a rimanere tale perché Fela a un certo punto si oppone alla
realizzazione del film, dal titolo provvisorio di Black President…
Daniele Vicari torna alle origini della sua (bella) carrierra
cinematografica, riscoprendo il formato del documentario. Lo fa raccontando un
sogno, una straordinaria esperienza di vita, quella di Michele Avantario,
artista visivo e autore per la televisione, ma soprattutto vero e proprio
discepolo di un dio musicale, ovvero del nigeriano Fela Kuti, inventore
dell'afro beat, jazzista, rivoluzionario e figura spirituale tout court. Il
sogno di Avantario era quello di realizzare un film su Fela, riprendendo l'idea
di un altro film, andato perduto, "Black President", e innervandolo
con la sua incredibile esperienza personale, che lo portò ad essere uno dei
pochissimi bianchi che potevano frequentare la casa-comune di Kuti a Lagos.
Vicari recupera il girato di Michele, spesso riprese traballanti e personali, e
ne ricava, tramite una voce off che ne legge i diari di lavorazione, un documentario
affascinate, utopico, che finisce per, ironicamente, dare pure un bello
spaccato di cosa l'artista nigeriano sia stato per la musica africana e
mondiale e, soprattutto, per il suo Paese…
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