dopo la guerra, un professore si trasferisce con la famiglia dalla Sicilia a Roma, lo stipendio è basso, è dura mantenere la famiglia, ma a Roma farà un lavoretto per integrare le entrate familiari, facendo il rappresentante/lobbista/corruttore a favore di un prodotto farmaceutico del suo ex padrone di casa siciliano, fascista nell'anima e di fatto.
avventure di un poveraccio che deve tradire la sua coscienza.
eccezionale la visita al castello!
da non perdere.
buona (fascista) visione - Ismaele
QUI o QUI si può vedere il film completo
Dopo gli anni difficili, ecco
quelli cosiddetti facili. L’accetta della censura rimane affilata anche nella
fresca democrazia, mutilando questo caustico e coraggioso film di Zampa,
necessario a chiarire come non si sia tutto facilmente risolto con la fine del
Ventennio. Le lotte di potere procedono con gli usuali servilismi, corruzioni e
abusi. Tagliare la testa al pesce che puzzava non ha mutato gli italiani: il
corpo ha conservato l'odore. La magra consolazione è che ora si può cominciare
a raccontarne il marcio in un modo però alterato dall’alto e inevitabilmente
sconnesso.
Amaro apologo sull'Italia corrotta e
corruttibile, sugli strascichi del fascismo e della monarchia, condotta da
Zampa con mano a dire il vero un po' troppo pesante ma comunque apprezzabile e
che regala anche qualche sorriso (soprattutto nella trafila ministeriale a cui
è costretto il protagonista nella prima parte). Molto bravo Taranto, dimesso e
misurato, sul quale si poggia gran parte del film e che forse mai più si è
ripetuto in una simile performance. Buono.
Film quasi dimenticato, come d’altronde è garbatamente
dimenticato il suo regista, eppure non solo bello, ma anche interessante da un
punto di vista storico. Vitaliano Brancati lo scrisse dopo Anni
difficili, scegliendo
di raccontare ancora una volta la zona grigia del ceto medio-basso, che non
sempre si schiera o può schierarsi politicamente, e che rappresenta certamente
la maggioranza degli italiani: al centro della scena c’è, appunto, un modesto
insegnante di origini siciliane, coattamente trasferitosi a Roma per le smanie
delle famigliari e costretto a fare da rappresentante commerciale ad un trafficone
barone con passato fascista e presente trasformista.
Fin qui non ci sarebbe niente di strano. E invece no.
Il film ebbe tantissime noie con la censura democristiana sin dalle prime
stesure della sceneggiatura, e i motivi sono presto detti. Il pungente Brancati
racconta con satirica sottigliezza argomenti tabù del dopoguerra italiano: la
rappresentazione di un partito di governo che, al di là della figura del
sottosegretario Rapisarda, media in favore di se stesso; di un apparato statale
sempre in mano ai transfughi fascisti; di una burocrazia lenta, idiota,
macchinosa ed inutile; di una vicenda umana di un povero cristo che non fa
onore ad una classe dirigente senza principi…
…Le scelte operate da Zampa e Brancati,
apparentemente stridenti tra loro, si rivelano felici e ispirate: quanto più,
infatti, i fendenti satirici che lo scrittore dispensa ai
nostalgici del ventennio e agli intrallazzatori del presente raggiungono con
efficacia i loro destinatari, le virate del film nella commedia di costume e
nel bozzettismo ne stemperano con bonarietà di toni la virulenza più
pungente (che causerà ad Anni facili la
bocciatura in commissione di censura), senza eccedere nel moralismo e nella
caricatura (difetti, invece, ascritti al film dai detrattori
dell'epoca), ma servendosene, invece, per accanirsi maggiormente
sull'inerme protagonista del film e sgretolarne ogni residuo di
resistenza. Ne emerge un ritratto garbato e vibrante, sapientemente
orchestrato da Zampa (pur senza raggiungere le vette di Processo alla città) tra sdegno
civile, impennate sarcastiche e irresistibili siparietti umoristici:
dai toni sferzanti dell'incipit al
primo giorno di lezione di Taranto al liceo romano ("Come
mai siete rimaste così indietro?"...), dalla sua estenuante
odissea tra uffici, ministeri, tram affollati e code interminabili, al
paradossale dramma dell'anziano reduce della guerra d'Africa, ancora in attesa
che gli venga riconosciuta la pensione, fino al raduno segreto dei nostagici in
camicia nera, allo sketch teatrale di Riccardo Billi e Mario Riva e ai toni
malinconici che ammantano il finale. Nel cast, oltre all'intensa
e superlativa prestazione di Nino Taranto (premiato con il Nastro
d'Argento come miglior attore protagonista), si segnalano anche uno
spassoso Gino Buzzanca, Alda Mangini, una giovanissima Giovanna Ralli, Checco
Durante e, nella parte del giudice, Domenico Modugno.
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