tratto da un romanzo di Josè Giovanni (che collabora alla sceneggiatura), è una storia di banditi e poliziotti, che nelle mani di Jean-Pierre Melville diventa una storia epica, l'eroe (Lino Ventura, che vuole ritirarsi a vita privata, dopo l'ultimo colpo) viene massacrato da un cattivo poliziotto, ma un bravo poliziotto (Paul Meurisse), un avversario leale, lo aiuta a non morire come un traditore, gli restituisce l'onore.
il film non annoia mai, per nostra fortuna.
un gioiello da non perdere, se ti vuoi bene, 150 minuti memorabili.
buona (indimenticabile) visione - Ismaele
QUI si può vedere il film completo, con
sottotitoli in spagnolo
…In questo
viaggio dell’antieroe Gu (Lino Ventura), che inevitabilmente si rispecchia nel
parallelo percorso del commissario Blot (Paul Meurisse), più delle sequenze
d’azione contano i dettagli, le pose e gli sguardi, le parole calibrate, i
silenzi. Conta, ad esempio, quella mano che aiuta Gu a salire sul treno merci,
come conta la corsa liberata e liberatoria nel bosco – bellissimo, tra l’altro,
il carrello laterale che segue i due fuggitivi. Più delle sparatorie, peraltro
sfrondate di inutili orpelli e anche per questo memorabili (si vedano l’assalto
al blindato ma anche il confronto a quattro nel finale), a restare impresso è
il campo\controcampo sui volti di Ventura e Christine Fabréga (Manouche) al
loro primo incontro e poi all’ultimo, col viso della donna rigato dalle lacrime
e l’arcigna rassegnazione scolpita su Gu. Melville apre e chiude la loro
parentesi sentimentale, da amanti che sognano una seconda possibilità e un
impossibile viaggio in Italia, con questi quattro primi piani, probabilmente le
immagini più limpide e al contempo strazianti di tutta la pellicola. L’afflato
romantico del primo incontro è accompagnato da un velo di malinconia quasi
impercettibile: i volti, splendidi ma non più giovani, sono una sorta paesaggio
autunnale, un affresco intriso di disincanto e consapevolezza. L’amore, il
fato, una strada segnata.
La consapevolezza del fato
in agguato non unisce solo Gu e Manouche, ma anche Blot, in una partita a tre
che non ha un vero vincitore, se non nella logica della gelida giustizia. Ed è
anche qui, nelle fermezza di Gu, di Alban e di Orloff, e nell’animo nero e
corrotto dell’ispettore Fardiano, che Melville mostra la complessità della sua
poetica, della sua scrittura e messa in scena, elevando ancora una volta il
cinema di genere. La spettacolarità del cinema di Melville, la sua
intramontabile efficacia, è nella capacità di sintesi, nel realismo che sa
essere brutale. Melville toglie per aggiungere. Bressoniano e hollywoodiano.
…A diferencia de tantas epopeyas contemporáneas semejantes
que se ponen del lado de los payasos institucionales o nos hartan con un sermón
moral o relatos biempensantes y remanidos orientados a rubricar a los monigotes
policiales o jurídicos, Melville en el film que nos ocupa apenas si incluye una
placa burocrática al inicio de la película al respecto y luego se consagra a
desparramar nihilismo estilizado a montones en el que nadie está exento de
culpa y todos son en mayor o menor medida cómplices de su propio martirio,
incluso recurriendo a constantes leyendas espaciales y temporales impresas
sobre las imágenes para reforzar el aura de crónica muy meticulosa de un
proyecto criminal que se fue al caño por bajas variopintas en ambos lados de la
ley, redondeando el trabajo más cruento de la trayectoria del cineasta hasta la
fecha.
…Sbirritudine e delinquenza allora
danzano,sono ombre della stessa medaglia.Nessuno si salva,ogni ora è una
ferita nell'animo,assume caratteri esiziali distruggendone dignita' e
onori.Affascinante il bianco e nero del film, dettato senz'altro da una scelta plausibile,
riportandoci in terre epistolari,di romanzi e cinema "hard
boiled".Melville mostra l'amore incondizionato per le "Giungle
d'asfalto" , trasmettendo l'aura amara da noir americano.La fotografia è
quella giusta, assume sguardi nichilisti,dettati da leggi di
sopravvivenza, evincenti nel viso di "Gu".Un film da"
immersione" nelle paludi della vita,come leggere un romanzo a tinte
nere,dove non si sa da che parte stare.Le riflessioni non mancano,ma sono
dettate dalla pieta' e il sentimento umano. I personaggi
"Melvilliani" non sono malvagi,hanno scelto di vivere assecondando le
"leggi" della loro anima.E' giocoforza affidarsi ad un cast dal
talento magnetico.Il carisma attoriale è enorme,lo si sente sottopelle in ogni
minuto di pellicola.Lino Ventura imponente nei panni del criminale,Paul
Meurisse perfetto in quelli del commissario…
E' un film indubbiamente particolare, anche rispetto agli
altri dello stesso Melville. La prospettiva è talmente asettica e neutrale, che
è impossibile ravvisare l'approvazione o disapprovazione del regista verso i
suoi personaggi, anche in quanto criminali o poliziotti. Nessuno è simpatico, e
nessuno viene compatito o approvato. E' una pellicola che racconta dei fatti di
crimine e le rispettive indagini della polizia in modo asciutto e
antispettacolare, e basta. Quanto al protagonista interpretato da Lino Ventura,
il film delinea a poco a poco la sua morale e il suo codice d'onore. Per
semplificare, sono quelli di un mafioso vecchio stile: fedeltà alla parola data
e agli amici, rifiuto assoluto di collaborare con la polizia, vendetta
obbligata verso chi tradisce o chi si mette di traverso, ugual punizione per i
poliziotti che gli danno la caccia. Insomma, di persone ne ammazza parecchie
nel corso del film (e sempre fuori campo)…
…La maturita' del cinema di Melville (
come di un Peckinpah) sta nel portarti a non giudicare,a non prendere
facili posizioni,ma a capire la natura di un male che ha sempre le facce
inflessibili di perfetti disillusi. I personaggi di Melville sono cattivi ma
mai carogne. Minda,come Costello,segue un codice comportamentale rispettoso
delle regole del gioco. Uccidono per senso del dovere, quando gli altri
barano,quando sono braccati,quando,come nel selvaggio west,sparare per secondo
significa morire. Piu' che vivere sopravvivono sempre intenti a guardarsi le
spalle. Ma la malavita ti sceglie o la scegli? Intanto i personaggi di Melville
non sembrano saper fare altro,per la naturalezza con cui si muovono e per il
solo tipo d'autore che conoscono e frequentano. E a queste condizioni sono disposti
a pagarne caro il prezzo.
…Melville sfrutta a pieno l'asciutezza,
il "verismo" (come dichiarato da Massimo Carlotto) di Josè Giovanni
(qui anche cosceneggiatore del regista). La regia assimila quella distanza che
Giovanni ha posto tra i suoi personaggi e il pubblico, anche se è impossibile
non "tifare" per Gu Minda.
Se volete il Cinema ai massimi livelli; se siete
amanti del noir/polar d'autore, non potete perdervi questo "Le deuxième souffle". Un polar che coniuga magistralmente forma e
contenuto. Un'opera che, immersa in un nitidissimo, e al tempo stesso
agghiacciante, bianco e nero, e racchiusa in inquadrature "oblique"
dalla forte profondità di campo, emana una potenza inossidabile ancor oggi.
Non capire ciò, mi sembra delittuoso!
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