venerdì 26 settembre 2025

Duse – Pietro Marcello

Valeria Bruni Tedeschi (che interpreta Eleonora Duse) è la protagonista assoluta del film, un'attrice che ritorna "in campo" dopo diversi anni di pensione negli Usa.

torna in patria e riprende il suo lavoro, in un momento storico terribile per l'Italia, qualche anno dopo la fine della prima guerra mondiale.

la storia dell'attrice è accompagnata da un filmato d'epoca del viaggio in treno che attraversa l'Italia, da Aquileia a Roma, per trasportare il milite ignoto all'Altare della Patria.

Valeria Bruni Tedeschi è Eleonora Duse, piena di dubbi e paure, decisa a tornare in teatro, ma in pochi anni l'Italia è cambiata, e le sue relazioni personali sono complicate, con la figlia sopratutto. 

il film non è un'agiografia, il registra mostra una donna che è nella fase discendente della sua vita, e non riesce ad accettare il tramonto.

buona (Valeria Duse) visione - Ismaele



…Duse resta un'opera sincera, coerente, ricca di suggestioni e visioni potenti. E' un film che non ti concede nulla, che richiede attenzione e tempo, ma che riesce comunque a lasciare un segno tangibile, seppur silenzioso, in chi è disposto ad ascoltarlo. Non tutto funziona, specie in qualche personaggio secondario (il cameo dello storico Giordano Bruno Guerri è una marchetta pura e semplice), e non tutti usciranno dalla sala emozionati. Ma chi ama il cinema che sa prendersi il suo tempo, che guarda al passato per interrogare il presente, troverà in Duse un qualcosa di prezioso: un film che crede ancora nella forza delle immagini e nella memoria delle voci che non si sentono più.

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...La regia di Pietro Marcello è ricca di trovate ispirate, fotografate nei toni freddi del blu in una Venezia desolata ed eterea. Mentre si moltiplicano le immagini che richiamano alla cecità e a uno sguardo offuscato, nella seconda parte si fa strada un palpabile senso di imbarazzo per una protagonista che si vende a Mussolini dopo aver "bruciato" Ibsen e lo stesso D'Annunzio (il sempre notevole Fausto Russo Alesi in un'interpretazione estrema, che non si fa schiacciare dagli eccessi di Valeria Bruni Tedeschi) sull'altare di un'incrollabile devozione - alla propria storia, al teatro, o forse all'idea di poter rimanere avanti al tempo

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…Il risultato, nel complesso, non assume di certo le fattezze di un brutto film: l’estetica autoriale di Pietro Marcello conferisce spessore e dignità al racconto, trovando una buona sintonia con la scrittura del personaggio interpretato da Valeria Bruni Tedeschi, la cui prova, ripetizioni permettendo, resta il fulcro dell’opera, ciò che la sostiene nei momenti più fragili e le impedisce di crollare del tutto. Duse non è quindi considerabile un fallimento, ma un film irrisolto, a tratti bipolare, in cui elementi riusciti convivono con altrettanti punti deboli e si traducono in un prodotto destinato a sfiorare appena la sufficienza senza mai riuscire a spingersi veramente oltre.

Non sorprende allora che la complessità di questa seconda parte abbia generato una ricezione altrettanto sfaccettata. Se sui social la polemica si è concentrata soprattutto sulla prima metà, bollata in maniera anche fin troppo punitiva come ingenua e talvolta pretenziosa, l’accoglienza in sala durante la conferenza stampa ha raccontato un’altra storia: sin dall’ingresso degli attori, e poi ancor più durante le risposte alle domande dei giornalisti, la sala si è scaldata in un applauso fragoroso e prolungato, insolito per un contesto in cui di solito si tende a trattenersi e ad aprire non più di uno spiraglio al proprio io. È un segno di quanto Duse divida e al tempo stesso colpisca, di come riesca a far parlare di sé tra entusiasmo e irritazione, proprio come il personaggio che porta in scena.

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…Marcello sembra voler costruire un ritratto che tende al simbolo: la Duse come una Vergine Maria laica, colei che tutto illumina e tutto redime. Un'immagine potente, ma che semplifica e impoverisce. È l'idea della santa più che quella della donna, un'icona costruita con cura estetica ma privata di ambiguità. La pietà domina il racconto, sostituendosi alle contraddizioni che avrebbero potuto renderlo vivo. Ciò che resta è una trita santificazione, dove l'eccesso di riverenza diventa un freno alla narrazione.
Eppure Marcello sa costruire immagini di grande bellezza. I palcoscenici vuoti, i lampioni che tremano nella notte, i costumi d'epoca catturati in inquadrature delicate restituiscono un tempo sospeso, fatto di polvere, di attesa, di memoria che sfugge. La regia è attenta, raffinata, elegante: ogni inquadratura è composta con una precisione pittorica che testimonia la sensibilità visiva del regista. Ma proprio questa perfezione formale rischia di diventare un ostacolo. L'occhio si compiace della bellezza delle immagini, ma il cuore resta distante. La cura estetica, invece di aprire alla vita, costruisce una barriera che separa lo spettatore dall'umanità della protagonista.
Alla fine, tutto quello che ci è dato è solo un'ombra nobile, elegante, sempre in posa: ciò che manca è la vita vera, l'imprevedibilità, l'errore. In questo scarto tra intenzione e risultato, tra estetica e sostanza, si consuma il limite del film. Il rimpianto resta: la Duse, donna di carne e contraddizioni, merita un racconto che restituisca la sua complessità, la sua imprevedibilità, non una versione levigata e mitizzata che conforta più di quanto interroghi. L'intensità esasperata, la pietà eccessiva, la santificazione banale della protagonista lasciano il film più vicino a un omaggio stilizzato che a un biopic memorabile. Rimane l'immagine di una santa del palcoscenico, ma si perde la vitalità della donna che osò consumarsi sul palco e nella vita. Ed è proprio questo il rimpianto più grande.

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Duse sembra talvolta un lavoro a corrente alternata, con picchi e disomogeneità intensive, nel suo voler inquadrare un trapasso, parlando anche di cosa facciamo noi, qui, mentre tutto è in rovina, ma anche nel voler restituire il più possibile un ritratto tridimensionale, e su più piani esistenziali, della Divina, come se non si potesse sfuggire, almeno in una certa misura, alla necessità di esplicitare la personalità. In questo senso, la bravissima Valeria Bruni Tedeschi porta sulle proprie spalle qualcosa di più di una “semplice” interpretazione, facendosi vettore di accensione o stasi, di epifanie palpitanti o azioni/gesti maggiormente “di repertorio”, dipendendo il film da lei in misura decisamente marcata o, viceversa, essendo la sua interprete il barometro più netto dell’intero lavoro. La dialettica con l’immagine archivistica, tratto stilistico piuttosto frequente in Marcello, è qui quasi un raddoppio, teso all’esplicitazione del mortuario implicito, tramite un ritornello funerario e le inquietanti maschere degli italiani, specie a Roma durante l’ascesa del fascismo. La maggior convenzionalità narrativa di Duse rispetto ad altri film del regista lo rendono un’opera dalle traiettorie interne più centrifughe rispetto a un “nucleo” tematico ossessivo o monolitico. E questo è sia un cambiamento ben legittimo e positivo rispetto alla filmografia di Marcello, sia un percorso che conduce a dimensioni differenziali non sempre armoniche, non sempre compenetrantesi. Ma comunque molto interessanti.

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Marcello arricchisce la pellicola di filmati d’epoca, un escamotage con cui rendere ancora più forte il legame della “Divina” con il periodo storico epocale.

“Duse" è un film davvero interessante poiché racconta il nostro recente passato, un passato da cui dovremmo imparare qualcosa. "Duse" è un resoconto che si destreggia egregiamente tra il privato ed il pubblico mettendo in scena l’immobilità del teatro dusiano e la velocità dei cambiamenti politici del Bel Paese. Marcello parla di Eleonora Duse ma narra soprattutto l’orribile Italietta dei papponi, degli approfittatori, dei vigliacchi che nel ventennio si accomodarono sul carro fascista per commettere crimini e sfruttare le più sordide occasioni di successo. L’Italietta del soldato ed aspirante drammaturgo Giacomo Rossetti Dubois sulle cui spalle poggiano le sconsiderate scelte di milioni di italiani che si fecero fascisti per rivalersi sugli altri dei propri fallimenti. Il suo incontro in camicia nera con una Eleonora Duse delusa ed incredula è forse il centro nevralgico di questo ritratto d'epoca. Di quella loro e di quella nostra.

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