lunedì 28 luglio 2025

Aïcha (Una sconosciuta a Tunisi) - Mehdi Barsaoui

una ragazza vuole fuggire dalla sua vecchia vita e dalla famiglia opprimente.

l'occasione fa la ragazza fuggitiva, ma non va troppo bene, infine, trova due persone che l'aiutano.

cambiare identità va bene, Amira, Aya, e, alla fine, Aïcha, il nome scelto per vivere.

Fatma Sfar è l'attrice protagonista, ed è bravissima.

un film sociologico, critico della sudditanza lavorativa, e sopratutto poliziesco, un ottimo film per finire la stagione cinematografica.

il film è in una cinquantina di sale estive, i filmacci statiunitensi occupano le sale, come al solito, decolonizzatevi dall'impero, andate a vedere questo piccolo e meritevole film.

buona (misteriosa) visione - Ismaele


 

 

 

 

…Una sconosciuta a Tunisi è un film che pulsa, che provoca, che non accetta la comodità. È un racconto di identità rubate e ritrovate, di coraggio e paura, di controllo e insubordinazione. È anche una denuncia politica, ma senza slogan. Tutto è immerso nell’intimità del vissuto. Non ci sono eroi, non ci sono mostri. Solo esseri umani complessi, pieni di contraddizioni, come la società che li ha generati.

Barsaoui firma un’opera matura, visivamente potente, moralmente inquieta. Non giudica i suoi personaggi, non li risolve. Li osserva con empatia e rigore. E ci chiede di fare lo stesso. Perché, alla fine, siamo tutti un po’ Aya. Tutti in cerca di una vita che sia davvero nostra.

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Aïcha è la storia di una presa di coscienza, di un corpo che trova il coraggio di mostrarsi (la bellissima interprete Fatma Sfar nel corso della storia cambia vestiti e acconciature di continuo, liberandosi nel finale di un metaforico velo), di una società che trova la forza di ribellarsi. Lo stile è come da copione piano e classico, la narrazione ampia e meccanica nei suoi colpi di scena, con alcuni personaggi che meritano una punizione e la ottengono (i genitori di Aya), altri che si redimono nel corso del racconto (il poliziotto disilluso che un po' alla volta contribuisce a far emergere la verità) o altri ancora che mostrano da subito una solidarietà naturale (la proprietaria di una panetteria che accoglie Aya come una figlia)...
Tutto, insomma, è evidente, evidenziato, scandito, ma non per questo poco efficace. Semplicemente, senza strafare e senza troppo aspettative (non avrebbe senso tirare in ballo "Il fu Mattia Pascal"...), a volte le storie giuste possono essere raccontate in modi altrettanto giusti, e semplici.

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…Tratto da un fatto di cronaca avvenuto nel 2019, il film parte dal presupposto di mettere in discussione qualcosa che sembrerebbe impossibile ed inattaccabile: l’autorità genitoriale. Come si fa ad infliggere una tale sofferenza ai propri genitori facendosi credere morta? Si deve arrivare ad un punto di disperazione e sofferenza atroci.

Ed è proprio su questo punto che Una sconosciuta a Tunisi riesce a convincere, anche grazie all’interpretazione della protagonista. Anche la Tunisia, tra i paesi del mondo arabo più moderni e liberi, è piena di contraddizioni e paradossi, in cui bisogna fare i conti, quotidianamente con la ricostruzione di se stessa, tra frustrazioni, ingiustizie sociali, pressioni familiari, diktat religiosi e sociali, credenze ancestrali e desideri tarpati. L’altra interessante forza espressa dal regista e la stratificazione in cui si dipana la storia e l’intreccio raccontati: la corruzione e l’oppressione dei poteri forti onnipresenti nella vita del popolo, che condividono lo scenario con il rapporto di sottomissione, la misoginia, il sessismo. Da Aya ad Aïcha, passando per Amira, sono queste le tre identità dell’interprete principale, a dimostrare un passaggio graduale e necessario all’interno del film che ogni volta sembra assumere tinture di genere sempre diverse, ponendo in rilievo maggiormente il presente dei personaggi, al di là di ciò che diventeranno. E il finale effettivamente è l’emblema di questo slancio, di un primo passo verso una profonda e auspicata realizzazione.

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Fin troppe volte Aya è costretta a sparire, a cambiare, a divenire Amira, ad adeguarsi, a ribellarsi e, nel finale, prendere il nome che in originale dà il titolo al film: Aïcha, ossia “vivere”. Perché cambiare, tanto per l’uomo quanto per un intero paese, significa accettare e rassegnarsi al cambiamento, e questo è condivisibile, poetico e sacrosanto, funge da struttura ad un racconto che si lascia guardare e, se non altro, di tanto in tanto colpisce… Ma nulla di più. Una sconosciuta a Tunisi è un’opera di concetto, importante e sentita a tal punto da voler trovare ogni modo possibile per farla intendere a fondo, perché venga introiettato un principio fondamentale in cui il regista crede, su cui ha probabilmente ragione, ma ripetuto fin troppe volte…

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Il male però è insidioso, si nasconde per non farsi beccare, dietro una parola gentile può venire fuori quando meno te lo aspetti. Aya-Amira è sospettosa, sul chi va là eppure ogni volta sembra tutto andare ancora peggio, la situazione aggravarsi, la sua posizione sdrucciolevole: l’intelligenza, la forza di andare avanti, la pervicacia non sembrano portarla da nessuna parte. Sola, fuori legge, dopo ogni sventura rasa a zero come un foglio bianco su cui vergare la prima parola (o un nuovo nome), la protagonista di questa storia cruda e disperante non intende cedere: ha troppa dignità per piegarsi, anche senza armi è forte, una furia di dimensioni ridotte, dai capelli morbidi e sensuali, dal corpo sinuoso fatto per la danza (che attua solo in una scena allucinata in discoteca). Intenso.

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