mercoledì 5 novembre 2025

Il corpo - Vincenzo Alfieri

Il corpo è il rifacimento (il remake, dicono gli anglofoni) di El cuerpo, un bel film spagnolo di Oriol Paulo.

come quasi sempre l'originale è meglio, ma il film italiano ha una sua dignità, grazie alla bravura di Giuseppe Battiston, poliziotto tormentato e capace.

i colpi di scena sono assicurati, promesso.

buona visione - Ismaele


 

 

Il corpo è uno di quei film che gli amanti del giallo machiavellico non potranno che apprezzare. La confezione fotografica visivamente impattante di Andrea Reitano, il lavoro avvolgente sul sound design, il ritmo cangiante impresso al e dal montaggio dello stesso Alfieri, uniti alle pennellate orrorifiche gettate sulla timeline, alle soluzioni registiche esteticamente funzionali (vedi l’utilizzo asfissiante della macchina da presa sui primi piani nel prologo e nella scena della festa in maschera) e all’uso claustrale delle topografie che restituiscono oppressione e perenne circoscrizione come in un kammerspiel vecchia scuola, fanno da cassa di risonanza che ne amplifica il livello febbrile di coinvolgimento e intrattenimento. A questo partecipano attivamente le interpretazioni di un Giuseppe Battiston camaleontico e convincente, una Claudia Gerini perfettamente in parte in un ruolo cucito su misura per lei, delle spalle ben calibrate come Andrea SartorettiAmanda Campana e Rebecca Sisti. Peccato solo per un Andrea Di Luigi che funziona a intermittenza, alle prese con il personaggio del principale sospettato che ne ha messo a dura prova la performance complessiva. Dal canto suo, i precedenti da davanti alla cinepresa di Alfieri hanno fatto la differenza, consentendo comunque a tutte le scene, anche quelle più a rischio di caduta in termini di credibilità, di restare sempre in bolla.

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Il corpo è molto più di un semplice thriller: è un’opera che gioca con la tensione e l’ambiguitàcoinvolgendo lo spettatore in un labirinto psicologico dove nulla è come sembra. La trama rischia di scivolare nell’eccesso, ma evita abilmente di diventare un mero esercizio di stile vuoto. Al contrario, il film si trasforma in un purgatorio emotivo per i suoi personaggi, mentre lo spettatore è avvolto da dubbi e inquietudini che si dissolvono solo nel finale sorprendente. Quest’ultimo, grazie a un montaggio metacinematografico, lascia davvero senza paroleelevando l’esperienza a un livello più profondo e appagante

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Il corpo è dunque cinema di genere a tutto tondo e ben venga nel cinema italiano un film che affronti i temi e sappia lavorare con pazienza sugli schemi, tanto variabili, quanto inventivi, del thriller che qui si tinge di venature quasi da horror. Il film di Alfieri è popolato da un cast di tutto rispetto nel quale primeggia la sapienza attoriale di Giuseppe Battiston un credibile ispettore Cosser, un simil Maigret ma molto più perfido. A seguire ci sono poi Claudia Gerini nel ruolo di Rebecca, una moglie protagonista che sa esserlo anche da morta imponendo la sua presenza, per finire a Mancini, collaboratore di Cosser, il cui ruolo è ricoperto da Andrea Sartoretti che sa mettere a frutto lo spazio che gli è dedicato.  Protagonista è Andrea Di Luigi, già protagonista per Nuovo Olimpo di Ozptek e completano il cast Amanda Campana (Diana) e Rebecca Sisti nel ruolo della sorella di Rebecca. Ma pur con questo cast, nel quale però non mancano gli inevitabili alti e bassi, Il corpo non sa convincere del tutto e soffre di quella patologia diffusa e che purtroppo sembra inguaribile che si riassume in una adesione ad una formula televisiva da fiction che tutti mette d’accordo. I buoni spunti della storia, le illuminazioni della trama, che avrebbero potuto segnare una differenza esaltandone le ambientazioni – tutte le sequenze dentro l’obitorio – non possiedono l’efficacia utile a svelare nello spettatore le paure ancestrali che il thriller che sfiora l’horror deve risvegliare. Le emozioni si raffreddano in quel molto che si spreca e lo sperpero di materia prima che fa mancare la paura fa perdere di mordente alla storia che davvero appassiona moderatamente, nonostante l’elaborato intrigo e l’inatteso finale che non deflagra come dovrebbe e come potrebbe.

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4 commenti:

  1. Alfieri anni fa aveva diretto un piccolo, grande film come "Gli Uomini d'oro" , a mio modo di vedere uno di migliori noir italiani degli ultimi tempi. Poi però era naufragato fragorosamente con il successivo "Ai confini del male". Questo e "40 secondi" non li ho ancora visti, spero sia riuscito almeno in parte a risollevarsi.

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    1. Alfieri è specializzato nel rifare storie di altri.
      il film che citi è il rifacimento (o almeno ricorda) di Qui non è il paradiso, di Taverelli, un film grandissimo, secondo me, con Fabrizio Gifuni

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  2. Visto ieri, e alla fine lascia perplessi la quantità di combinazioni che devono incastrarsi affinché la macchinazione dia i suoi frutti. Sono curioso dell'originale ora.. lo cerco..

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