incursione in Italia di Isabel Coixet, portandosi dietro Francesco Carril (protagonista, con Iria del Río, di Dieci Capodanni, di Rodrigo Sorogoyen) dalla Spagna.
ispirato a un libro di Michela Murgia, Tre ciotole racconta la storia di Marta, una professoressa di educazione fisica e Antonio, cuoco e ristoratore.
noi li conosciamo quando già si stanno lasciando, Antonio lascia Marta, che non riesce a fare quello che non vuole, non sa fingere mai, un po' inadatta nel mondo, la sincerità è un difetto.
entrambi soffrono di non essere più insieme, ma non sanno come fare per ritrovarsi.
entrambi si dedicano molto al lavoro, e non riescono a parlarsi e a capirsi davvero.
le loro strade sono ormai divergenti, Marta intanto scopre di essersi ammalata seriamente... e il resto del film guardatevelo da soli.
i due protagonisti sono bravi, come pure tutti gli altri interpreti.
c'è tanta tristezza, nel film, ma anche sorrisi che illuminano la storia.
certo non è un capolavoro, ma si vede bene.
buona (sconsolata) visione - Ismaele
…Tre ciotole suona, scena dopo scena, di un grave e
insostenibile «non sappiamo cosa scrivere…», supplendo ad esso ora con la
tecnica, ora con ardimenti gestuali e vocali, ora con luoghi comuni e più o
meno centrate riflessioni poetiche sullo sfondo di una Roma come raccontata da
un turista dopo averla visitata appena qualche giorno. Dalla Murgia Coixet trae
un sogno più o meno lucido, come la fantasia speranzosa e arrabbiata di chi,
lasciato, si sente vittima di ogni ingiustizia e si augura quella finale, per
godere della pena e del senso di colpa negli occhi di colui che ha lasciato.
Per fortuna però Marta non cerca la pena di nessuno, in compenso i sogni sono
sogni e, quando poi ci svegliamo, non siamo mai arrivati al punto. Ugualmente
va la storia di Marta, e identico è l’esito di Tre
ciotole.
…Dal punto di vista drammaturgico
“tradisce” Murgia, prende questo rischio calcolato consapevole che è l’unico
modo per restarle fedele lì dove conta: dal punto di vista etico e
sentimentale. Nel suo terzo atto, Tre
ciotole (il film)
è il compimento del messaggio che Murgia ha voluto lanciare non solo con Tre ciotole (il libro) ma anche con la sua malattia. Nel modo in cui Marta
“accoglie” il tumore risuonano le parole che Murgia pronunciò in
quella intervista che colpì tanti così tanto: «Parole
come lotta, guerra, trincea… Il cancro è una malattia molto gentile. Può
crescere per anni senza farsene accorgere». E ancora: «Il cancro non è una cosa
che ho; è una cosa che sono». Se si volesse ridurre questo film a un merito soltanto,
sarebbe dunque quello di chiarire definitivamente un equivoco che va avanti da
quanto il libro Tre ciotole è
uscito e da quando Murgia rivelò la sua diagnosi: sì, in questa storia, in
queste storie, si parla di malattia ma no, non di morte. Quasi per niente di
morte. Semmai il contrario.
…È, probabilmente, una mera coincidenza, eppure sembra
fatta apposta la scelta di Francesco Carril come interprete del professore di
filosofia con cui Marta scambia, forse, il suo ultimo bacio – "mi puoi
baciare" gli chiede Marta a là Otello. L'attore spagnolo
porta alla mente l'apprezzatissima serie tv diretta da Rodrigo Sorogoyen
"Dieci Capodanni" di cui è protagonista, a cui, forse, "Tre
ciotole" farebbe pensare ugualmente. Sì, perché anche i dieci episodi di
"Los años nuevos" (il titolo originale spagnolo) mostrano
inequivocabilmente quanto inizio e fine si assomigliano (anche se ripetuti per
dieci volte consecutive per dieci anni diversi). In "Tre ciotole"
questo duetto, che è quello classicissimo tra eros e thanatos,
porta con sé anche l'altra grande meta di Sorogoyen, ovvero il suggerimento
proustiano (soprattutto nel primo libro della "Recherche",
"Dalla parte di Swan") secondo cui l'amore muore quando perde la sua
componente adolescenziale…
…Tre
ciotole è un film
che, seppur profondamente distante dallo stile scabro e diretto di Michela
Murgia, gli è affine per approccio e capacità empatica. La scelta di
accantonare la coralità del breve romanzo originale - dodici piccoli racconti
su diversi personaggi - per concentrarsi esclusivamente sui due protagonisti
permette alla regista spagnola e al co-sceneggiatore Enrico Audenino di
imbastire un racconto che tratta una doppia perdita: quella del sentimento
d'amore e quella della salute. Come se la sofferenza emotiva fosse anticamera
di quella ben più esiziale del corpo, Sonia sperimenta in breve due sconfitte
da cui una donna leggermente anaffettiva come lei difficilmente sarebbe potuta
uscire fuori. E invece la riscoperta della perduta umanità, purtroppo
esemplificata dalla scelta registica di far riapparire come lampi i ricordi
felici in grana simil 8mm, la porta fuori dalla “comfort zone” di cui l’aveva
accusata il compagno in quel diverbio domestico prima della rottura
permettendole di accorgersi, tra l’altro, degli atti autolesionistici delle due
allieve Giulia e Flaminia. Coixet è bravissima quando si prende il tempo di
personalizzare la poesia capitolina di una città che sembra rispondere alle
sollecitazioni di una delle sue cittadine più sfortunate attraverso sprazzi
visivi inusitati e delicati (le inflazionate Trastevere e Pigneto sono
connotate con lo stupore di chi non ci vive); è meno originale, invece, quando
deve portare in scena il dramma della sua protagonista, irrelata in un
immobilismo supponente e rigidamente borghese (l’antipatia verso la sorella più
borderline, i mancati rapporti umani dettati da un’indisponente mancanza di
curiosità). Così Tre ciotole finisce per dare eccessivo spazio
alla separazione affettiva della poco simpatica Sonia piuttosto che alla sua
malattia, perdendo il cuore di una storia che annoierebbe anche al vernissage
cui partecipa chissà per quale motivo o alla cena post-mortem in cui si riunisce
il clan familiare e amicale della protagonista, in un evidente tributo – ma
poco riuscito - alla vera vicenda occorsa a Michela Murgia.
…Isabel Coixet rispetta il mondo
che ha circondato, protetto e amato Michela Murgia. Roma diventa la vera
coprotagonista di questa complessa storia d’amore e la racconta trasformando le
pagine di Tre Ciotole in un film che ha tantissimi echi morettiani.
Il giro in scooter per conoscere i quartieri della Capitale locali
per locali che ricordano molto Caro Diario, una citazione esplicita con il
primo piano del Nuovo Sacher e anche la stessa struttura narrativa del film
ricorda molto il tanto criticato Tre Piani.
Da un certo punto di vista il punto di forza del film, ossia
l’interpretazione di Alba Rohrwacher con Elio Germano a supporto, rischia di
diventare anche il punto di debolezza. La grandezza dei loro personaggi rischia
di oscurare l’interpretazione e il ruolo dei ruoli secondari che rischiano di
rimanere ai margini come il collega sottone innamorato che già al terzo Miss
Marta si meriterebbe la “FriendZone” o Elisa la sorella di Marta che
meriterebbe un focus tutto suo vista la bravura di Silvia D’Amico.
Peccati veniali che comunque non inficiano più di tanto il valore
finale dell’opera che rimane per me una piacevole sorpresa.
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