da Haaretz
Non c’è dubbio che il boicottaggio
culturale di Israele danneggerà non solo i fascisti, ma anche le persone buone
e coraggiose. E allora? È un piccolo prezzo da pagare per porre fine a un
genocidio.
Quanto è stata grande la delusione e
quanto profonda la rabbia di alcuni miei colleghi della comunità del cinema e
televisione israeliani nel leggere la lettera promossa e redatta dalle
note documentariste Ada Ushpiz e Yulie Cohen e firmata da oltre 50 artisti
israeliani!
La lettera intende trasmettere un
messaggio inequivocabile e chiaro, anche se complesso e sorprendente, a tutti
coloro che in questo momento stanno boicottando Israele. Il messaggio? Siamo con voi fino in fondo!
Lo Stato di Israele, attraverso il suo
esercito, nel quale prestano servizio i nostri figli, nipoti, vicini, studenti,
e con l’aiuto del denaro proveniente dalle tasse che tutti noi paghiamo, sta
attualmente massacrando un’altra nazione. La sta annientando, e sta condannando
chiunque non sia ancora stato ucciso a una vita di esilio perpetuo. E non
mostra alcuna intenzione di fermarsi. Al contrario: più Israele uccide, più
diventa assetato di sangue. Il numero dei morti nella Striscia di Gaza è
equivalente, in proporzione, a 10 milioni di abitanti degli Stati Uniti. Un olocausto.
Più di 65.000 neonati, bambini, donne,
uomini e anziani nella Striscia di Gaza sono stati uccisi dai “nostri figli migliori”, e sempre più palestinesi
stanno esalando il loro ultimo respiro in questo preciso momento a causa delle
malattie, dopo che gli ospedali in cui erano in cura sono stati bombardati dai
piloti dell’aeronautica militare. Oppure stanno morendo di sete e
di fame, in conseguenza della campagna di vendetta e punizione collettiva che
Israele sta imponendo a tutti i palestinesi della Striscia, senza pietà e
indiscriminatamente.
A causa di questo orrore, che nulla al
mondo può giustificare, nemmeno il terribile massacro compiuto da Hamas il 7
ottobre, all’estero sempre più istituzioni israeliane sono ormai oggetto di una
rabbia feroce. Cosa c’è di più naturale del boicottaggio di qualsiasi
istituzione pubblica sostenuta dal sanguinario governo dello Stato di Israele e
dell’ostracismo di qualsiasi opera finanziata dalla sadica organizzazione
terroristica chiamata governo di Israele, guidata da mafiosi [in italiano nel
testo, ndt.] assetati di sangue? Cosa c’è di più ovvio dell’onorare, rispettare
e incoraggiare chiunque si rifiuti di legittimare i parassiti genocidi e di
normalizzare i crimini ripugnanti dello Stato di Israele collaborando con i
suoi alleati?
Sono un documentarista e, per finanziare i
miei film, ho fatto domanda – e continuo a farlo – per
ottenere i fondi cinematografici locali. In questo modo, anche se a volte
ciò avviene loro malgrado e in contrasto con la visione del mondo di molti dei
responsabili, finisco anch’io, insieme a loro, per essere
parte del sostegno al governo israeliano. Abbraccio tutti coloro che
scelgono di non proiettare i miei film, e li ringrazio per questo.
Ciò è chiaro e ovvio, nonostante la
complessità e la contraddizione interna che ne deriva. Dopo tutto, l’utilità
dei nostri film, come ben spiegato da Cohen e Ushpiz, è
insignificante di fronte al colossale disastro di cui il nostro Paese è
responsabile, e non abbiamo né il diritto né la possibilità di negare la nostra parte
di partecipazione a questo inferno. È nostro dovere accettarne la
responsabilità.
Trovo quindi sconcertante il teatrino che
si è svolto la scorsa settimana all’interno della comunità cinematografica
locale, dopo che uno dei suoi membri ha pubblicato su Facebook un post
meschino, mendace e manipolatorio in cui attaccava coloro che avevano firmato
la lettera. Il nostro unico obiettivo era quello di rafforzare la posizione
delle migliaia di artisti internazionali che hanno recentemente dichiarato che,
alla luce dell’olocausto che Israele sta perpetrando a Gaza e in Cisgiordania,
boicotteranno ogni istituzione israeliana in quanto tale e ogni casa di
produzione israeliana “che sostiene il genocidio e l’apartheid”.
Non c’è dubbio che il boicottaggio
culturale di Israele, che non solo comprendo, ma incoraggio (come parte di ogni
opposizione al genocidio che Israele sta compiendo), danneggerà non solo i
fascisti e i collaboratori del regime sionista, ma anche persone valide e
coraggiose, come le donne che hanno promosso la lettera e coloro che l’hanno
firmata. E allora? È un piccolo prezzo da pagare per chiunque ritenga
necessario fare tutto il possibile per fermare il genocidio, e non c’è altra
alternativa che pagare quel prezzo, nonostante il disagio che comporta.
Anch’io – da persona che non usa mezzi
termini né esita a
esprimere pubblicamente la propria opinione, che si oppone con tutta se stessa
al servizio militare nell’IDF, aspira al crollo dell’entità sionista così come
è attualmente costituita, e i cui migliori amici nell’industria cinematografica
locale sono tra i critici più severi dello Stato di Israele – sono favorevole
al boicottaggio dei miei film, fintanto che il Paese che li finanzia continuerà
a uccidere una nazione, a trasferire popolazioni,
ad aggravare l’apartheid e a diffondere odio, sangue e morte.
Dopo tutto, non è possibile separare le
istituzioni e le produzioni ideologicamente contrarie al regime e ai suoi
crimini da quelle che lo sostengono, mentre cercano di rimanerne indenni. Non è
realistico. Chiunque si opponga al genocidio perpetrato da Israele non ha la
possibilità di fare una distinzione del genere e si rapporta allo stesso modo
con chiunque utilizzi il denaro dello Stato. Ci aspettiamo davvero che qualcuno
dedichi risorse ed energie a fantomatici esami di ammissione al movimento
internazionale per il boicottaggio? No, è
semplicemente irrealistico.
Il compito più urgente in questo momento è
fermare immediatamente il genocidio del popolo palestinese da parte dello Stato
di Israele e garantire che il mondo intero sia consapevole di questo crimine,
affinché presti
attenzione e agisca per fermarlo. Quasi tutti i mezzi sono leciti per
raggiungere questo nobile obiettivo, compresa una petizione che chiede il
boicottaggio delle istituzioni ufficiali israeliane.
Ci siamo guadagnati questo boicottaggio a
pieno titolo, poiché noi, che lo vogliamo o no, per scelta o
per imposizione, siamo parte di questo crimine. Pertanto è nostro dovere morale
sostenere chiunque si opponga e miri a fermarlo. Anche se questo va contro i
nostri interessi personali, e anche se alcuni dei nostri bambini (film) di
sinistra e umanisti verranno gettati insieme all’acqua sporca dei nostri
avversari. Cosa è questo rispetto alle migliaia di bambini (bambini umani,
reali) che Israele sta uccidendo da quasi due anni?
(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)
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