una sceneggiatura precisa come un orologio svizzero ci racconta una storia che riguarda sopratutto la rieducazione del condannato, la rielaborazione dei fatti irreparabili.
Elisa (Barbara Ronchi) è liberamente obbligata a fare il lavoro scelto per lei dal padre (una decisione foriera di drammi e delusioni per migliaia e migliaia di giovani, quanti ne conosciamo che poi fanno una brutta fine).
in una prigione svizzera (fantascientifica per noi italiani) Elisa sconta una pena di 20 anni per l'omicidio della sorella.
un criminologo (Roschdy Zem) sceglie Elisa per uno studio che cerca di aiutare la condannata nell'accettazione e nella rielaborazione di quanto è successo.
ottimi gli attori, sopratutto Barbara Ronchi che porta il film sulle sue spalle e sopratutto sulla sua faccia.
un gran bel film da non perdere - Ismaele
…La sceneggiatura, scritta da Di Costanzo insieme a Bruno
Oliviero e a Valia Santella, inserisce in questo percorso, tanto virtuoso
quanto liminare, un tarlo che porta ad un livello ancora più alto l'indagine.
Laura, interpretata da Valeria Golino con una presenza breve come arco
temporale sullo schermo ma molto significante, è schierata dalla parte delle
vittime non accettando la benché minima possibilità di ricerca di motivazioni
da parte di chi ha commesso il delitto.
Lo spettatore viene così messo di fronte ad una scelta da
compiere individualmente: superare o no il concetto di punizione in favore di
un possibile recupero che passi attraverso la presa di coscienza di quanto
commesso da parte del colpevole ma anche della comprensione, da parte di chi vi
è preposto, delle cause. Senza per questo far mai l'eticamente doveroso
rispetto nei confronti delle vittime.
…Uno dei
meriti principali di Elisa è il rifiuto di relegare il
male a un altrove mostruoso. Di Costanzo ci ricorda che la violenza può
scaturire dall’interno dell’ordinario, dalla banalità del vivere quotidiano. In
una società in cui la narrazione mediatica tende a trasformare i colpevoli in
figure disumane, esiliandoli dal corpo sociale, il film ci invita invece a riconoscere la mostruosità
come parte dell’umano. È un discorso scomodo, che interroga lo spettatore
più di quanto offra risposte.
Tuttavia, questo tema cruciale rimane in parte in superficie.
Il racconto si concentra soprattutto sul percorso individuale della
protagonista, lasciando in secondo piano l’indagine più ampia sulla natura del
male che le note di regia sembravano promettere.
Elisa non
è un film facile né consolatorio. È un’opera elegante, rigorosa, che prosegue
il percorso autoriale di Leonardo Di
Costanzo con coerenza e sobrietà. I suoi limiti, riscontrati in una
certa trattenutezza emotiva, il rischio di rimanere più sulla parabola
personale che sull’indagine teorica, non ne cancellano il valore: quello di
restituire allo spettatore l’inquietudine più profonda, cioè che il male non
appartiene a un altrove, ma è una possibilità inscritta nella fragilità dell’umano.
…Film scritto in
modo sublime e una protagonista Barbara Ronchi e il cast di supporto, che
recitano in stato di grazia, con un ritmo sospeso e forte tensione interiore
della protagonista. Il film è LEI il suo volto impaurito e perso così ben
ripreso dalla mdp, il suo sguardo malinconico e la sua fragilità. La struttura
carceraria modello, sembra più un albergo, che una casa circondariale, con le
detenute in una divisa rossa. Ci sono anche Intensi flashback, che ci
chiariscono l’interno familiare, che ha prodotto tanto orrore. Il carcere
diventa una comfort zone, perché la liberazione futura viene vissuta come un
drammatico ritorno alla vita, dove niente potrà mai più essere come prima.
Barbara Ronchi attrice ormai matura lanciata da Marco Bellocchio con “Sorelle
mai”, qui è credo alla prova della vita. Magnifico anche Roschdy Zem/professor
Alaoui il criminologo…
…Detto della bravura di Ronchi
e Zem, tutto il cast in generale offre un’ottima prova, restituendo alla
perfezione il dolore e l’angoscia di chi si trova a fare i conti con un assassinio
così brutale commesso da qualcuno che amano e conoscono e che non riterrebbero
mai capace di un gesto del genere. La fotografia è fatta di colori freddi,
perfettamente in linea con il film, fatta eccezione per alcune sequenze (quasi
sempre nei flashback) che il buon Duccio Patané definirebbe
“smarmellate”, in cui l’algida raffinatezza del resto del film lascia spazio a
colori piatti e immagini banali.
Elisa risulta
così un’occasione persa, un film con ottimo potenziale, una bellissima
tematica, e un ottimo cast che perde forza e potenza (e guadagna inutilmente in
durata) per inseguire delle pulsioni da televisione nazionalpopolare in cui
tutto deve essere spiegato e tutti i personaggi devono piacere al pubblico.
Peccato, ma il talento resta.
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