Ho cercato di capire da dove fossero usciti questi 100
milioni “salvifici” annunciati dal ministro e ho scoperto l’arcana dinamica...
Nelle
settimane scorse, le reazioni della “community” professionale del cinema e
dell’audiovisivo a fronte degli annunciati tagli al sostegno pubblico sono andate crescendo, amplificate anche da
alcune trasmissioni televisive, in primis Report su Rai 3
(nelle puntate di domenica 26 ottobre e domenica 2 novembre) e poi Piazza
Pulita su La7 (giovedì 30 ottobre) e FarWest su Rai2
(venerdì 7 novembre): questi riflettori – inevitabilmente semplificatori nella
descrizione dello stato di crisi del settore, a causa dei format imposti dal
linguaggio televisivo – hanno evidenziato sia la profondità delle patologie
dell’intervento della mano pubblica, sia la drammaticità diffusa
della disoccupazione crescente.
Nella
giornata di venerdì 7, s’è registrato un episodio “divertente”: in
mattinata, il ministro della Cultura Alessandro Giuli (FdI)
annuncia di aver reperito risorse per ridurre il taglio dei fondi per il 2026,
recuperando 100 milioni di euro. Nel 2025, il Fondo Cinema e
Audiovisivo è stato di 696 milioni di euro (stesso budget del
2024), ma per il 2026 la bozza di Legge di Bilancio in gestazione prevede 550
milioni, con 146 milioni in meno. Hanno protestato in modo “soft”
le associazioni delle imprese (Anica, Apa, Cna…), hanno protestato in modo
“hard” le associazioni dei lavoratori (in primis il movimento
#Siamoaititolidicoda…).
Da
ricercatore specializzato (prima che da giornalisti investigativi), ho cercato
di capire da dove fossero usciti questi 100 milioni “salvifici” annunciati
dal ministro, e scoperto l’arcana dinamica…
Il ministro
ha sostenuto che i 100 milioni di euro vengono da “fondi inutilizzati”,
ma noi dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale IsICult abbiamo
scoperto che non è proprio così: in verità, si tratta di “fondi non
assegnati”. Non è la stessa cosa. In sostanza, si tratta
di una “partita di giro”, di un’operazione contabile che
sposta risorse già esistenti da una voce all’altro del bilancio: quello del
ministro è quindi un annuncio dal tono più comunicativo (autopromozionale) che
sostanziale.
In attesa di
leggere il decreto interministeriale che è alla firma del Mef, si può
comprendere che i 100 milioni corrispondano alle somme non assegnate per
gli anni 2022-2023-2024 ai cosiddetti ‘contributi automatici’, ovvero
un sostegno dello Stato destinato alle imprese del settore, in
funzione di parametri quali-quantitativi aziendali: 40 milioni di euro per il
2022, 40 milioni per il 2023, 21,3 milioni per il 2024… La somma di queste 3
annualità coincide esattamente con 101 milioni di euro.
Nel marzo 2025,
è stato firmato – con notevole ritardo – il decreto ministeriale che assegnava
le somme per l’esercizio 2021 (sui risultati aziendali dell’anno 2020), per 40
milioni di euro. I fondi omologhi per gli anni successivi sono stati previsti
nei piani annuali di “riparto” del Fondo, ma non sono stati
assegnati, a causa delle migliaia e migliaia di istanze, che la Direzione
Cinema e Audiovisivo non è riuscita di lavorare per la ormai stranota grave
carenza di personale.
In sostanza,
dunque, non si tratta di fondi aggiuntivi (integrativi) rispetto agli
annunciati tagli della Legge di Bilancio 2026, ma di una simpatica
traslazione di fondi già esistenti da un capitolo all’altro del bilancio: i
100 milioni annunciati dal ministro non incrementano il Fondo, ma rappresentano
un differimento temporale di risorse già stanziate e mai effettivamente
erogate, in quanto – giustappunto – non assegnate.
La
“scoperta” di IsICult è stata fatta propria da due deputati, Matteo
Orfini per il Partito Democratico e Gaetano Amato per
il Movimento 5 Stelle, che hanno usato espressioni come “beffa” e “gioco delle
tre carte” e “conti farlocchi”.
Le tre
principali associazioni del settore (Anica, Apa, Cna) hanno evidenziato che
“ringraziano” sì il ministro per l’intervento, ma confidano che quei danari (i
100 milioni) – che erano già in bilancio, e non sono stati
materialmente assegnati a causa di deficit burocratici, vengano in qualche modo
recuperati. Come e quando, non è dato sapere.
Questa dinamica sintomatica conferma il modo con cui spesso “la politica” (non
la più nobile) utilizza “i numeri” (strumentalizzandoli ad “usum delphini”),
per operazioni comunicazionali di autopromozione, se non per produrre fumo
negli occhi.
Da osservare
che nessuna reazione v’è stata, dopo l’annuncio del ministro, da parte della
“sua” Sottosegretaria delegata, Lucia Borgonzoni (Lega
Salvini), a conferma della asintonia perdurante tra le politiche di Fratelli
d’Italia e Lega.
Ancora una
volta, emerge confusione e approssimazione nella gestione del
sostegno pubblico al settore, come avvenuto per il deficit derivante
dall’assenza, dall’esercizio 2021, per decisione dell’allora ministro Dario
Franceschini, di un tetto annuo per il tax credit, che ha provocato l’impressionante “splafonamento” (eufemismo per buco di
bilancio) nell’ordine di complessivi 1,4 miliardi di euro nei quattro anni che
vanno dal 2021 al 2024.
Pochi sanno
però che è stata la Legge Finanziaria per l’anno 2021 (approvata a fine 2020)
ad eliminare il “tetto” che originariamente era previsto dalla
Legge Cinema e Audiovisivo entrata in vigore dal 2017, la cosiddetta Legge
Franceschini. Ed è stato lo stesso ministro dem ad aver allargato i cordoni
della borsa, dall’anno 2021. La Sottosegretaria Borgonzoni lo ha sempre
generosamente sostenuto. Nella Legge Finanziaria in gestazione, il
governo sta cercando di re-introdurre quel limite, per evitare che il buco
di bilancio cresca ancora (truffe a parte).
La vicenda
conferma l’esigenza di una gestione del Fondo Cinema e Audiovisivo più
trasparente e rigorosa: servono maggiori controlli, verifiche, valutazioni di
impatto, anche per evitare giochi delle tre carte nell’utilizzazione delle
risorse pubbliche. E per una politica culturale finalmente tecnocratica, e
non più nasometrica.
Certo se i contributi del cinema vanno tipo a l'assassino di mamme e figlia a Villa Pamphili a Roma.. :(
RispondiEliminaè il regno della mediocrazia, non sai mai se chi ha un qualche potere è incapace, corrotto, o una merda semplice, che per un po' (speriamo non troppo) sta in alto
EliminaFondi Cinema, “è stato il ministro Giuli a chiedere più tagli al settore”: la mail inviata al Mef
RispondiEliminadi F. Q.
Il settore è in rivolta per la drastica decurtazione del fondo prevista in manovra. Ma Repubblica svela un messaggio con la richiesta arrivata direttamente dagli uffici del ministero della Cultura
Fondi Cinema, “è stato il ministro Giuli a chiedere più tagli al settore”: la mail inviata al Mef
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Alessandro Giuli
Cinema Italiano
Manovra
Da settimana il cinema italiano è in rivolta per i tagli imposti dalla manovra del governo Meloni che peseranno fino a mezzo miliardo. Martedì il ministro ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha dovuto convocare una riunione d’urgenza con i rappresentanti delle associazioni di settore, dopo la bufera innescata dallo stop impresso dalla Ragioneria dello Stato al suo piano per rimpolpare di 100 milioni il Fondo cinema 2026, falcidiato appunto dal drastico taglio inferto dalla legge di bilancio. Oggi però Repubblica svela una mail inviata al ministero dell’Economia il 17 ottobre, secondo la quale sarebbero stato proprio il gabinetto del ministero della Cultura a suggerire “di tagliare di circa un terzo il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo”. Quindi, la richiesta di tagli sarebbe partita proprio dagli uffici di Giuli.
Repubblica scrive che la comunicazione è arrivata al dicastero di Giancarlo Giorgetti da un indirizzo di posta elettronica attribuibile appunto ai diretti collaboratori del ministro della Cultura. Nel testo della mail si legge: “Il complessivo livello di finanziamento dei predetti interventi è parametrato annualmente all’11% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato registrate nell’anno precedente e comunque in misura non inferiore a 450 milioni di euro annuo per il 2026 e a 400 milioni di euro annuo a decorrere dal 2027”. Quindi la proposta di “decurtare fino a 240 milioni il primo anno e quasi 300 quello dopo. Riportando a regime la dotazione complessiva del Fondo a 400 milioni, dagli attuali 696: lo stanziamento originario stabilito nel lontano 2017, quando entrò in vigore”.
Secondo la versione di Repubblica, sarebbero stati proprio i tecnici del tesoro che avrebbero invitato il Mic a rivedere l’entità del taglio e diluirlo nel tempo. Dopo le grandi proteste del mondo del cinema e dell’audiovisivo, il ministro Giuli aveva provato a fare marcia indietro, proponendo appunto di rimpolpare il fondo utilizzando le somme non assegnate dal 2022 al 2024 dei cosiddetti “contributi automatici” destinati alle imprese del settore. Una soluzione per ora accantonata. Urge però trovarne un’altra, anche perché i produttori denunciano che questi tagli rischiano di portare il settore alla paralisi già nel primo trimestre del nuovo anno. Al tavolo di ieri erano presenti anche la sottosegretaria con delega al cinema Lucia Borgonzoni e il Dg Cinema del Mic, Giorgio Brugnoni. “Le sorti del settore – avrebbe detto il ministro Giuli – stanno a cuore non solo al Mic ma anche agli altri organi del governo”.
La mail pubblicata da Repubblica ora però getta ombre sull’operato del titolare della Cultura. E dalle opposizioni arrivano già le prime richieste di chiarimenti: “Ho chiesto la parole per avere il ministro Giuli in Aula, il prima possibile. In una mail di cui parla Repubblica questa mattina Giuli avrebbe detto al Mef di fare 500 milioni di tagli per il cinema. Credo che Giuli debba assolutamente venire in Aula e dirci cosa vuole fare del cinema italiano, che non va trattato come una pezza da piedi“, ha detto il deputato M5s, Gaetano Amato, intervenendo nell’aula della Camera.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/11/11/tagli-cinema-ministro-giuli-mail-rivelazioni-news/8191960/