sabato 16 ottobre 2021

Ariaferma - Leonardo Di Costanzo

ci sono dei momenti di intervallo fra due situazioni, momenti in cui il tempo rallenta prima arrivare a destinazione.

in quei momenti possono succedere cose mai viste, il potente chiede aiuto al debole, il debole mostra umilmente la sua forza, e il potente rende palese la sua debolezza.

ed entrambi, ciascuno nel proprio ruolo (ruoli che in certi momenti evaporano), si parlano, con rispetto, e hanno un pensiero, una com-passione per il giovane Fantaccini, che forse non ha mai avuto un padre, inteso come maestro, come guida, e forse Gargiulo e Lagioia per qualche istante lo diventano.

un film sulla prigione, sulla sua inutilità, probabilmente, in un interregno in cui tutti sono soli e, paradossalmente, insieme, un'umanità che con-vive.

il cibo è lo strumento che prima causa attriti e poi permette un incontro, e Oreste il lattaio e il padre di Lagioia sarebbero stati contenti,

non ci sono effetti speciali, se non vogliamo considerare un effetto speciale la corrente elettrica che va via, e poi ritorna.

forse l'unico effetto speciale, per i nostri tempi, è che degli uomini che sembrano nemici si guardano negli occhi e si parlano e scoprono che hanno tanto in comune, anche senza dirselo, questa è proprio una cosa speciale.

non fatevelo sfuggire, se vi volete bene.

buona (galeotta) visione - Ismaele



 

 

 

Ariaferma è un’utopia. È il sogno di un mondo in cui attraverso la collaborazione e la conoscenza reciproca si può mandare all’aria tutto l’impianto di sospetti, e di sbilanciamenti sociali su cui si fonda il sistema. E dunque Leonardo Di Costanzo si muove con sempre maggiore ardore verso una dimensione corale, che sfocia nella straordinaria sequenza della cena collettiva, quando a seguito di un blackout e per poter gestire meglio la situazione guardie e detenuti mangiano allo stesso desco, passandosi l’acqua, il pane, il sale. Scherzando. Chiacchierando. Un momento magico (manca la luce, si è fuori dalla norma) in cui anche il più odiato dei detenuti – odiato dagli altri detenuti, sia chiaro –, quell’Arzano che sta anche soffrendo di Alzheimer, può essere parte del gruppo, compagno di mangiate e di bevute, e di vita. I ruoli saltano, la rappresentazione del potere anche, e restano solo gli esseri umani, con le rispettive fragilità e idiosincrasie. Leonardo Di Costanzo firma un’opera morale e lucida, ispirata e dolcissima, rafforzata dalle eccellenti interpretazioni di Toni Servillo, Fabrizio Ferracane, Salvatore Striano, Roberto De Francesco, ma sui quali giganteggia uno straordinario Silvio Orlando. Un’elegia anarchica, sognata eppur credibile, che forse avrebbe meritato di poter concorrere per il Leone d’Oro.

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se i codici e le regole ordinarie collassano è il contatto umano l’unica strada percorribile per evitare i pericoli dello stato d’eccezione: Gargiulo concede a Lagioia la possibilità di cucinare per i detenuti piantonando in prima persona tutta l’operazione. Faccia a faccia: questi due personaggi archetipici incarnano polarità inconciliabili che continuano a rivendicare orgogliosamente identità e ruoli sociali ma si trovano costretti dalla storia (e dalla Storia) a incontrarsi per un fine più alto. La sopravvivenza della comunità che rischia l’oblio impone nuove responsabilità.

Lo spazio simbolico della cucina diventa il portale immaginario che sfocia in un’ultima cena tra detenuti e agenti seduti finalmente allo stesso tavolo. Un qualcosa “di mai visto”, dice Lagioia, che è conseguenza di un ulteriore stato di eccezione: la mancanza di energia elettrica. In quel buio Gargiulo e Lagioia riescono finalmente a finire un pasto completo condividendo anche la stessa preoccupazione: salvare la vita al giovane Fantaccini. Al di là di tutto.
Il contatto umano è ormai delegato al puro sguardo. Tanto che la scoperta improvvisa di una memoria condivisa oltre quelle mura smuove definitivamente l’ariaferma di Mortana aprendo simbolicamente la porta verso il nostro mondo che preme dal fuori campo. Esattamente come dai campi-controcampi in primo piano che distanziano detenuti e agenti si scivola pian piano verso inquadrature totali che ospitano nuovi necessari incontri. La mediazione estetica che si fa costantemente riflessione etica: un film bello e importante questo Ariaferma.

da qui

 

Ci sono film talmente nitidi nella loro potenza espressiva che è quasi difficile scriverne, parlarne, metterne a fuoco il senso a parole. Ariaferma di Di Costanzo, fra l’altro, è un film che fa magnificamente economia di parole. Arriva al nostro sguardo, la pelle, il cuore soprattutto attraverso i volti, le immagini di un luogo, gli sguardi dei protagonisti in campo. Davanti e dietro le sbarre. E poco cambia. Di fatto guardie e carcerati sono tutti nella medesima gabbia.
«È dura sta’ in cacere, eh?» dice Don Carmine all’agente Gaetano. «Io non sto in carcere» risponde il poliziotto. «Ah no? Mi pareva di sì» ribatte serafico Carmine. Gaetano è una guardia che ha la sensibilità e l’intelligenza di capire che l’unico modo perché la tensione non esploda in violenza è cercare di capire i carcerati. Protegge Fantaccini quasi come un padre. Gli sguardi fra guardia e carcerato si riconoscono e si specchiano. Gaetano esiste, Carmine e Fantaccini anche…In una notte di blackout, la guardia si siederà a tavola con i carcerati. Mangerà con loro in un’ultima cena. Al ritorno della luce il sogno dell’autogestione, forse, salta. Il ritorno alla quotidianità è brusco e immediato («rientrate nelle celle!» «richiudiamo le celle!»). In attesa di domani.

da qui

 


1 commento:

  1. https://welovecinema.it/2021/10/18/ariaferma-la-regia-di-leonardo-di-costanzo/

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