giovedì 29 novembre 2018

Troppa grazia – Gianni Zanasi




bravissima Alba Rohrwacher, in un film che promette più di quanto dà.
è un film leggerino, che ti dimentichi in fretta, e non è un buon segno.
magari non ho capito niente solo io, mi direte. 
buona visione a voi - Ismaele





Risiede proprio nella femminilità contrapposta delle due protagoniste (tre, se contiamo anche Rosa) la chiave di lettura più potente di Troppa grazia. Ma dire che il film di Gianni Zanasi, scritto a otto mani (due sole delle quali appartengono a una donna, Federica Pontremoli) sia femminista è riduttivo, perché Zanasi segue un istinto e non un manifesto: l’istinto è quello di Lucia, ma anche quello di Alba Rohrwacher, mai stata più brava (e più bella) che in questo ruolo mette a disposizione corpo, mente e cuore senza mai tirarsi indietro. Rohrwacher si abbandona al turbinio della storia e alla guida del regista con la stessa impavida titubanza della geometra abituata alla razionalità e messa alla prova dal soprannaturale. È la sua essenza luminosa a dare a Lucia quella credibilità continuamente sfidata dagli sviluppi di una trama che incalza e provoca e spiazza noi come la sua protagonista

un elemento trascendente entra nella storia che in generale mantiene un tono comico, prima di abbandonarlo verso la fine del film. Il conflitto tra la laicità di Lucia e queste apparizioni soprannaturali si risolve in alcune situazioni alquanto divertenti. Durante la conferenza stampa e la presentazione del progetto di costruzione, Lucia viene spinta e gettata sul pavimento da una forza invisibile, perché l’unica persona che può vedere questa energica “Madonna personale” è il geometra. La parola si diffonde attraverso il villaggio: Lucia ha visto la Madonna e non vuole che la Grande Onda, questo il nome del complesso edilizio progettato, venga costruita. Così sia. L’acqua è la parola chiave che porterà a un “miracolo” e in definitiva allo stato divino dell’ambiente, dalla mano devastante ma a suo modo prodigiosa dell’ex fidanzato di Lucia. L’avvertimento di Troppa Grazia è chiaro: solo una ritrovata consapevolezza della nostra terra e la cura di tutto ciò che contribuisce alla vita dell’originalità irripetibile dei nostri luoghi può aiutare a evitare il degrado, l’abbandono, la bruttezza e lo sradicamento dell’identità.

"Troppa grazia" legittima la pregnante spiritualità dei personaggi zanasiani, i quali, almeno sul versante dei protagonisti, ci appaiono svuotati dei loro bisogni organici (non a caso, qui come altrove la sessualità è assente anche nel fuori campo) e, sulla scia del modello mariano, rivestiti di pura anima. Una mancanza di fisicità, questa, compensata da un surplus emotivo e sentimentale di cui l'espediente del film è materializzazione drammaturgica e insieme narrativa. In tal senso. la scelta della Rohrwacher appare più che azzeccata non solo per la bravura dell'attrice ma anche per l'eccezionalità di un ruolo che, andando contro l'immaginario dei personaggi da lei interpretati, rende ancora più forte lo straniamento della "commedia" surreale in cui la vediamo coinvolta. La debolezza di qualche nesso logico relativo alle motivazioni della protagonista e, in particolare, di quello che dovrebbe giustificare lo scarto tra l'iniziale scetticismo di Lucia e la successiva adesione alle volontà del sua interlocutrice così come una certa tendenza a divagare nella parte conclusiva della vicenda non diminuiscono la bontà del risultato né l'originalità del cinema di Zanasi.

Nessun commento:

Posta un commento