mercoledì 18 aprile 2012

Diaz - Daniele Vicari

è un film dell'orrore, non quello inventato, finto, ad effetto.
è orrore che è successo è che va ricordato.
andrebbe visto a scuola, ho provato a chiedere in giro, ragazzi di 17-18 anni non sanno che è successo, intanto si vada a vederlo al cinema, soffrendo per quei colpi.
sembra più un documentario, spesso, ma forse è il modo per capire e ricordare meglio - Ismaele

…Credo infatti che non si possa descrivere un’opera cinematografica del genere senza rischiare in qualche modo o di plagiarla, o peggio di essere eccessivamente spoiler.

E’ un film che va visto in sala. Punto.

 …Dal punto di vista cinematografico poi questo è un film senza star. Ognuno ha il proprio ruolo che si immerge e riemerge come un corso d'acqua carsico nei gironi degli inferi di quella notte. Una notte da dimenticare diranno alcuni. Una notte da ricordare afferma con forza e rigore questo film. Perché fatti simili non accadano più.

…il film  non è  apparso in nessun  festival italiano strappando un premio del pubblico alla Berlinale dove era presentato nella sezione Panorama. Belle le musiche affidate a Teho Teardo, già collaudato nei film di Sorrentino, che inserisce anche  la musica balcan-pop di Goran Bregovich.

Degna di nota è anche la scena finale con una panoramica aerea della colonna delle camionette che vanno verso il carcere di Voghera trasportando gli stranieri verso l’espulsione . Con ciò si pone fine alla narrazione di una vicenda parallela ai fatti, ma sempre presente, quella della “globalizzazione”, fenomeno  che ha le sue radici cariche di guerre e violenza molto lontane nel tempo. 

Quello che piace di questo film, al di là della vicenda narrata, è proprio lo stile sicuramente originale e coraggioso di Daniele Vicari che affronta un tema difficile restando neutrale: perché è solo attraverso i fatti che lo spettatore potrà poi individualmente crearsi il suo giudizio. Il suo punto di vista è infatti quello della macchina da presa, a volte fredda e distaccata, a volte  interessata e partecipe,  ma comunque sempre nascosta da qualche parte da questo lato dello schermo. 


… “E’ stato molto peggio di quello che si vede nel film” ha dichiarato il pm Enrico Zucca all’anteprima genovese. I vertici della polizia invece non commentano, con tanto di circolare del ministero dell’Interno. Eppure le scene di violenza non sembrano censurate nel film, il “tonfo” del manganello arriva allo stomaco, il nostro, come i lividi e il terrore, al punto che viene da chiedersi se sia un torture movie quello che stiamo guardando e non semplicemente la rappresentazione filmica dei fatti tratti dagli atti processuali delle sentenze della Corte d’Appello di Genova del 5/3/2010 e del 19/05/2010. Qui sta il merito e il limite del film.

Il merito civile di aver fatto vedere e sentire cosa sia successo nella Diaz e a Bolzaneto (gli unici fatti di cui non c’è materiale video originale), di non aver mai pulito quel sangue. Il limite è, invece, linguistico, la realtà dei fatti ricostrutita con la finzione crea un paradosso che forse una scelta registica diversa avrebbe potuto levigare, penso ovviamente al documentario, da cui Vicari viene. Tutto ciò che è fiction pura nel film non convince, non può…


sembrerà un’ovvietà ma forse ogni tanto occorre ricordarlo, un film è… un film. Ed ha pertanto i suoi linguaggi ed i suoi tempi che lo rendono un oggetto narrativo peculiare rispetto ad altre forme espressive come ad esempio un documentario, una fiction o un reportage. E sono proprio questa immediatezza e questa fruibilità a renderlo un media così potente. Chiedere ad una pellicola di un’ora e mezza l’esaustività di un saggio politico sarebbe come chiedere ad un romanzo storico la completezza di un tomo universitario. Immaginatevi se Elsa Morante nello scrivere “La storia” avesse dovuto parlare non solo di Ida, Useppe e Nino, ma anche di tutte le ragioni economiche, sociali e politiche che determinarono lo scoppio della seconda guerra mondiale o l’avvento del fascismo… sai che polpettone indigeribile ne sarebbe venuto fuori. Bisognerebbe dunque chiedersi se l’inevitabile parzialità su cui Vicari ha scelto di puntare la telecamera sia, di per se, significativa. E secondo noi lo è. Immaginiamo che dovendo affrontare una questione come questa il regista si sia trovato di fronte a due possibilità: optare per un film “a tesi” ed assumersi così il compito di spiegare il perché di quello che è successo la notte del 21 luglio, oppure raccontare il più oggettivamente possibile i fatti lasciando questo onere allo spettatore, e ci sembra evidente che la strada imboccata dal regista sia stata proprio quest’ultima. Attraverso un film corale giocato sui flashback dei diversi protagonisti che per un ragione o per l’altra finiranno per passare la notte alla Diaz lo spettatore assisterà alla brutalità di 300 bestie in divisa che si accaniscono contro dei civili inermi. Per chi quei giorni li ha vissuti oppure per un compagno che fa politica tutto questo potrà sembrare anche ovvio, ma immaginiamo quale effetto dirompente possano avere quelle sequenze per lo “spettatore medio” cloroformizzato da decenni di angelizzazione mediatica delle cosiddette forze dell’ordine. E qui sta uno dei meriti enormi del film. Altro che Maresciallo Rocca, altro che Decimo distretto, altro che Squadra di Polizia, altro che ACAB… nel film di Vicari non si salva nessuno…
da qui

…Le immagini che non scorderò mai: i bastoni di ferro dei Black Bloc che si toccano con gioia, le macchine della polizia in composta fila indiana che attraversano una Genova ancora ignara per dirigersi alla Diaz (Vicari: tieni di più quella inquadratura aerea! E' splendida), Santamaria che ripete: “Riponete il tonfa e lasciate immediatamente l'edificio” (le parole sono caos), un poliziotto che mostra a un suo superiore un libro con strani disegni come possibile prova anarco-insurrezionalista dopo l'irruzione in Diaz (e se fosse il Mentaculus di Serious Man?), l'esibizione retorica di due bottiglie molotov trovate alla Diaz come prova del fatto che fosse un pericoloso covo di Black Bloc, i poliziotti che mettono le X sulle guance agli arrestati portati a Bolzaneto dopo la Diaz, Germano che piange dicendo “Grazie” al Direttore del giornale che è venuto a trovarlo in ospedale (ci sono ancora Direttori così? Spero di incontrarne uno), la poliziotta con orrida maglietta di Dolce e Gabbana che rilascia la prima conferenza stampa dopo il fattaccio non rispondendo alle domande dei giornalisti stranieri.

Un film di piccoli tocchi che creano un grande significato. Bisogna essere fieri, come italiani, che dei nostri compatrioti abbiano realizzato questa opera cinematografica.



PS: 
...…"Ho scritto la musica di Diaz - dichiara Teardo - dopo aver letto la sceneggiatura ed immaginando come potesse prendere forma una realtà così cruda e spietata come quella descritta. Ho sentito la necessità di indagare il tempo prima e dopo i pestaggi, due momenti il cui intervallo mi pareva eterno".

Anche per questo lavoro sono presenti come esecutori il Balanescu Quartet e la violoncellista Martina Bertoni. Gli archi graffiati, suonati con le unghie per sostituire le tradizionali parti ritmiche hanno spostato altrove tutti i consueti meccanismi per creare tensione nella musica; un altrove necessario per trovare un parallelo emozionale con l'annichilimento dei personaggi dopo i pestaggi…

9 commenti:

  1. A me dà fastidio anche solo vedere i filmati di Genova su youtube, figuriamoci un film intero. Penso comunque che lo recupererò, anche perché per una volta sembra che il regista abbia scelto il lato giusto. ;)

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    1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  2. anche secondo me l'approccio mi sembra quello giusto, niente politichese, le immagini parlano benissimo

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  3. l'orrore vero. mi ha fatto paura e, dicevo a me stesso, che prima o poi avrebbero smesso. e invece diventava sempre peggio.
    questo è un film necessario, che va visto.

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    1. sì, fa paura, e non puoi dire: è solo un film,
      no, questa volta no.

      c'è solo da sperare che lo vedano più persone possibile.

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  4. Un film da vedere.
    Per la testimonianza, per non dimenticare quello che è successo, per indignarsi.

    Purtroppo non mi ha molto convinto come opera d'arte, a livello cinematografico.

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    1. infatti a me sembrava un documentario, spesso.

      è un film necessario, spero almeno incassi quanto speso...

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    2. Qua a Genova è in un cinema ancora adesso, giustamente lo tengono in cartellone il tempo necessario perchè si crei un po' di passaparola...

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  5. a Genova va visto più che altrove, penso sia ancora carne viva quella storiaccia.

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